Arrivato alla sua 33esima edizione, il Torrita Blues Festival è diventato negli anni appuntamento irrinunciabile per tutti gli appassionati del genere.
Definito da alcuni “il bel salotto del blues italiano”, ha saputo con destrezza e intelligenza aprirsi (inevitabilmente) alle innumerevoli contaminazioni musicali che la scena propone.
Va comunque ricordato che è stato uno dei pochi eventi mai interrotti, nemmeno nel periodo più critico della pandemia che stiamo vivendo; tutto ciò ad indicare una forte resilienza e combattività del suo storico staff, imprescindibile per la riuscita e sopravvivenza dell’evento.
Edizione ridotta causa Covid, anche in questo 2021, con una due giorni ad ogni modo intensa e impegnativa.
Partenza affidata ad un esordiente del palcoscenico torritese; Francesco Piu.
Detto tra noi, partenza migliore non poteva esserci.
Accompagnato da Silvio Centamore, il chitarrista e cantante sardo sorprende ancora una volta.
Un musicista che abbiamo ammirato in tanti piccoli e grandi progetti e in mille concerti fin dai suoi esordi, ma la straordinarietà del suo innato talento ci colpisce puntualmente.
Si dice che al mondo ci siano persone nate per poter superare dei limiti; beh, Francesco è una di queste.
Una naturalezza e genuinità che lo rendono unico, in un rincorrersi tra blues, folk, rock, soul e tanto altro ancora; elencare alcune delle tracce proposte sembra essere veramente riduttivo.
Un connubio perfetto quello avuto con Silvio in poco più di un’ora di pura lussuria musicale.
Quello che ci chiediamo è; cosa c’è da aspettarsi la prossima volta che lo ascolteremo nuovamente su qualche palco? Immenso.
La serata è proseguita con Joe Bastianich e La Terza Classe.
La presenza di un noto volto televisivo incuriosiva molto il pubblico di Piazza Matteotti.
La sua proposta è stata quella di un tipico suono roots, tra bluegrass, folk e un pizzico di blues; in una sola parola Americana Sound.
Quello che di buono abbiamo ascoltato è senza dubbio merito di una buona band, La Terza Classe, quintetto di belle speranze che con semplicità e competenza ha supportato un protagonista ancora musicalmente apparso troppo “debole”.
Ci siamo subito chiesti, quale fosse il vero valore di un progetto del genere; quanto di tutto ciò fosse da ricondurre ad una notorietà d’immagine, che non ad una reale esigenza artistica o percorso musicale.
Lascio a voi rispondere.
La serata successiva, sabato 3 luglio, è diventata un giorno da ricordare, per una band che si riuniva dopo anni di silenzio.
La Rico Blues Combo è stata negli ultimi decenni tra le realtà più importanti del panorama nostrano; il motivo l’ha dimostrato anche nel set di Torrita, palco che li ha ospitati più volte negli anni passati.
C’è sempre un bel feeling durante l’esibizione, risultato di tante turnè e concerti condivisi.
L’intesa è immediata; si conoscono a memoria i quattro umbri (Maurizio Pugno – chitarra, Riccardo Migliarini – armonica e voce, Giuliano Bei – batteria e Mirco Capecci – basso) e questo rende il concerto godibile e ben eseguito.
Rispetto agli anni passati c’è forse una consapevolezza maggiore e di questo anche il suono ne risente, preferendo una modalità più rilassata e riflessiva rispetto ad una “aggressività” sonora che li ha sempre contraddistinti in epoche passate.
Il set conclusivo è affidato al texano Neal Black, personaggio carismatico e di poche parole che proponendo un rock blues dalle armonie ricercate ma ben strutturate ha saputo catturare l’attenzione di un pubblico interessato ed esigente.
Il concerto è di qualità e la band, i francesi The Helears, musicisti esperti e ben collaudati.
Tra di loro da sottolineare la presenza dell’armonicista Vincent Bucher, incantatore per il suo straordinario linguaggio artistico; gusto ed eleganza associato a tecnica superlativa e rara umiltà.
Tra cavalcate chitarristiche, mai stancanti, ballate malinconiche e melodie rabbiose ma non scontate; il risultato finale ha convinto anche la parte più esigente legata ad una lettura più classica e tradizionale.
Ottima conclusione di due serate piene di significati a causa del momento che stiamo vivendo.
Restano costanti tutti gli sforzi e le volontà che l’organizzazione continua a mantenere, proponendo un evento che racchiude tutta la passione correlata alla cultura proposta, sinonimo di genuinità e sincerità, ricchezza sempre più rara in una globalizzazione che ci sta rendendo fragili e poveri.
Grazie Torrita, al prossimo anno quando le mascherine speriamo possano essere un lontano ricordo.
Simone Bargelli
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