Domenica 3 marzo. Ore 21:30, Amigdala Theatre, Trezzo sull’Adda. Dopo un ritardo scenico dei soliti quindici minuti per far calare gli spettatori in uno stato d’animo sempre più blues, salgono sul palco i fratelli Marco e Franco Limido, rispettivamente chitarra e armonica/voce, Pablo Leoni alla batteria e cori, e Lillo Rogati al basso e contrabbasso; ospite a sorpresa della serata Andy J. Forest, bluesman di New Orleans ma con molti trascorsi nel nostro paese, che si diletta e ci impressiona con un’ottima apparizione sul palco tra chitarra, armonica e aneddoti divertenti sull’uomo a cui questa serata rende omaggio: Cooper Terry.
Cooper nasce nel 1949 a San Antonio, Texas. Il suo vero nome era Verl Cooper Jr., ma prende l’appellativo Terry dal suo grande maestro e mito dell’armonica Sonny Terry, che, insieme a John Lee Hooker, gli insegna l’arte di suonare il blues. Fuggì dagli Stati Uniti per evitare la chiamata alle armi della guerra del Vietnam, e, dopo varie peripezie e giri attraverso mezzo mondo (Germania, Francia, Svizzera, Afghanistan, etc.) arriva in Italia, dapprima a Torino e poi a Milano, nel 1972. Cantante, chitarrista e armonicista, registra un LP acustico intitolato “What I Think About America” e diventa il padre putativo di molti artisti nostrani. Ebbe anche alcuni problemi con la giustizia italiana dovuti a detenzione di droga, ma riuscì a mantenere la sua particolare aurea da “uomo del Sud”. Incise in duo con Fabio Treves e anche in elettrico con Lillo Rogati, col quale diede vita dapprima alla Blues Phantom Band, e poi alla famosa Nite Life. Sempre con Lillo Rogati incise i suoi due dischi più importanti : “Stormy Desert” e nel 1992 “Tribute to the Blues”, quest’ultimo decisamente la straordinaria summa di una vita intera del 1992. Morì a San Francisco un anno dopo, il 17 dicembre 1993. Ma torniamo al concerto. Prima di tutto bisogna parlare del locale: l’Amigdala Theatre, un locale giovane, ma che sin da subito si è reso importante per la scena Blues al di fuori di Milano. Quando calano le luci e la band inizia a suonare si percepisce subito l’essenza di Cooper Terry e dei suoi insegnamenti che i membri della stessa mettono in pratica alla perfezione; infatti tutti sono cresciuti sotto l’ala protettiva di Cooper e di Lillo. Come dirà poi quest’ultimo nell’intervista «è stato Cooper ad insegnarci a parlare il blues». Le canzoni sono tutte tratte dagli ultimi due album di Cooper con l’aggiunta di qualche tributo che lui stesso era solito fare, ad esempio “32.20” di Robert Johnson. Tra una canzone e l’altra, Franco, introduce e racconta la canzone stessa. Proprio in perfetto stile Cooper Terry. Andy J. Forest dà alla band quel tocco in più di “americanicità” che solo gli artisti americani, e di New Orleans in particolare, sanno dare. Durante la sua apparizione possiamo sottolineare un bel duetto d’armonica con il cantante Franco Limido e il racconto di un aneddoto su Cooper che hanno fatto capire agli inesperti giovincelli del Blues (come me) con che tipo di persona avessero a che fare. In generale una perfomance da sottolineare la sua, con quelle sonorità accattivanti tipiche del bianco americano del Sud. Più il concerto si prolunga più l’atmosfera nel locale si fa gioviale, sembra una di quelle rimpatriate tra amici di vecchia data. Quei ritrovi così belli che, se anche per un motivo o per l’altro ti ci ritrovi senza conoscere nessuno, sai già che in cinque minuti ti sentirai come a casa, circondato da persone che ti sembra di conoscere da una vita. Il concerto va avanti così, in quest’atmosfera speciale che culla in un amarcord degno di altri tempi. La Nite Life fa capire al pubblico il concetto di Blues secondo Cooper Terry, e lo fa in modo intelligente, divertente e soprattutto unico. Blues on.
Gianluca Motta
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