Se ne è andata, a quasi novant’anni, il 20 dicembre scorso, Umpeylia Marsema Balinton, meglio nota con il nome d’arte di Sugar Pie DeSanto. Cantante di talento e dotata di una presenza scenica esuberante ed energica malgrado la corporatura minuta, DeSanto è stata attiva sin dagli anni Cinquanta ed ha legato il suo nome ad alcune notevoli pagine di R&B, soprattutto nei Sessanta. Se nei decenni successivi la sua attività discografica si è fatta meno frequente, caratterizzata da produzioni indipendenti, il suo posto nella storia del rhythm and blues non è comunque in discussione.
Di padre filippino e madre afroamericana, nata a Brooklyn ma cresciuta sulla costa ovest, a San Francisco nel quartiere Fillmore dove la famiglia si era trasferita, Balinton non ancora DeSanto, viene notata da Johnny Otis che la porta quasi subito a incidere il suo primo disco a Los Angeles per la Federal, col nome di Little Miss Sugar Pie. Quasi la stessa cosa era accaduta ad una sua amica d’infanzia (talvolta citata persino come cugina) di nome Jamesetta Hawkins, scoperta da Otis e ribattezzata Etta James. Il successo però non le arride subito, dovrà attendere il 1959, quando “I Want To Know” prodotta da Bob Geddins per la sua etichetta Veltone, viene acquistata dalla Chess e scala le classifiche R&B fino al quarto posto. Da lì la firma per la casa discografica di Chicago, dove resterà per gli anni successivi, incidendo un album e diversi singoli, sovente editi dalla sussidiaria Checker.
È un periodo di creatività e soddisfazioni, tour in giro per l’America accanto a nomi quali James Brown, Temptations o Gladys Knight ma anche la partecipazione, nel 1964, alla annuale revue dell’American Folk Blues Festival, di cui resta traccia in alcuni filmati e in un Lp. Nello stesso anno escono due dei suo pezzi forti, “Slip-In Mules” una salace risposta all’hit di Tommy Tucker “High Heel Sneakers” e la contagiosa, graffiante “Soulful Dress”. Data la comune appartenenza a casa Chess, Sugar Pie ed Etta James registrano anche tre brani in duo, la scoppiettante “In The Basement” e “Do I Make Myself Clear?” dai toni di avvertimento per un compagno fedifrago e “Somewhere Down The Line”.
Sebbene non le riesca di piazzare ai piani alti delle classifiche altri pezzi, DeSanto lavora costantemente dal vivo e si distingue anche come autrice per altri artisti in orbita Chess (Little Milton, Fontella Bass, The Dells…). Dagli anni Settanta torna a San Francisco/Oakland e registra per la Jasman del manager/produttore James C. Moore, continuando ad esibirsi in festival e locali dovunque le venisse richiesto, da “world wide entertainer” di classe, come teneva a definirsi. Chi l’ha ammirata nelle sue vivacissime performance a Porretta, dove è tornata più volte oppure a Cognac, non dimenticherà il divertimento e le emozioni che sapeva regalare, sfidando l’età e le convenzioni. Va da sé che sia consigliato ad ogni appassionato di rhythm and blues l’ascolto dell’integrale Chess uscita su Kent/Ace, “Go Go Power-The Complete Chess Singles” o almeno dell’antologia precedente “Down In The Basement-The Chess Years”.
Matteo Bossi
Comments are closed