Never give up! Quest’anno il Torrita Blues Festival lo vogliamo sottotitolare così. Non è il solito evento e non può essere diversamente visto le innumerevoli restrizioni dovute al covid, ma proprio per questo motivo il suo svolgimento assume una valenza importante e ricca di significato. Andare avanti, mai mollare anche di fronte a un evento epocale come quello che stiamo vivendo in uno strano 2020 che non sarà facile dimenticare. C’è una cosa che però non riesce a mutare, nemmeno in tempi di pandemia, distanziamento, controlli e rinunce….ed è l’atmosfera che ti avvolge ogni volta che varchi le mura del centro storico, ascoltando in lontananza qualche blue-note o slow che sia….piccole magie che continuano a sorprenderci anche dopo tanti anni di frequentazione.
Ovviamente partecipare ad un concerto nelle condizioni attuali ti fa vivere sentimenti un po’ strani e contrastanti; i ricordi vanno al pubblico e la bella confusione di un anno fa, ma la voglia di esserci e soprattutto la necessità di musica sovrasta tutte le incertezze. Il meglio dell’ attuale scena blues nazionale, si è succeduto sul palco dell’ormai storica piazza Giacomo Matteotti. Edizione numero 32 per uno show aperto venerdì 10 luglio da Marco Pandolfi, Max Lazzarin e Mike Sponza; tre personalità ben distinte e tanto diverse negli stili musicali proposti.
Grazie anche al bel apporto ritmico di Moreno Buttinar alla batteria e George Maffioli al basso, i tre musicisti hanno costruito uno show piacevole, dinamico e ben suonato, sia nei momenti di condivisione che in quelle dove si sono esibiti singolarmente. Non ci si annoia mai e il segreto della riuscita del set sta proprio nell’aver saputo relazionare nel modo migliore tre scuole di pensiero così ben collocabili, Marco e il suo blues più down home, Max e le influenze di New Orleans, Mike e le contaminazioni provenienti dal british blues; facendo emergere un fattore apparso basilare; l’amicizia che c’è tra i tre. Quindi tutto diventa più semplice e l’energia più genuina, sia si tratti di suonare brani di Pandolfi o quelli dal repertorio di Sponza e Lazzarin; si, perché altro merito va fatto per la scelta di proporre esclusivamente brani originali, eccezion fatta solo in rari casi come quella dell’omaggio a Lucky Peterson, da poco scomparso.
Tra i momenti che ci sono piaciuti di più c’è quello di “Lucky Man” dove il suono di Marco ribadisce la magia creata dalle sue composizioni; l’innata ironia di Max che in brani come “Medicine Man” nasconde (solo apparentemente) un’incessante studio e talento propositivo; il gusto e l’equilibrio di Mike che in pezzi come “Carpe Diem” riesce ad osare senza mai eccedere. Unico rammarico della serata resta il mancato bis, a causa delle restrizioni di orario dovute al covid; per il resto una performance ottima che entrerà nella storia del festival, ribadendo la concretezza e bravura dei musicisti di casa nostra. Rischiamo di essere pedanti e ripetitivi, ma quali altri aggettivi possiamo aggiungere che già non abbiamo utilizzato per Max De Bernardi e Veronica Sbergia?
Il loro è, come sempre, un set coinvolgente, suonato divinamente, tra piedmont, delta e soprattutto gospel, quel gospel che permette a Veronica di sfoderare tutte le sue accattivanti doti vocali, mentre il talento di Max sorprende ogni volta abbiamo la possibilità di ascoltarlo live, e credeteci o no sono tanti i loro set ai quali abbiamo assistito in questi anni. Anche quello di sabato 11 luglio è cibo per l’anima, suonando brani più e meno noti da un repertorio per lo più prebellico; ci sono ricerche e lavoro incessante dietro il suddetto progetto e scelta musicale senza dimenticare l’estro negli arrangiamenti. Il risultato è chiaro; la capacità di far sembrare così naturale un linguaggio e una tecnica complicati resta peculiarità dei grandi. Un duo che con la loro personalità e duttilità riesce a rendere fresco e affascinante un mondo antico, offrendolo appetibile anche a quanti non hanno familiarità verso questa meravigliosa cultura…divertente la versione di “The Candy Man” di Rosetta Howard, giocata con il pubblico. La Nkem Favour Blues Band è una realtà ormai attiva da qualche tempo composta da esperti musicisti genovesi che con i loro passati in band come Mama’s Pit e Big Fat Mama hanno fatto la storia del blues di casa nostra; tra loro anche Davide Serini alla chitarra e Danilo Parodi al basso.
Il loro set si sviluppa sulle ottime capacità vocali di Nkem Favour Nwabisi di origine nigeriana; per lei si tratti di rhythm and blues, Chicago o soul, pochi sono i segreti ancora da scoprire. Anche se le esecuzioni sono più che buone e le qualità indiscutibili, quello che ci lascia un po’ di rammarico è la proposta di un repertorio basato totalmente su consumate evergreen. Le interpretazioni di Nkem sono azzeccate e la sua potenza è straripante e anche per questo abbiamo il sentore di occasione mancata; da musicisti di questo spessore ci aspettavamo una proposta più originale e basata su brani di propria composizione. Da una lista di innumerevoli evergreen comunque, piace evidenziare l’efficacia di “Down Home Blues”, ricordando la versione di ZZ Hill. Ad ogni modo, il pubblico di Torrita apprezza caldamente l’esibizione soprattutto quando l’atmosfera si fa più calda attraverso momenti rockin’ come l’omaggio a Jimi Hendrix. Il blues continua a vivere nella piazza di Torrita anche in tempi dove nulla è più scontato, quindi un grande plauso va a chi ha voluto a tutti i costi questa edizione, quei non più giovanissimi “ragazzacci toscani”! Hanno saputo lottare contro tutto e contro tutti, ricordando un concetto forte anche a chi se lo fosse dimenticato….la musica è vita e il blues una medicina per tutte le cure.
Simone Bargelli
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