Torrita Blues. Così cominciava un nostro articolo del 2010: «….ventiduesima edizione per uno dei festival più longevi del panorama italiano che si svolge tradizionalmente nell’ultimo week-end del mese di giugno. Quest’anno Torrita Di Siena ha riaperto le porte al blues in uno strano venerdì a poco più di ventiquattro ore da una disfatta calcistica che gli sportivi italiani ricorderanno a lungo e tra le viuzze del centro toscano ancora “rimbalzano” commenti poco gentili verso chi avrebbe dovuto farci sognare ancora. Per fortuna c’è anche chi attende l’arrivo del primo artista discutendo su quale sia l’album blues più bello dell’anno o il migliore chitarrista di sempre e impegnati in queste amletiche questioni, non sono certo dei teenagers ma signori di una certa età. Questo è il fascino del popolo del festival che una volta l’anno si ritrova nella splendida piazza toscana creando quell’atmosfera unica e irrinunciabile….».
Beh, alcune cose sono cambiate; l’edizione è la ventiseiesima e il giorno d’inizio del festival è diventato il giovedì…altre purtroppo sono rimaste invariate; la sconfitta dell’Italia calcistica e la crisi economica….altre (per fortuna) sono ancora presenti; gli “allenatori” torritesi (sempre quelli di quattro anni fa) che discutono animatamente sulle disfatte azzurre studiando possibili soluzioni e chi attende l’arrivo del primo artista discutendo su quale sia l’album blues più bello dell’anno o il migliore chitarrista di sempre; inoltre, preoccupato come ogni anno, il parroco del paese (nell’immancabile tonaca lunga) che in fretta e furia chiude accuratamente il portale della chiesa di Piazza Matteotti teso dalla presenza di chissà quale “entità malvagia”…. perché con questi “cappelloni” sempre meglio stare allerta!
Ah …dimenticavo! Lo sguardo sospettoso della signora (affacciata alla finestra della propria abitazione che dà sulla piazza) che puntualmente, dopo i primi due minuti d’inizio concerto, chiude con forza le proprie persiane e spenge la luce di casa! Questo è anche il Torrita Blues Festival! La bellezza di un luogo rimasto un po’ indietro nel tempo con le sue chiacchiere, le sue abitudini, i suoi sapori e i suoi profumi…..anche quelli dell’ormai immancabile cena blues che da qualche anno da “il via alle danze”. C’era un po’ di timore giovedì 26 giugno per le condizioni meteo non proprio ottimali, ma come sempre gli “dei del blues” sono stati magnanimi e dopo un improvviso acquazzone, la serata è potuta cominciare con un’inimmaginabile (fino al allora) presenza di pubblico… perché quando è ora di mangiare a Torrita non si scherza! Sul palco intanto risuonano le prime note; quelle dei Jesus On A Tortilla, combo saronnese dedito a un buon Chicago Blues. La giovane band proveniva da Effetto Blues, contest invernale organizzato dallo staff del festival che ha l’obbiettivo di dar spazio al blues nazionale scoprendo, ogni tanto, belle realtà fino ad allora prettamente locali. A seguire gli Slow Train Band attivi già nel 1987 che lasciano poi il palco alla Torrita Orchestra Blues Band. Riportiamo quanto segue dal depliant del festival: “Questa realtà nasce da un’intuizione di Luca Romani (direttore artistico del festival) in occasione di una jam improvvisata la passata primavera al Teatro Comunale nell’ambito della celebrazione delle eccellenze musicali torritesi, tra cui Claudio Brasini dei Baustelle e il maestro di pianoforte e violino Alessio Benvenuti (collaborazioni con Giovanni Allevi, Baustelle, Mario Biondi e altri). Oltre ai due citati si sono uniti altri due torritesi attivi in ambito musicale Alessandro Giannini (armonica) e Emma De Nola (voce). Completano la band i maestri Alessandro Maiorino al basso (Paolo Fresu, Enrico Rava e altri) e Alessandro Minetto alla batteria (Steve Grossman, Renato Sellani, Peter King e altri).” La performance risulta essere molto varia musicalmente (si passa dai Led Zeppelin ai Beatles a Peter Green) da apprezzare la buona versione di “Cry Baby” portata al successo da Janis Joplin. Chissà se questo “esperimento” nato un po’ per gioco avrà seguito. Si passa alla seconda giornata (venerdì 27) dove il duo acustico composto da Rosario Tedesco e Joe Chiariello esibisce un repertorio della tradizione pre-bellica spaziando fra Charlie Patton, Robert Johnson e Son House. Sorprende l’abilità chitarristica del giovanissimo Joe (appena diciottenne) e la padronanza di un linguaggio in pratica ignoto ai ragazzi della sua generazione. Sbalordisce persino la somiglianza vocale col suo idolo Robert Johnson, anche se a volte sembra un po’ forzare il suo tono naturale proprio per poter raggiungere la perfetta analogia (bella la versione di “Kindhearted Woman Blues”); il nostro consiglio comunque è quello di lavorare molto sulle originali dato che quel paio ascoltate sul palco toscano ci hanno convinto; ovviamente il tempo è dalla sua parte. Ancora una proposta acustica quella dei campani Blues Queen (tra i finalisti all’European Blues Challenge Italia) che incentrati sulla bella e possente vocalità di Alessandra Bene, spaziano in un repertorio più soul e rhythm & blues (Etta James soprattutto) senza dimenticare la tradizione di Chicago in “My Babe” di Willie Dixon e Little Walter. E’ arrivato il momento del primo headliner del festival; Lucky Peterson è da indicare come uno dei più produttivi e autorevoli esponenti del contemporary blues; stile che saltella tra funk, soul, blues e rock. Il set di Lucky è da dividere in tre parti; la prima è ottima. Peterson è affiancato da una band strepitosa tra cui spicca la chitarra del canadese Shawn Kellerman; non solo strumentista dalla tecnica straordinaria ma sorta di direttore d’orchestra se può essere così definito. In questi primi venticinque minuti la band si preoccupa solo di suonare e lo fa egregiamente dimostrando tutta la caratura dell’ensemble; eccezionale Lucky all’Hammond. La seconda parte è quella che ci ha convinto di meno; in alcuni momenti ci ha addirittura infastidito. Inizia con l’imbracciatura di una Gibson 335 da parte di Peterson e prosegue in una lunga passeggiata tra la piazza e il suo pubblico (impazzito naturalmente!); c’è addirittura modo e tempo per un caffè al bar centrale, sempre imbracciando la sua chitarra ed eseguendo un interminabile caotico assolo. Forse se i presenti non fossero stati così entusiasti di questa “furbata”, il tutto non avrebbe avuto una durata di oltre trenta minuti…..ma Lucky è showman navigato e visti i risultati ottenuti, mai scelta fu così brillante.
Con la terza parte si torna a canoni più apprezzabili; dopo il ritorno sul palco e soprattutto all’organo, Peterson chiama sul palco la bellissima consorte Tamara dotata di buona vocalità, tanto sex appeal e soprattutto… mestiere! Il set si fa più soul, avvicinandosi molto a sonorità nu-r’n’b dove il beat e il groove sono la base per canti e loops ripetuti! La band è la stessa che lo scorso anno ha registrato un ottimo CD-DVD (“Live At The 55 Arts Club Berlin”) e gran parte dei brani proposti sono contenuti in questo progetto. La terza e ultima serata (27 giugno) si apre con i vincitori di Effetto Blues, i Thirty Tracks che si esibiscono in un bel set caratterizzato da sonorità forti e decise. La particolarità delle tre voci presenti assemblano uno stile che potremmo definire rock-musical. Siamo così giunti al culmine della ventiseiesima edizione; l’esibizione del leggendario Jerry Portnoy supportato e anticipato dagli Shuffle Kings di Umberto Porcaro. Il palcoscenico è letteralmente aggredito dal rockin’ blues del giovane talento siciliano (classe ‘79) che manifesta di essere a proprio agio su quello stile a cavallo tra Texas e West Coast Californiana. Pungente, fluido e senza titubanze Umberto dimostra di essere anche un buon showman tenendo il palco sempre in un corretto equilibrio tra esibizione ed esecuzione, anche perché agevolato da ottimi musicisti come l’esperto bassista Luca Tonani. I brani suonati sono per lo più contenuti nel suo recente “Pleasure Is My Business”. Dopo circa quaranta minuti è il momento di Jerry Portnoy, monumento vivente per ogni armonicista, molti dei quali presenti tra il pubblico del festival. Il tono è sempre quello di una volta; le sue melodie semplici a volte “quasi ovvie” che ne hanno fatto un marchio di fabbrica ricordano fasti passati quando militava nella mitica line-up di Muddy Waters (omaggiato in “She Moves Me”); poi c’è quell’eleganza non solo nel vestiario ma anche nel modo di proporsi sia che si tratti di musica suonata o musica “parlata” le cose non cambiano….tutto ciò e i suoi modi di fare lo rendono unico e inimitabile. In alcune parti dell’esibizione va comunque segnalata una specie di “lentezza non voluta”, forse naturale segnale del tempo che passa o di quella consapevole pigrizia della quale ha fatto ammissione (dichiarandola anche con una certa fierezza!). Nel set di Jerry inoltre si sono notate alcune difficoltà della Umberto Porcaro band nell’accompagnarlo adeguatamente…due scuole quella di Portnoy e quella perseguita da Umberto che, anche se blues, sono totalmente differenti….forse questa la causa da attribuire ad una sintonia non sempre perfetta. Abbiamo quindi molto apprezzato lo sforzo e il duro lavoro di Porcaro… Grazie ancora Torrita, e come sempre…al prossimo anno.
Simone Bargelli
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