“Deep Blues 1960-1988” è il volume edito per la mostra “Blue Moments, Black Sounds” che si deve a Val Wilmer, fotografa inglese ben conosciuta agli appassionati di blues del mondo intero. È lei che ha fissato su pellicola, nel corso dei decenni, gli scatti dei musicisti blues e jazz sul palco e nel backstage. Nata nello Yorkshire nel 1941, è cresciuta a Londra con sua madre dopo la morte del padre, avvenuta quando aveva solo sei anni. Wilmer era soltanto un’adolescente quando ha realizzato il suo primo ritratto d’artista, con un apparecchio di grande formato Brownie di sua madre. Era il 1956. Questo libro, “Deep Blues”, propone ventinove fotografie di musicisti blues afroamericani. Sono scatti splendidi in bianco e nero, risalenti al periodo 1960-1988 negli Stati Uniti, soprattutto frutto dei suoi pellegrinaggi nel profondo Sud. Sono senza dubbio tra le foto di musicisti più belle mai realizzate e Wilmer va giustamente fiera di esse e dei legami che ha intrecciato. In copertina troviamo Roosevelt Skyes, fotografato nel 1961 e poi, in ordine sparso, Guitar Shorty (John Henry Fortescue) in North Carolina nel 1972, il club Blue Dance a Bentonia, James “Son” Thomas a Leland, Jack e Mabel Owens nella loro casa a Bentonia, Roosevelt Booba Barnes al Play Boy Club di Greenville, Buddy Moss e altri meno noti quali Willie Guy Rainey o Cousin Joe Pleasnt che scherza con Rev. Gatemouth Moore a New Orleans nel 1973. Wilmer, femminista e lesbica, è stata un’attivista negli anni Settanta e Otttanta.
Nel 1980 ha co-fondato Forma, un’agenzia fotografica esclusivamente al femminile, con Maggie Murray. Le sue fotografie militanti sono state al centro della mostra Re/Sisters al Barbican di Londra e della rassegna “Women In Revolt!” alla Tate Britain. Ma le manifestazioni di protesta hanno finito per stancare la Wilmer, “ne avevo abbastanza di essere malmenata dalla polizia e da altre persone”. E ancora, “tra tutti i musicisti che ho fotografato il più simpatico era B.B. King. Un giorno a New York ci ha invitati, un amico ed io, a salire sul suo bus in partenza per un concerto fuori città. Al nostro rientro a tarda notte, B.B. ha insistito perché lo raggiungessimo per cenare, ha svegliato una delle sue figlie e le ha chiesto di friggere del pollo! Poi ha persino proposto di pagarci il taxi. Gli ho detto -B, hai già fatto molto per noi, va bene così- Era una persona gentile, intelligente, generosa, un musicista e un essere umano esemplare.”
Se Val Wilmer ha avuto un programma è stato di documentare i musicisti neri al lavoro e nelle loro case. Che li catturi intenti a suonare o rilassati a giocare a poker in un corridoio come Muddy Waters, le sue fotografie sono composte in modo magnifico pur restando di grande naturalezza. Evita di mettere in posa i suoi soggetti, preferendo lasciar trasparire la loro personalità. Wilmer è da lungo tempo un riferimento e un obiettivo di primo piano sulla musica, la razza, i diritti delle donne e delle minoranze e i movimenti culturali. Oggi ha smesso di scattare foto, “non ne potevo più di portarmi dietro tutto il materiale”, ma continua a contribuire regolarmente a riviste quali Jazzwise. Wilmer è un’artista che ha saputo cogliere i musicisti afroamericani nella loro diversità, cogliendone il carattere, talvolta particolare, come un Miles Davis molto insistente sul farsi ritrarre. “Ho incontrato così tante persone meravigliose che posso ben ignorare quelli che mi hanno messo alla prova”. Se desiderate andare oltre ed avere un assaggio della sensibilità artistica di Val Wilmer, procuratavi il libro (https://www.caferoyalbooks.com/shop/p/val-wilmer-deep-blues-19601988) , i musicisti afroamericani che ha fotografato dagli anni Sessanta in avanti lo meritano ampiamente.
Philippe Prétet
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