Banale sarebbe cominciare questa cronaca rimarcando il fatto che il Summer Jamboree diventa maggiorenne con l’edizione 2017; in verità il festival di Senigallia è una kermesse che ha bruciato le tappe, perché già maturo ormai da anni per organizzazione e pianificazione. Una macchina “da guerra” ben rodata che nulla lascia al caso, anche se per chi non ha ancora frequentato (speriamo pochi) gli scenari del Jamboree, il primo impatto può apparire un po’ caotico e stordente soprattutto durante i weekend. Anche nel suo diciottesimo compleanno va evidenziata una frequentazione record con oltre 400 mila presenze nei suoi 9 giorni dal 29 luglio al 6 agosto, con l’aggiunta quest’anno di una anteprima dal 26 al 28 luglio.

Formula vincente non si cambia e allora 3 palchi (ancora più imponenti rispetto al passato) allestiti nel centro storico marchigiano; il mercatino vintage, tra i più grandi in Italia; il Burlesque Show al Teatro La Fenice (venerdì 4 agosto), la lunga notte del richiestissimo Hawaiian Party sulla spiaggia, direttamente da Memphis la mostra dedicata a Elvis con 95 cimeli del re del rock n roll, il Dance Camp per chi ha voglia di ballare, la sfilata delle auto d’epoca ma soprattutto il popolo del Summer Jamboree con i suoi colori e i mille sorrisi. Un festival caldissimo quello di quest’anno, per un clima torrido che ha inondato le interminabili giornate, ma apparentemente non ne ha sofferto Luke Winslow King, perché lui a quel clima umido è abituato visto che proviene dalla musicale Louisiana. Ormai noto agli scenari italiani per le sue numerose apparizioni in questi ultimi anni, ha come sempre portato quell’aria di New Orleans della quale è ricco il suo suono. Tra roots music, blues e melodie de sud puntualmente accompagnato dalla chitarra del livornese Roberto Luti, Luke ha offerto un set di spessore composto da molte tracce del suo album “I’m Glad Trouble Don’t Last Always” dello scorso 2016. I set di Winslow sono stati molto apprezzati anche se poco adatti per essere ballati; cosa che al SJ può procurare qualche disappunto soprattutto nella concezione del Kraken Stage. Che siamo nel mondo della globalizzazione lo si sa ormai da tempo, ma vedere una band cinese che propone rockabilly ha incuriosito in tanti; abbiamo un po’ rivissuto l’esperienza di qualche settimana prima quando Umbria Jazz ha presentato per la prima volta nel suo cartellone una essemble anche li proveniente dalla grande muraglia..

Rolling Bowling

Rolling Bowling

Rolling Bowling, questo il nome del trio caratterizzato da un forte impatto musicale; da un rock n roll semplice ma efficace che tramite un’energia genuina ha conquistato il foro annonario nella serata di venerdì 28 luglio. Eravamo molto ansiosi di vedere all’opera Roy Gaines, dal Texas; ma purtroppo un improvviso problema personale ha impedito la partecipazione al bluesman di Houston, speriamo di poterlo ammirare nella prossima edizione.

CC Jerome & The Jetsetters

CC Jerome & The Jetsetters

Sempre parlando di blues anche se con connotazioni molto rockin’ dobbiamo menzionare la bravura dei Jetsetter di CC Jerome, da qualche edizione immancabili nei palchi del Jamboree. La band olandese ha un assetto solido che esprime tutta la sua longeva esperienza nei palchi di mezza Europa e quell’aria un po’ scanzonata che accompagna il chitarrista e leader Jerome Van Gasteren, li rende ancora più simpatici e divertenti. Si prendono poco sul serio ma non la loro musica che rilegge in modo impeccabile e vigoroso classici del blues e repertorio del rock n roll, Elvis su tutti. Va ricordato anche il loro lavoro aggiuntivo come backing band per tanti altri musicisti durante lo svolgimento del festival stesso. Un’altra bella sorpresa l’abbiamo avuta partecipando allo show di Sugar Daddy and The Cereal Killers, settetto completamente italiano, formatosi a Milano nel 2009. Veramente favolosi con la loro vibrante energia tra swing, rhythm n blues e jive, rileggendo classici del blues da Muddy Waters a Ray Charles per passare con naturalezza ai ritmati groove di Louis Prima. Bravissimo Simone Caputo, pieno di vitalità e di una eccellente vocalità appropriata al contesto, ma quello che più colpisce è l’intesa dei strumentisti fautori di un suono particolarmente compatto. Il pubblico li ha molto apprezzati.

Trickbag

Trickbag

Siamo letteralmente rimasti assuefatti dalla bravura dei Trickbag, la band finlo-anglo-svedese che calca le scene europee da oltre 20 anni. Sei musicisti straordinari che sono riusciti a trovare un assetto e un equilibrio fuori dal comune in uno show dove tutti sono protagonisti ma nessuno è prima donna. Era per loro la prima volta in Italia e anche se conoscevamo i dischi registrati, ammirali dal vivo è stata una goduria per occhi e udito Una qualità musicale e artistica come non vedevamo da tempo in un connubio tra rockin blues, swing, rhythm & blues arricchito da un intrattenimento di puro spettacolo grazie all’ esperto lavoro di Tommy Moberg, mai eccessivo e sempre adeguato al contesto. La qualità di Lars al contrabbasso, lo stiloso Weston all’ armonica e l’eccezionale Tomi Leino alla chitarra riscaldano un Foro in delirio che ha assistito ad uno dei set più belli che ricordiamo al Summer in questi ultimi 8 anni. Tra strumentali e originali come “Candyville” o “She’s A Killer” i 75 minuti dei Trickbag sono stati molto più di un semplice concerto ma un’esperienza che speriamo possiamo ripetere quanto prima. Dopo lo show del 29 Il nostro rammarico più grande è stato quello di non aver potuto assistere alla loro precedente performance durante l’anteprima giovedì 27 luglio. La scena scandinava offre ormai da tempo il meglio del rockin’ blues e dopo il concerto dei Trickbag un’altra riprova l’abbiamo avuta dai giovani The Domestic Bumblebees, trio svedese capitanato dalla voce e chitarra di Daniel Kordelius Non una novità per il pubblico di Senigallia, tornano sul Kraken stage martedì 1 agosto per due set di singolare incisività. Un’attitudine molto influenzata dal blues, belle le versioni di “Give Me Back My Wig” e “Honey Bee” e ritmi costantemente frenetici e incessanti attraverso brani di loro composizione per lo più presi dall’album “Cheater” ma anche presentando tracce future che faranno parte di un progetto di imminente pubblicazione. Suoni schietti, intesa perfetta e soprattutto la voglia di divertirsi e far divertire per circa due ore godibilissime per chi aveva voglia di ballare o semplicemente ascoltare. Particolare attenzione al gusto stilistico di Daniel sia si tratti di chitarra ritmica, solista o sly guitar, per una qualità mai messa in dubbio.

Joakim Tinderholt

Joakim Tinderholt

Tanto interesse e curiosità anche per l’arrivo di Joakim Tinderholt, chitarrista autore che sta guadagnandosi un posto importante nella scena europea grazie alla pubblicazione di due stupendi album. Prima volta anche per lui in Italia e per l’occasione è accompagnato dai Jetsetters di CC Jerome. Indiscutibile talento e proprietà rare (timbro vocale incluso) per il giovane norvegese che mostra una capacità strumentale di rilievo, completata da una non sottovalutabile destrezza compositiva, “Hold On”, “Stumblin’ & Fumblin’”, “I Need A Woman (‘Cause I’m a Man)” ne sono una efficace testimonianza; suoni presi dal passato per un blues elettrico che guarda tanto al west coast swing così come al Chicago style dei maestri. Joakim offre una performance dinamica e ricca di pathos, scorrazzando anche in brevi ospitate sullo show dei the Domestic Bumblebees. Musicista interessantissimo, di livello superiore che ha ancora tanti margini di miglioramento; piccolo rimpianto non averlo ascoltato con la sua reale band; i Jetsetters seppur bravi come abbiamo ribadito poc’anzi, non sempre erano adeguati al contesto. Ci sarà comunque modo di rincontrare Tinderholt nelle prossime edizioni, questa volta con il suo combo, ne siamo certi.

The James Hunter Six

The James Hunter Six

In una annata dove ha fatto la sua apparizione anche il gospel con gli American Gospel Singers Quintet, non poteva certo mancare il soul….e che soul! Annunciato come uno dei big di questo SJ, sale sul palco del foro The James Hunter Six, sempre martedì 1 agosto. James Brown incontra Otis Redding? Ray Charles si traveste da Sam Cooke? No, semplicemente James Hunter! Carisma e personalità da vendere per il cinquantaquattrenne londinese che certamente ha ascoltato e “rubato” qualcosa dai dischi delle icone qui sopra citate, ma la forza di questo artista è quella di offrire un soul classico ma forgiato sulla/dalla importante soggettività. Un soul che ci piace definire “bianco” e che con innata eleganza e un’esperienza ormai consolidata ha incantato il pubblico presente. Alta scuola quindi e i brani proposti ne sono la riprova, influenzati tanto dal blues così come da suoni apparentemente distanti come il reggae.
Un repertorio vasto quello di James che comunque decide inevitabilmente di basare la serata sul recente “Hold On!” inciso per la neworkese Daptone. Se da un lato è immediata la gradevolezza della sua vocalità, meno scontata è la bravura del suo chitarrismo soprattutto nell’accompagnamento; mentre la maestria nel saper “sostenere” il palco sono frutto di tanto lavoro ma anche di quella innata follia della quale Hunter è portatore. La macchina diventa poi quasi perfetta grazie alla peculiarità e la signorilità del sestetto che lo accompagna. Sarebbe complicato, ma se qualcuno volesse trovare il proverbiale pelo nell’uovo, potremmo dire che il set ha viaggiato un po’ troppo sullo stesso range, forse sarebbe servita una maggiore dinamicità…ma poi si che si sarebbe parlato di perfezione!!!! Ormai completamente “dipendenti” dalla caratura delle performance del Jamboree assistiamo ad un altro set di raro valore artistico.

Carl Sonny Leyland

Carl Sonny Leyland

Carl Sonny Leyland è un pianista noto ai cultori del genere anche per le sue infinite collaborazioni con musicisti blues e non solo. Ragazzo prodigio, nato nel 1965, ha deliziato con classe e sostanza i tanti presenti al main stage nella serata del 4 agosto. Ripropone la leggendaria scuola pianistica del passato, dal blues all’ honky tonk, dal boogie woogie al rock n roll con una naturalezza e semplicità che spiazzano. Tanti i brani originali proposti ma anche interazioni nel repertorio di Big Joe Turner, Brownie McGee e la scuola di Chicago dei primi anni ’40. Partecipare ad un suo concerto non è solo ammirare un eccezionale musicista ma, l’amore e il pathos che Carl mette in ogni singola esecuzione, ti fanno apprezzare anche il duro lavoro di ricerca e studio che l’artista ha fatto negli anni andando così a riproporre non i soliti brani ascoltati e riascoltati. Supportato dagli inossidabili The Good Fellas i due bis richiesti dal pubblico sono la dichiarazione di apprezzamento che la serata ha avuto. In un incessante susseguirsi di concerti non possiamo non menzionare gli ironici e satirici Rudy Valentino e i Baleras, che grazie alla loro eccellente familiarità con i propri strumenti potrebbero suonarvi di tutto (ed è questo che fanno) persino il “famoso” elenco del telefono; ci è piaciuta molto la versione di “Route 66” e le folli trasposizioni di classici italiani. Ma anche i marchigiani Catfishers con i loro vestiari d’epoca (carcerati nel periodo del proibizionismo) sono stati una ventata di brillantezza e divertimento attraverso un bluegrass e Piedmont blues degli inizi del secolo passato. Immancabile poi la lunghissima carrellata di ospiti nelle quasi tre ore di concerto, sabato 5, con la Abbey Town Orchestra dove ancora una volta si mette in evidenza la grandissima voce dell’inglese Laura B, abitué da anni dei palchi senigalliesi. Circa 50 concerti in poco più di 10 giorni, alcuni ce li siamo persi purtroppo, ma l’atmosfera e le melodie che hanno inondato il centro adriatico, quelle no, abbiamo cercato di respirarle e inglobarle tutte; perché venire al Summer Jamboree non è solamente assistere a concerti, eventi o visitare mostre; è soprattutto fare parte in prima persona di un qualcosa che va al di la del festival stesso…se poi consideriamo che a nostro parere quella di quest’anno è stata per gruppi e suoni proposti, la migliore degli ultimi cinque anni, non vediamo l’ora di continuare il viaggio nell’edizione 2018. Un festival in costante ascesa ma anche sempre più social e aperto ad un pubblico continuamente più ampio e variegato, come dimostrano i dati registrati, dati da capogiro; ma cosa da non trascurare sono anche i messaggi di ammirazione e amore che i musicisti che vi partecipano rilasciano puntualmente, reputandolo uno dei migliori del settore al mondo. Dimentichiamo qualcosa……ah beh si…l’evento è gratuito!!!!!! E allora come cantava Huey Lewis…”the heart of rock and roll is still beating”…aggiungiamo noi…in Senigallia!

 

Simone Bargelli

 

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