Strano destino quello che ha unito, nell’ultimo viaggio, Syl Johnson al fratello maggiore Jimmy, scomparso pochi giorni prima. Loro che hanno avuto carriere diverse, per certi versi parallele e con qualche sporadico intreccio, culminato vent’anni fa in “Two Johnsons Are Better Than One” su Evidence, che resta anche l’ultima session in studio di Syl.
Non che da allora ad oggi sia rimasto inattivo, anzi le sue performance sia a Chicago che in Europa, a Porretta 2012 per esempio, sono state regolari. La sua avventura in musica era cominciata in pratica da adolescente, nella seconda metà degli anni Cinquanta, quando è al servizio, in veste di chitarrista, di bluesmen quali Shakey Jake Harris, Junior Wells, i fratelli Myers o Billy Boy Arnold.
Gli inizi a suo nome risalgono al 1959, con alcuni singoli per la Federal, nessuno purtroppo di successo. Ma è qui che acquista il suo “entertainment name”, Sylvester Thompson diventa Syl Johnson e lo resterà per il resto della sua carriera. Seguono altri singoli per etichette locali, Zachron, Cha Cha, Tag, Special Agent, soprattutto in chiave R&B, senza sfondare del tutto.
La svolta arriva a metà Sessanta con una serie di incisioni per Twilight / Twinight, a partire da “Come On, Sock It To Me” e “Different Strokes”, un gran pezzo funky che decadi dopo sarà più volte campionato da artisti di rap/hip hop. Il 1970 vede l’uscita di uno dei suoi capolavori, “Is It Because I’m Black”, brano che abbina groove e messaggio di consapevolezza sociale, contenuto nell’album concept album.
L’inizio della decade lo vede incidere per la Hi di Willie Mitchell, quattro Lp, i primi tre di ottima fattura, seppur certamente meno fortunati di quelli del compagno di scuderia Al Green. Di questo periodo spiccano validissimi soul come “Back For A Taste Of Your Love”, “Anyway The Wind Blows” o la sua versione di “Take Me To The River”.
Meno attivo alla fine del contratto Hi, se si eccettua una produzione per la sua etichetta Shama e un Lp inciso per la Isabel durante un tour in Francia. Mentre il fratello Jimmy, a cinquant’anni, si afferma come bluesman, Syl si dedica ad altri affari, per un periodo mette in piedi persino una catena di ristoranti, prima di un pieno ritorno sulle scene musicali con “Back In The Game” su Delmark.
Resta un artista dal talento indiscutibile ed eclettico, come hanno testimoniato i suoi concerti o le ristampe del suo materiale degli anni Sessanta e Settanta, pensiamo al cofanetto “Complete Mythology” della Numero (Il Blues n.120). Con lui se ne va una figura di artista davvero singolare per talento e carattere, che ha saputo navigare la sua epoca tra soul, blues e funk. Ricordiamo infine altri due elementi.
I geni musicali della famiglia sono già passati alla generazione successiva, visto che una delle sue figlie, Syleena Johnson, è una cantante di R&B piuttosto nota ed anche la realizzazione di un film documentario su di lui, qualche anno fa, “Anyway The Wind Blows”, diretto da Rob Hatch-Miller e circolato in alcuni festival americani.
Foto: Syl Johnson di Gianfranco Skala
Matteo Bossi
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