Un Folk Club di Torino esaurito, anche per i posti in piedi, ha sopperito al fatto che la prima volta in Italia di Rhiannon Giddens, fosse stata solo per una data, il 18 gennaio scorso, a cui non potevamo mancare. Si presentava in duo con Francesco Turrisi, polistrumentista torinese residente da tempo in Irlanda. La Giddens è musicista di classe, dotata di una voce di non comune limpidezza, della quale ha padronanza assoluta, oltre a suonare con disinvoltura vari strumenti a corda. La collaborazione con Turrisi nasce dall’affinità che hanno scoperto tra il tamburello e il banjo, portandola poi verso varie forme di musica folk, insieme colta e popolare, antica e attuale, eseguita con controllo e grande sintonia. La cosa avrà un seguito anche discografico, visto che a maggio la Nonesuch editerà il loro album “There Is No ‘Other’”.
“Ten Thousand Songs” è il loro primo passo, poi affrontano una contra-dance strumentale degli Appalachi e la tradizionale “Wayfaring Stranger”, suonata in punta di dita. Parla un buon italiano Rhiannon e interagisce spesso col pubblico, mentre accorda la viola o racconta divertita, prima che Turrisi si sieda al piano per un paio di pezzi dal suo ultimo lavoro, di come all’inizio non sapesse che il suo strumento principe fosse proprio il pianoforte, dato che lo conosceva come percussionista. Finiscono il primo set con una pizzica pugliese interpretata con grande perizia, con banjo e tamburello. Il solo estratto dal suo disco più recente, “Freedom Highway”, è un pezzo cui tiene particolarmente, tanto che la introduce con un breve discorso, “At The Purchaser’s Option”.E’un pregnante racconto ispiratole da un’inserzione ottocentesca sulla vendita di una schiava e della sua bambina di pochi mesi. Nello spaziare da tradizioni folkcloriche differenti ripescano “Mal Hombre”, canzone della tradizione tejana incisa nel 1934 da Lydia Mendoza, con dedica “a un certo nostro presidente”, in cui la Giddens si lascia trasportare dalla musica col supporto di Turrisi alla fisarmonica. Di grande impatto emotivo anche “Factory Girl”, una canzone tradizionale irlandese che Rhiannon ha riscritto colpita dalla notizia del crollo di una fabbrica in Bangladesh che causò la morte di oltre mille persone.
Ecco ancora “Little Margaret”, una ballata di origine antica, storia di un amore tragico e lo spiritual “When I’ll Get Home”, appeso all’accompagnamento ritmico del banjo e al bordone del tamburello, in cui il suo canto si fa accorato. Una sorpresa nel bis, Turrisi si siede al piano e accompagna Rhiannon in una versione di “E Se Domani”, cantata in modo impeccabile. Una serata per palati sensibili, un viaggio tra connessioni culturali e variegate etnie musicali a cui, senza polemica, è mancato forse del blues legato alla tradizione che nell’espressività di due musicisti come loro, di indiscutibile talento, sarebbe stato un valore aggiunto ad un ottimo concerto.
Matteo Bossi e Silvano Brambilla
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