Nell’immaginario di molti giovani, il blues è musica per vecchi, eppure, quanti di loro si avvicinano a questo genere musicale, ne restano sorpresi. Niente più del blues può rappresentare le inquietudini dell’anima: quel senso di conflitto interiore, in cui l’unica certezza è quella di non volersi piegare a nessuna forma di ricatto sociale; quella dimensione di riscatto e di sogno che quasi si teme di desiderare; quelle onde emotive che, con intensità, densità e sfumature peculiari, attraversano l’esistenza in ogni sua fase, in una continua negoziazione di nuovi equilibri alla ricerca di un senso da attribuire alla propria esistenza. un mare di contrasti emotivi di cui questo genere di musica si fa interprete.
Questi moti interiori, decriptati dalle note dei diversi artisti avvicendatisi sui palchi di Trasimeno Blues 2024, si sono riflessi sulle acque del lago che, come uno specchio fatato, ha restituito a ciascuno le sue intime risonanze in questo annuale appuntamento con il Blues, diventato ormai un simbolo del territorio.
Le luci della ribalta sulla ventottesima edizione di Trasimeno Blues Festival 2024 si sono accese nel pomeriggio del 27 luglio presso il Palazzo della Corgna di Castiglion del Lago, con uno spazio letterario, rinnovatosi il giorno successivo, in cui si è tenuta la presentazione dei libri di Roberto Caselli, “La Storia della Black Music” e di Gianluca Diana, “Mariem Hassan, io sono saharaui”, moderata dalla giornalista Antonella Bazzoli e vivacizzata dalla blogger ufficiale del Festival che ne ha recitato alcuni estratti. Un buon numero di persone, sfidando il caldo soffocante, ha seguito i due eventi, interagendo in uno scambio di considerazioni e di domande e risposte, con gli autori, entrambi giornalisti, scrittori e speaker radiofonici, il primo di Radio Popolare, il secondo di Radio Rai; tutto ciò ha costituito la premessa per poter fruire dei concerti in cartellone con maggiore consapevolezza.
La giornata è proseguita in piazza Mazzini con la sezione musicale, che ha visto la partecipazione di The Steven Paris Agreement, un affiatato trio folk-rock nato dalla collaborazione del chitarrista Steven Paris con Franco Pellicani (batteria) e Benjamin Ingaldson (basso, voce), che ha proposto brani di blues, country blues e folk, in cui la riscoperta della musica roots americana e inglese si amalgama con composizioni proprie tra motivi più ritmati e altri più malinconici. Durante il successivo concerto serale presso la Rocca del Leone, Eric Bibb ha incantato con la delicatezza dei suoi brani blues, venati di gospel e soul ed eseguiti con elegante sensibilità, creando un’atmosfera spirituale mai monotona e introducendo il pubblico a un contesto a tratti drammatico e al contempo pieno di speranza.
Bibb, tre nomination ai Grammy, accompagnato da Staffan Astner alla chitarra elettrica, Desmond Foster al basso, Paul Robinson alla batteria, ha cantato l’amore, la pace e la giustizia sociale, con raffinata tecnica chitarristica e autenticità emotiva. La prima giornata del Festival si è conclusa alla Darsena, che storicamente ospita i concerti di mezzanotte, con gli I shot a Man, gruppo torinese composto da Domenico De Fazio, Manuel Peluso e Simone Pozzi. Due chitarre e una batteria, che hanno proposto una rivisitazione in chiave contemporanea del blues delle origini, in cui traspare la vocazione sperimentale del gruppo che, privo di basso, apre ad arrangiamenti nuovi con sonorità essenziali, ossessive, crude, che mirano a ottenere un effetto underground. Il Blues marcatamente Delta della band viene a contaminarsi con altri generi, dal moderno Desert Blues, all’Hill Country Blues, al blues di New Orleans, a tracce di soul.
Il pomeriggio del giorno successivo è stato dominato dalla personalità del chitarrista e cantante Gio Cristiano che, accompagnato da Marco Ciardiello al pianoforte, Angelo Calabrese alla batteria ed Emanuele De Luca al basso, ha presentato il suo ultimo album “Del Blu (ed altre essenze)”, orientato a un movimento armonico blues integrato con la tradizione partenopea e alcuni testi in napoletano. Tale contaminazione scaturisce dalla sua necessità di “azzardare musicalmente”, come Gio Cristiano stesso racconta in un’intervista riportata nel blog “Trasimeno Blues Experience”.
Il blog, è una recente novità del Festival avviata tre anni fa, in cui vengono pubblicati articoli che riguardano il blues e, soprattutto, la manifestazione Trasimeno Blues e che permettono di acquisire informazioni sugli artisti in cartellone, con un focus narrativo-esperienziale e non soltanto tecnico. Novità assoluta di quest’anno è l’opportunità data a un gruppo di giovanissimi, dai 18 ai 22 anni, di immergersi a 360 gradi in un’esperienza formativa consistita nell’accesso al dietro le quinte e, dunque, nella possibilità di seguire il Festival in ogni sua operatività, compresa quella di poter scrivere alcuni articoli da pubblicare sul blog. Questa sperimentazione è stata una sfida che si è rivelata fondamentale per avvicinare i giovani al blues. Cinque ragazzi hanno condiviso una casa e sono entrati nelle operatività gestionali di una macchina estremamente complessa come quella che riguarda l’organizzazione di eventi.
Proprio i ragazzi hanno posto in luce come il pubblico di Trasimeno Blues sia adulto con poca affluenza di giovani; tuttavia, nei concerti serali di Kora Hero e Samba Touré, si è registrata una presenza giovanile. Questo scarto è stato possibile anche grazie all’iniziativa di Gianluca Di Maggio, direttore artistico di Trasimeno Blues che, quest’anno, ha voluto dare un segno concreto di inclusione come valore del Festival, invitando alcuni adolescenti ospiti del Centro Migranti Arci della provincia di Perugia ad assistere gratuitamente al concerto di artisti africani, grazie alla disponibilità della direzione del Centro e di Omar Ndiaye, l’educatore che si è assunto la responsabilità di accompagnarli. Il concerto si è concluso con i ragazzi e parte del pubblico che ballavano sul palco in un melting pot, in cui ogni distinzione scompare, totalmente assorbita dalle note coinvolgenti dei musicisti in un finale in cui la band di Kora Hero ha raggiunto Samba Touré e i suoi musicisti sul palco, per i brani conclusivi della seconda giornata del Festival. Kora Hero e Samba Touré hanno trasformato la Rocca in un luogo intimo con momenti energici. Kora Hero, originario del Gambia, ha raccontato musicalmente storie dal sapore delle favole per bambini per farli andare a dormire, anche se è mancata un’introduzione narrativa ai contenuti musicali che avrebbe potuto far entrare il pubblico nel contesto culturale dei griot dell’Africa Occidentale e ascoltare i brani con maggiore consapevolezza. Tuttavia, le sue poche parole hanno emozionato e ancor di più la sua kora che si è imposta, con tutta la sua autorevolezza, sulla scena, dialogando con il djembe del senegalese Muhammad Ndiaye e la chitarra di Giulio Lattanzi in brani pieni di groove e di ritmo, proposti in modo esponenziale nel concerto di Samba Touré, esponente del Desert Blues, con i musicisti Souleymane Kane alle percussioni e Djimé Sissoko che ha suonato per buona parte il n’goni, strumento a corde tipico del Mali e il tamani sfoggiando assoli strepitosi. La band ha regalato brani incalzanti e coinvolgenti con sonorità ipnotiche e intense. Commovente il minuto di silenzio che i due artisti e i loro musicisti hanno chiesto per ricordare Toumani Diabaté, scomparso alcuni giorni prima e riferimento musicale di entrambi, cui hanno dedicato parole toccanti.
Sempre a Castiglione, il giorno successivo, Chanda Rule & Sweet Emma Band (il cui nome è un omaggio alla pianista Sweet Emma Barret di New Orleans) hanno fatto vibrare nell’aria melodie soul e gospel, tratte prevalentemente dall’ultimo loro lavoro “On Time”, con ampiezza e virtuosismi vocali e strumentali creando un’atmosfera avvolgente e al contempo vivace, per toccare il Rhythm & Blues più ritmato e tenendo un controllo della scena e delle prestazioni vocali e musicali. I possenti fiati del trombone di Paul Zauner, della tromba di Hermon Mehari, del sassofono di Osian Roberts hanno emozionato anche negli assoli. Non da meno, è stato l’ammaliante organo Hammond B3 di Jan Korinek, che si è esibito in un’alternanza di note lunghe e lunghissime ad altre brevi, con padronanza assoluta, e la chitarra di Luca Giordano che ha suonato con entusiastica leggerezza dialogando con gli altri strumenti, in particolare l’organo; il batterista, Oliver Lipensky, in totale ascolto degli altri musicisti, concede assoli che richiamano sonorità africane tribali, come nell’intro di “Carry it Home to Rosie”. Infine lei, Chanda Rule, con il suo canto armonioso e ampio per un risultato avvolgente arricchito da sonorità acute e lunghe tipiche delle grandi artiste della black music femminile.
Il quarto giorno il Festival si è trasferito a Panicale per il concerto di Lebron Johnson durante una serata energica: Andy Pitt alla chitarra, Alberto Pavesi alla batteria, Filippo Romano alle tastiere e all’organo Hammond, Davide Medicina al basso si confermano un gruppo solido per supportare la voce del cantante, proponendo prevalentemente brani del loro album “Anonymous”, alternati a brani di repertorio di Big del blues, con sonorità moderne contaminate da funky, soul e blues, piene di groove, sentimento e tantissima energia. È la terza partecipazione al Festival di Lebron Johnson e la sua band ed è quest’anno che hanno dato veramente il meglio. Lebron ha trovato la strada per incanalare il suo flusso emotivo gestendo il palco, raccontando la sua vicenda umana e, oltre alle doti interpretative canore, ha sfoderato una fisicità coinvolgente. Il batterista ha usato sezioni ritmiche creative e tutti i musicisti, davvero bravi, hanno messo i loro strumenti al servizio dei brani in un dialogo strumentale e canoro coinvolgente e sopraffino. Il 30 luglio alla Darsena i Total Reverends, il duo Francesco Forni (voce e chitarra) e Piero Monterisi (batteria) con il loro sound robusto, stridente, incalzante e, a tratti, tinto di un romanticismo estremamente moderno, hanno proposto brani del loro ultimo album in uscita per dicembre e una messa in scena ironica nata in occasione dell’8 dicembre in cui un nutrito numero di musicisti si sono trasformati in reverends e, di recente, hanno sperimentato questo duo che accentua la dimensione grottesca, in cui c’è più spazio per i due personaggi, come racconta lo stesso Forni in un’intervista per il blog. Il chitarrista, “per coerenza con i testi” (usando le parole dello stesso Forni), si esprime in italiano con accento inglese divertendo il pubblico con battute e racconti e, quasi ce la beviamo che sia straniero, mentre è napoletano doc. L’altissimo livello musicale, inizialmente, passa in secondo piano rispetto alla narrazione comica per poi prendere la scena quasi sorprendendo.
Le ultime due giornate la musica si trasferisce sulle sponde del lago alla spiaggia Sualzo di Passignano sul Trasimeno, riportando il Festival alla sua atmosfera delle origini. Con i Gemini Blues (Oasmuede Aigbe, chitarra e voce e Giacomo Sansoni, batteria e voce), il panorama musicale tocca tutte le sfumature, dal blues, al funk, all’Hip Pop, all’etnico tribale subsahariano, a sonorità psichedeliche per un mix introspettivo, ricercato. Il 2 agosto Trasimeno Blues resta in spiaggia per la serata conclusiva, in cui le luci del palco competono con le stelle senza offuscarle, tutte ad illuminare le vere star della serata: Victor Puertas, pianista, armonicista e cantante, paradigmatico esponente del blues spagnolo e Luca Giordano, eclettico chitarrista del panorama musicale del blues made in Italy, già incontrato nel concerto di Chanda Rule. Sono partiti soft, con brani accarezzanti per poi scatenarsi in shuffle energici che hanno trasformato l’area antistante il palco in una grande festa danzante, suonando brani tratti prevalentemente dall’album “Night Time Boogie”, originali e della tradizione del blues urbano e rurale. A fine concerto si apre una jam con musicisti fuori programma, come i chitarristi Maurizio Pugno, leader dei Sacromud e il chitarrista Leonardo (che ha fatto parte anche del gruppo dei giovanissimi reclutati dal Festival), per un’esibizione coinvolgente che si è conclusa con un consistente bis di Puertas e Giordano lasciando nel pubblico ancora voglia di musica.
La qualità di questo Festival si conferma un elemento identitario imprescindibile, nonostante, rispetto agli anni precedenti, la programmazione abbia registrato una riduzione nel numero di concerti, soprattutto quelli pomeridiani e notturni, prolungando le giornate di chi ha deciso di trascorrere una settimana di vacanza in Umbria proprio allo scopo di seguire una delle manifestazioni blues più note in Italia. Ad ogni modo, la direzione artistica del Festival ha curato, come da tradizione, l’ampiezza dell’offerta musicale, spaziando tra le diverse sperimentazioni del panorama blues nazionale e internazionale, in cui la musica ha portato l’attenzione anche sui valori umani, mentre le stelle sono state a guardare faticando a restare impassibili. Non ci resta che attendere il prossimo anno per scoprire cosa avrà in serbo per noi “Trasimeno Blues”, che si conferma un appuntamento fisso per appassionati e per chi vuole approcciarsi a questo genere musicale che ha sempre tanto da raccontare a ogni generazione.
Maria L. T. Pasquarella
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