Natale con i tuoi e … qualche giorno dopo con Rory Gallagher! Ci piacerebbe decantarne così l’occasione per fare il verso al vecchio adagio, che pure qualcuno ha avuto davvero ai concerti che il grande chitarrista irlandese tenne il 28 e 29 dicembre 1990 all’allora Town & Country Club (oggi O2 Forum) di Kentish Town, a Londra. Addirittura qualche tempo dopo Rory, che pubblicava il suo ultimo disco “Fresh Evidence” quello stesso anno, passò anche dal nostro Pistoia Blues Festival nel luglio ‘94, ma non ci fu più occasione di replicare in Italia, perché se ne andò già un anno più tardi, il 14 giugno 1995.
Le performances che riascoltiamo live in questa pubblicazione quindi, a più di trent’anni orsono, il doppio “All Around Man”(Universal) esce lo scorso luglio, proprio come quel concerto toscano in scia al suo ultimo disco in studio, ci restituiscono l’intramontabile energia di sempre, un’occasione ritrovata dagli archivi e abbellita da una masterizzazione agli Abbey Road Studios, fotografandone un’esibizione mai avara della consueta carica di blues e rock’n’roll oltremodo, ma ritrovandone anche la maturità di uno stile evolutosi nel tempo, sui palchi degli storici live ormai immortali anche nella storia del rock ( “In Europe ’72” e “Irish Tour ’74”) e più curato nelle potenzialità del periodo, quanto nella sua consumata esperienza di straordinario front – man, chitarrista vero, sincero.
Smessi i panni di uno stile grunge prima del tempo, jeans e camicia a quadri, e le sneakers di pezza dei tempi dei Taste, appesantito da una farmacopea “fai da te” e qualche birra in più, ma fedele ai capelli lunghi e alla scrostatissima “strato” del ’61, salirà sul palco londinese con camicia scura e giacca di pelle, come quando lo rividi nella foto di una rivista che lo ricordava a quel fatidico concerto pistoiese di cui sopra, ai tempi della sua dipartita. Avevo ancora l’immagine di lui che mi restituiva l’Enciclopedia del Rock, quella dei tempi di “Blueprint”, 1973 (consumato su cassetta), gli altri album ritrovati poi in CD nel corso degli anni, man mano che il suo talento è stato riconosciuto anche da queste parti, forse mai fino in fondo, come per chi non si piega ai capricci dello show – business. Cambiato nell’aspetto ma mai nell’essenza della sua musica: quel blues che mai oseremmo definire british, quanto piuttosto un irish – blues mai scevro di una rilettura musicale dagli impliciti linguaggi evocativi del proprio canzoniere popolare, in alcuni fraseggi mescolati, appunto, a quell’idioma afroamericano che più gli fu caro.
La sua parentesi più rock ebbe poi l’apice in alcune delle canzoni di “Defender”, 1987, album sul finire degli anni Ottanta confluiti da una scena hard al metal, ma anche coi blues più classici, quelli che non mancarono mai nella sua ricerca sonora, in grazie alla musica da cui è partito tutto. Con l’inseparabile Gerry Mc Avoy al basso e Brendan O’Neill alla batteria, il power trio degli ultimi anni gallagheriani esplode così anche sul palco londinese di questi concerti, immortalati in un periodo che è più raro riascoltare dal vivo, quantunque sia il più recente della sua storia. Solo in un dvd della “Complete Rockpalast Collection”, 2005, ritroviamo qualche testimonianza dei suoi anni Novanta, mentre “All Around The Man”, 2023, giunge propizio a colmarne la lacuna, con un prodotto dal vivo mai secondo ai ritratti dei suoi palcoscenici migliori: coi precedenti storici degli anni Settanta, per esempio, si aggiungeva un tassello imprescindibile anche con “Stage Struck”, 1980, completandone ora il quadro dal vero, proprio con questo Live in London di dieci anni dopo.
Nemmeno il recente doppio “Check Shirt Wizard”, 2020, sopperiva alla mancanza, cogliendo ancora dettagli “solo” dai suoi più celebri anni Settanta. Godiamoci allora le ventitre tracce che Rory e compagni ci suonano in questo, che è un po’ anche il saluto che ci mancava e col quale ci piace ricordare l’ultimo Gallagher, quello che mai vedemmo dal vivo e che pure abbiamo immaginato spesso, nell’evoluzione dei suoi innumerevoli blues e canzoni, come ce li avrebbe restituite in questo o quell’altro concerto, come le avrebbe fatte in studio o alla BBC, alla radio o dal vivo, in Europa o negli USA (effimera parentesi di vittoria sulla paura di volare, regalataci all’ascolto del bel cofanetto “Notes From San Francisco”, 2011).
Non c’è la consueta presentazione dei citati live di cui sopra, l’urlo selvaggio che introduceva “Shin Kicker” in “Stage Struck”, ad esempio, ma “All Around Man” rompe subito le attese del pubblico in sottofondo e parte con “Continental Op”, da “Defender”. Saranno poi un alternarsi di brani da quel disco, assieme a tracce da “Fresh Evidence”, a renderci l’intensità delle serate, con Mark Feltham all’armonica e Geraint Watkins alle tastiere, impreziosite poi coi blues più classici come “Don’t Start Me Talkin’” di Rice Miller, con “Walkin’ Blues” di Robert Johnson, ma anche con le più ricercate “Ride On Red” di Louisiana Red o “Empire State Express” di Son House, nell’immancabile intermezzo acustico dei suoi live, a far di Gallagher un chitarrista completo. Sono quindi i cavalli di battaglia a cedere il passo nel secondo cd, mai nostalgici i travolgenti rock della scura “Shadow Play” o l’esplosiva “Shin Kicker”, le storiche “Messin’ With The Kid” o la penultima “Bullfrog Blues” di sempre, tirata ai limiti nel prosieguo di “All Around Man”: quasi un bonus, questa, per un “Live In London” di cui è anche la title track e un sempiterno arrivederci. E ancora Rory for ever!
Matteo Fratti
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