Trasimeno Blues Festival

Potremmo sottotitolarla l’edizione dei ritorni, quella che, come ogni anno, si è svolta nelle località del lago umbro, nella settimana a cavallo tra luglio e agosto e che ha riacceso i riflettori sul Trasimeno Blues Festival per la 24esima volta. In verità anche se gran parte degli artisti presenti hanno già “frequentato” le rive del lago, tante cose sono cambiate recentemente, a cominciare dal numeri di comuni interessati, in questo 2019 particolarmente ridotti. Il pubblico invece no, quello resta fedele ad una manifestazione ormai diventata parte irrinunciabile dell’estate musicale umbra, ad iniziare dal concerto di apertura tenutosi nella cornice di piazza Umberto I nella splendida Panicale. Emma Morton and the Graces, una cantante di origini scozzesi che riesce a catturare l’attenzione del numeroso pubblico presente con il suo modo malinconico, intimo quasi evocativo ma soprattutto quel trasporto nell’interpretazione che porta ad un’emozione concreta e diretta. Suona gran parte del suo album “Bitten By The Devil” (sta lavorando al nuovo) fatto di un blues ammaliante che si fa contaminare da suoni folk, tipici della tradizione nord europea. Riarrangia classici dal repertorio del cantautorato statunitense avvolgendoli in una nuova veste anche grazie al lavoro armonico del bravo Luca Giovacchini alla chitarra.

Venerdì 26 luglio, il festival si trasferisce a Castiglione Del Lago, dove resterà nei successivi tre giorni anche perché il luogo diventerà probabilmente centro focale per le edizioni future. La Rocca medievale e la sua magica atmosfera hanno ospitato la performance di Noreda Graves. Talento vocale indiscutibile quello dell’artista di Washington, DC, che alternando classici e originali (questa la parte più interessante dello show) ama molto raccontarsi attraverso le proprie composizioni. Esprime anche una sensibilità eccezionale che la portano più volte ad emozionarsi durante le quasi due ore. Incontro tra blues, rhythm blues e tanta scuola gospel, quella che certamente l’ha aiutata nel controllo e nell’uso delle corde vocali e nel vivere il momento live con un trasporto così intenso. C’è proprio, da parte sua, la ricerca ossessiva, quasi fisica di un contatto con l’audience e presto la cosa si trasformerà in un rapporto vicendevole.

Foto di Simone Bargelli

Lo show si basa prettamente sulla sua prestanza vocale e la dinamicità delle singole performance saranno sempre più apprezzate da un pubblico attento e numeroso che richiederà ben due bis. Se da un lato la svelta dei brani appare troppo ovvia, particolarmente riuscita è l’esecuzione di “They Call Me The Voodoo Woman”, di Koko Taylor. Bella sorpresa quella delle Ginger Bender che intorno alla mezzanotte hanno colorato il palco della Darsena Live Music Club. Il duo composto da Alessandra Di Toma e Jeanne Hadley offre uno spettacolo fresco e accattivante dove il consolidato feeling tra le diverse personalità sembra essere il fulcro dove poter giocare e rileggere brani più o meno noti anche dal repertorio blues pre-bellico. Singolare e intensa nelle sue interpretazioni, la voce di Jeanne si fa ammirare per sensibilità e appeal. Un set all’insegna dell’energia quello di Tom Attah da Manchester, domenica 28 luglio, ma anche una giornata inusuale, dove le condizioni atmosferiche avverse hanno condizionato lo svolgimento dei concerti, costringendo l’organizzazione ad una cancellazione parziale degli show e una posticipazione degli orari. Il cantante chitarrista britannico, prima si presenta in acustico ed è proprio attraverso questa veste che da il meglio di se, in alcuni brevi momenti sembra addirittura “rivivere” l’approccio di un giovanissimo Howlin’ Wolf, poi imbraccia la sua fender e accompagnato dal sempre bravo Jacopo Coretti alla batteria e Mauro Arduini al basso si tuffa nel mondo elettrico con classici dal repertorio di Chicago come “Help Me”, “I Can’t Quit You Baby” e “Hoochie Coochie Man”.

Foto di Simone Bargelli

Tom è un personaggio estremamente carismatico e piace proprio per questo, ma va anche detto che a volte, durante il set elettrico, si lascia troppo trasportare dalla performance tralasciando la parte esecutiva; il pubblico però lo apprezza molto anche per il suo lato schietto e genuino. Nel pomeriggio le strade di Castiglione risuonavano dei blues di Rico Migliarini e Martin Gumbo  in contemporanea ai suoni del trio di Little Blue Slim.
Non è mai semplice proporre un progetto come quello dell’ Italian Blues Guitar Night (martedì 30), per tanti motivi. Con tre chitarre sul palco si rischia spesso di creare un muro sonoro dove tutti “rincorrono” e “si rincorrono” e sapersi gestire diventa prioritario. Dobbiamo dire che non è questo il caso perché, se la serata è riuscita a raggiungere un certo livello lo deve certamente alle qualità dei suoi protagonisti, ma soprattutto alla capacità di sapersi dirigere e non esagerare, ad iniziare da Maurizio Pugno, il quale si è trasformato in una specie di direttore d’orchestra, lasciando ampio spazio ai due più giovani colleghi, Dany Franchi e Francesco Piu.

Foto di Simone Bargelli

Tre generazioni a confronto e soprattutto tre linguaggi chitarristici completamente diversi. Chi ci ha lasciato sorpresi, ancora più delle tante volte che lo abbiamo ascoltato è Francesco. Ci ha letteralmente “spaventato” perché è musicista completo; qualsiasi genere gli si proponga riesce ad affrontarlo con risultati di eccellenza. Una naturalezza e semplicità di esecuzione che è prerogativa dei grandi e dei talenti innati quale lui è. Dany è legato fortemente a quella tradizione rockin’ di provenienza texana e il ragazzo ha fatto un grande salto di qualità da quando il Texas lo ha appunto accolto; quello che impressiona di più è la crescita del suo suono, diventato così pieno e brillante e la capacità di saper dosare e collocare le note al posto giusto e soprattutto al momento giusto. Una serata gradevole nella bella cornice del Supernova di Vernazzano, che ha ovviamente avuto anche i suoi momenti di “caos” soprattutto nella sua parte finale ma non si poteva chiedere di meglio da un progetto così complicato da dirigere e amministrare. Mercoledì 31 è stata una giornata speciale per il festival.
Il concerto della tanto attesa Ana Popovic è stato infatti recuperato dopo l’annullamento di sabato 27 causa rovesci temporaleschi eccezionalmente intensi; nel pomeriggio di sabato unico evento svoltosi, la presentazione del libro “La Storia Del Blues” di Roberto Caselli.

Foto di Simone Bargelli

Ana è forse l’artista che vanta il maggior numero di presenze al Trasimeno Blues Festival. E dimostra di amarlo particolarmente, perché la sua disponibilità ha permesso di recuperare la giornata e poterla quindi rivedere alla Rocca di Castiglione. Il medesimo palco che qualche anno addietro l’aveva vista protagonista della registrazione live dell’evento, diventato poi un dvd ufficiale. Purtroppo, causa l’obbligatorietà della data, la formazione è rimaneggiata e priva della prevista sezione fiati; Ana si presenta quindi in quartetto in un set dalle sfumature più rock, dove la sua chitarra assume ruolo ancora più centrale del previsto. Presenta il nuovo “Like It On Top”, dai ritmi più funk rispetto al recente passato ma è comunque il connubio tra i musicisti, tra cui Michele Papadia alle tastiere, il segreto di un set ormai consolidato. Il pubblico è numeroso e l’accoglienza ricevuta dimostra che Ana è diventata una vera e propria beniamina della kermesse.  Le semifinali dell’Italian Blues Challenge hanno caratterizzato la giornata di giovedì 1 agosto al Supernova di Vernazzano, in quella che è diventata una importante vetrina dove poter valutare quale sia la “salute” del blues di casa nostra. Visto l’elevata qualità delle quattro band proposte (Caboose, The Fullertones, Betta Blues Society e Jonas Blues Band) possiamo stare tranquilli per lungo tempo ancora e fare i complimenti ai toscani capitanati da Elisabetta Maulo aggiudicatisi il passaggio alla finale prevista per il prossimo ottobre.

Ormai non sorprende più l’ironico e autorevole Randolph Matthews, ancora una volta all’Onda Road di Passignano e ci preoccupiamo soprattutto perché quello che è un set intenso e di rara bellezza sta diventando una pratica troppo frequente per il pubblico del Trasimeno Blues Festival. Si sa, quando ci si abitua bene poi è difficile tornare indietro! Supportato dagli esperti Alessandro Diaferio alla chitarra, Andrea Vismara al basso e Pablo Leoni alla batteria il loro è un set dove il linguaggio musicale assume le nature più varie ma sempre attraverso un dna ricco di sensibilità e concretezza. Infine, non abbiamo più parole per quello che ha concluso questa edizione del Trasimeno Blues Festival; quel giovanotto di Fabio Treves accompagnato dalla sua fedele ciurma che in un Supernova colmo all’inverosimile ha fatto ballare, cantare, divertire ed interagire un pubblico ricettivo e variegato. E’ vero, il set di Fabio è quello ormai da tempo ma il fascino sta proprio in questo….ogni volta assisti ad un suo show sembra essere come la prima e nelle sue proposte trovi ogni volta qualcosa di magicamente nuovo e incredibilmente blues! Quale strano patto abbia fatto e soprattutto con chi …non lo vogliamo sapere!!!!!! Anche quest’anno qualcosa ci siamo purtroppo persi: Lisa Manara e Aldo Betto, Rowland Jones, Nebulake, The House Band, Savana Funk, Tito Esposito.   Al prossimo anno…per festeggiare un quarto di secolo.

Simone Bargelli

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