Seduti nel front porch di una baracca affacciata sul Mississippi, oppure sotto la veranda di una tipica masseria nella nostra bellissima Sicilia poco cambia, se non il panorama.
Quello che rimane – e questa è la cosa importante – è il sound che esce da questo, finalmente, primo album della coppia Slidin’ Charlie & Boo Shake, che profuma di quel blues paludoso che arriva dal grande fiume americano e che risuona meravigliosamente a qualsiasi latitudine.
Sono anni che Carlo Pipitone e Giuseppe Buscemi portano avanti la loro musica, fatta di un profondo amore per il blues stelle e strisce ma – anche – di tanta altra musica, che sia di origine afroamericana o bianca.
Qui sta la differenza con tanti “puristi” che pur bravi non hanno saputo uscire da inutili confini musicali ma, al contrario, il duo in questione può vantare ascolti che spaziano dal bluegrass tipicamente delle colline degli Appalachi, al jazz, al rock e al punk, che se poi ci pensiamo al blues delle origini devono tanto.
Sono in due ma sembrano una band al completo, con Slidin’ Charlie che suona le chitarre e ce la canta, mentre Boo Shake pesta sulla sua batteria che è un piacere e non riesci a tener fermo il piede nemmeno se ci metti il miglior mastice di ‘sto mondo.
Un gran bel disco, onesto, suonato con la passione che da sempre contraddistingue il duo e che finalmente si sono decisi a mettere in fila 10 brani pressoché tutti usciti dalle loro penne ad eccezione della conclusiva “Bourgeois Blues” di Huddie William Ledbetter, ovvero il grande Lead Belly.
Gli altri nove brani, difficile ed inutile cercarne uno più bello dell’altro, ci arrivano ripresi in diretta – direi buona la prima come si fa (o si dovrebbe fare) nel blues – con l’intensità che, confesso, mi aspettavo, per quello che posso conoscere Carlo e Giuseppe.
Un blues che pare scendere dalle North Mississippi Hills, che inevitabilmente tanto deve ai grandi esponenti di quelle terre così lontane ma, al contempo, così vicine se le sai conoscere, e non serve viverci, fidatevi.
I fantasmi di R. L. Burnside, Fred McDowell o Junior Kimbrough ce li potevamo aspettare, ma il bello è stato scoprire tante altre influenze.
Provate ad ascoltare, per esempio, “Driving” e ditemi se non poteva benissimo essere uno dei brani del Neil Young anni ’90, che quando fa del blues lo fa sicuramente meglio di tanti altri, oppure la cover di Lead Belly con quella slide tipicamente southern che richiama il Duane Allman che aiutava Johnny Jenkins nel suo capolavoro “Ton-Ton Macoute!”.
Un grande plauso va anche allo studio di registrazione Ember Recording Studio di Monreale (PA) che ha saputo catturare il suono reale e pulito uscire dagli ampli e dalla batteria, con quella naturalezza priva di filtri che sanno solo infastidire.
Un disco schietto e diretto di quelli che ti fanno dire «grazie al cielo che c’è ancora qualcuno che suona così».
Cercatelo, acquistatelo perché Slidin’ Charlie & Boo Shake sono due che devono stare nella vostra collezione di dischi.
Antonio Boschi
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