“The American Songbag” e una nazione da inventare   di Marco Denti

Sulle orme di Walt Whitman, il progenitore di tutti i “canti” moderni, Carl Sandburg, a sua volta poeta, biografo di Abramo Lincoln e premio Pulitzer (per ben tre volte), all’inizio del ventesimo secolo prova ad attribuire una dignità alle canzoni della tradizione popolare. La determinazione di un canone è un’impresa ardua, se non impossibile, considerando che la ricerca di Carl Sandburg non si avvale di alcun supporto accademico. Si serve soltanto della sua auto e della sua chitarra ma quando, nel 1927, pubblica “The American Songbag” (Harcourt Brace & Company, 500 pagine, 22 dollari) scoperchia un universo meraviglioso. Nell’introduzione originale, ricordando che almeno un terzo («probabilmente 100») delle 280 canzoni pubblicate non erano mai state trascritte, Carl Sandburg dice che, prima di tutto, “The American Songbag” è un libro di canzoni “cantabili”. Ci sono blues, ballate, filastrocche, ritornelli e il processo di trascrizione delle parole e delle musiche è stato anche un certosino lavoro di decodificazione. Compresa la traduzione dallo slang e dai dialetti americani: Carl Sandburg fa notare che ci sono almeno una mezza dozzina di modi di pronunciare l’articolo “the” e altrettanti per l’avverbio “here”. [continua a leggere nel n° 140 – Settembre 2017]

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