E…ventisette!!!!!!! Continua il “piccolo grande” miracolo italiano (in questo caso toscano) del Torrita Blues Festival arrivato nel 2015 alla bella quota di ventisette candeline. C’è tanta “carne al fuoco” in questa ennesima edizione; ad iniziare da quella vera, la carne, protagonista dell’ormai consueta “Cena Blues”, che come negli anni passati ha aperto l’ultimo weekend del Giugno torritese.
Giovedì 25, tre delle band vincitrici del contest invernale organizzato dall’associazione che gestisce la kermesse, si sono susseguite nel bel palco di Piazza Matteotti di fronte a colorate tavole imbandite, ricolme di un pubblico festante e deliziato dall’ottima cucina locale (va ricordato che anche quest’anno i 300 pasti serviti sono risultati insufficienti per la folta affluenza). Buster Blues, Vladi Blues Band,Blues Trio + e Cigarbalblus queste le band che esibendosi hanno confermato le sensazioni che da tempo ci accompagnano; una qualità che anno dopo anno sta maturando e gradatamente crescendo tra i più giovani musicisti di casa nostra.
Torrita di Siena è stata nominata “capitale del blues Europeo” e ai ragazzi del festival l’onore e l’onere di coordinare il sesto European Blues Challenge che si terrà nell’Aprile 2016; un’imponente evento che vedrà la partecipazione di circa venti stati dell’unione e che sarà preceduta nel Novembre 2015 dalle sue finali Italiane a Montepulciano sempre attraverso lo sforzo organizzativo del Torrita Blues; quindi sono stati tanti i motivi per seguire con attenzione l’edizione attuale. Dopo il doveroso omaggio del Torrita a BB King e mentre il basket italiano festeggiava il primo storico scudetto della Dinamo Sassari la seconda serata del festival (Venerdì 26) ha previsto lo spumeggiante swing blues dei fiorentini Shame Blues Band (anche loro da Effetto Blues) che tra Chicago e West Coast omaggiano la scuola stilistica di armonicisti come William Clarke e Lynwood Slim, dimostrando capacità e un ottimo linguaggio interpretativo. Abituato ai palchi italiani (più volte lo abbiamo incontrato nei festival del centro Italia) Luke Winslow King è reduce dalla nuova pubblicazione intitolata “Everlasting Arms”; si presenta insieme all’amico Roberto Luti e un trio completamente elettrico, a differenza delle sue ultime apparizioni, ma soprattutto tanta voglia di esibirsi.
La sua particolare roots music è l’essenza di un’innata eleganza unita a quella tipica tradizione blues di New Orleans. Decide di suonare gran parte del suo recente progetto regalando i momenti migliori in “Traveling Myself”, “Swing That Thing”grazie soprattutto al sempre impeccabile Roberto, valore aggiunto a una band che lascia poco al caso e che esprime tutte le sue qualità in una bella versione di “Rolling and Tumbling”. Il pubblico del Torrita apprezza moltissimo anche perché lo stile di Luke è percepito da molti come un qualcosa di “nuovo” ed inusuale; fresco e cristallino….anche grazie ad un musicista che sembra essere “rinato” rispetto alle sue performance di circa un anno fa. Raffinato! Esplosioni di suoni, energia, sudore e pathos per la Band Of Friends che senza risparmiarsi si esibisce in un set d’altri tempi. Band Of Friends non è una tribute band quantomeno una cover band ma un omaggio sentito e autentico a colui che è stato uno dei più grandi di sempre, il mai dimenticato Rory Gallagher. Gerry McAvoy (basso) e Ted McKenna (Batteria) hanno condiviso con lui mille avventure, tante tournè ed emozioni in venti anni di carriera il primo (dal 1971 al 1991) e tre il secondo (dal 1978 al 1981) facendo conoscere a intere generazioni quel rock blues che li ha resi unici; lo stesso riportato nel palco senese insieme alla chitarra dell’umile e strepitoso Marcel Scherpenzeel. Gli oltre novanta minuti di concerto sono un salto nel passato attraverso i classici che hanno reso intramontabile Rory e l’appiglio interpretativo è lo stesso; una voglia di stupire, divertire divertendosi con una forza e dinamicità che farebbe impallidire la più seguita delle rock band di oggi. Sudano, corrono, incitano soprattutto attraverso il carisma di Gerry che non ha voluto partecipare all’omaggio che il festival ha fatto a Gallagher prima del set proiettando una clip di una loro esibizione del 1978 a Montreaux, perché troppo emotivo; quell’emotività che si è trasformata in pura energia per tutta la durata del set, terminandolo letteralmente stremati…..Fantastici!
La serata conclusiva si apre con il rock blues romano della Killer Blues Band (sempre da Effetto Blues) lasciando poi il palco ad un condottiero di “casa nostra”…Egidio Juke Ingala. Accompagnato dai bravissimi Jacknives, l’armonicista milanese regala settanta minuti di straordinario blues! Lo stile è finemente lavorato e curato in ogni suo dettaglio, il feeling è di chi ha la musica nel cuore, l’esecuzione ineccepibile attraverso un suono di giochi dinamici e groove innato. Quello dei Jacknives è un “tappeto” di velluto sul quale divertirsi, audacemente cucito tra trame boogie, jump e swing. La batteria di Enrico Soverini e il basso di Massimo Pitardi sono un asse portante formidabile che sostiene senza invadere; la chitarra dello stiloso Marco Gisfredi è quanto di più appropriato e gustoso potessimo aspettarci. Ingala è una forza, e la sua armonica parla per lui…ma quello che più abbiamo apprezzato è il giusto “silenzio” all’interno delle sue interpretazioni…. Quel modo che potremmo riassumere con un filosofico…“non suonare per saper suonare”. ”Last Words”, la strumentale “Cool It” e l’omaggio a Willie Dixon in “I’m Leaving You” sono tre gioielli di una delle migliori performance di questa edizione del Torrita. Unici! Ritrovare vecchi amici fa sempre piacere, ma quando sono “friends in the blues” la gioia è ancora maggiore e per le tante volte che lo abbiamo visto e incontrato nei palchi italiani nutriamo l’innocente presunzione di consideralo tale, quindi imbattersi di nuovo in Sonny Rodhes ci trasmetterà sempre vibrazioni positive. Gli amici, quelli veri però, non hanno certo peli sulla lingua e quindi Sonny non se la prenderà poiché questo non vuole essere un commento negativo ma una critica sincera e genuina riguardo ad un set che non ci ha convinto totalmente.
Grande rispetto per ciò che la sua figura ha rappresentato nel movimento blues mondiale e una sentita ammirazione alla volontà con la quale ancora si esibisce dopo una pluridecennale carriera; ma l’età non è più certo quella di un giovanotto e il fisico inevitabilmente ne risente condizionando anche la sua performance. Non possiamo però non emozionarci osservando gli sguardi di Rodhes e quegli occhi così espressivi e ancora colmi di vita; la stessa indomabile irrequietezza presente nei suoi lunghi shuffle. Buona la prova della band che lo ha accompagnato con bravissimo Max Lugli all’armonica e il talentuoso Danny Franchi, giovane chitarrista che già aveva solcato il palco del Torrita qualche anno prima insieme a Sean Chambers. Ricordiamo infine l’omaggio video, per nulla scontato, che lo staff del Torrita ha voluto proiettare in memoria di quegli amici (musicisti e non) che oggi non ci sono più e che in ventisette anni, chi come protagonista o semplici spettatori, sono passati lungo le vie della ridente cittadina toscana…..perché in fondo il Torrita Blues Festival non è altro che una partecipata riunione di famiglia che ogni anno “invade” le accoglienti colline toscane.
Simone Bargelli
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