L’associazione Jagoblues,presieduta da Gerard Doidy, da quasi vent’anni  organizza nel comune di Talant, situata accanto a Digione in Borgogna, serate blues con la presenza di artisti di valore. Lo scorso 21 la grande  sala del  complesso Marie-Thérèse Eyquem era affollata  di oltre seicento appassionati per il ritorno di John Mayall, ottantenne ancora arzillo e iperattivo, accompagnato da una sezione ritmica di impronta Chicago, Jay Davenport e Greg Rzab e dal chitarrista texano Rocky Athas. Mayall si destreggia come suo solito tra tastiere, chitarra e armonica, pescando da mezzo secolo di carriera, attacca con un pezzo di Freddie King “You Know That You Love Me”. Poi attinge  dal suo disco più recente, “Tough”, pezzi come  il rock“Nothing To Do With Love” e “The Sum Of Something” quest’ultima firmata da Curtis Salgado. Ma non mancano i classici quali “Parchman Farm” e una bella versione di “So Many Roads” di Otis Rush. La band lo segue con precisione, Athas ha qualche inflessione di “southern rock” negli assolo,  ma nell’insieme la band risulta ben amalgamata. Altri pezzi dell’illustre passato e degni di nota sono stati “Nature’s Disappearing” e “Walkin’ On Sunset”.

Non poteva ovviamente mancare “Room To Move”, dilatata con interventi solisti di ogni musicista,  con la quale chiude il suo set. Il pubblico invoca un suo ritorno e Mayall, visibilmente contento della risposta calorosa, non lo delude, omaggiando ancora  uno dei suoi bluesman preferiti, Otis Rush, con “All Your Love”. La sera seguente prevedeva addirittura tre gruppi, ognuno portatore di una forma diversa di blues. Si comincia con Toronzo Cannon; il  guidatore di bus di Chicago sta cominciando a farsi conoscere anche in Europa sulla scia dei suoi due dischi Delmark. Qui era accompagnato da un trio francese la Gas Blues Band. Il mancino Toronzo si dimostra un buon manico, ma il repertorio viaggia per la maggior parte su classici di Chicago blues e dintorni, da “Ti-Na-Nee-Na-Nu” a “Can’t Hold Out”. Niente male la sua rivisitazione di “As The Years Go Passing By”, piena di trattenuto lirismo. Dei suoi dischi propone in pratica solo “John The Conquer Root”  title track del suo recente CD. Tiene il palco con disinvoltura e non si risparmia nemmeno una passeggiata tra il pubblico, che peraltro dimostra di apprezzare; le poche copie del suo CD rimastegli, andranno a ruba dopo il concerto.

Toronzo Cannon – Foto di Matteo Bossi

Ritroviamo poi Otis Taylor, con i fidi Larry Thompson e Todd Edmunds, ma con in più la partecipazione per le prime date del tour europeo, della violinista Anne Harris oltre che del giovanissimo  chitarrista Taylor Scott. Otis propone subito “Blue Rain In Africa” e l’ormai celebre “Ten Million Slaves” poi chiede al pubblico di alzarsi e avvicinarsi al palco, quasi a rinsaldare il legame tra chi suona e chi ascolta. Di grande impatto visivo e musicale la Harris sia per le movenze di  felina esuberanza sia per le coloriture che dà ai brani col violino; tra un brano e l’altro accenna anche dei brevi i intermezzi solisti per il divertimento del pubblico e di Taylor stesso. Ormai conosciamo bene il suo repertorio, però ci si emoziona lo stesso a risentire “Rain So Hard”, e le splendide “Lost My Horse” e  “Think I Won’t”. Chiude regalando come bis un altro dei suoi classici, “Just Live Your Life”. Dopo Taylor ed il suo blues magmatico e denso, ci ritroviamo nelle atmosfere più controllate,  di Sugar Ray Norcia & Bluetones; la formazione schierava Monster Mike Welch alla chitarra, Anthony Geraci al piano e una ottima ritmica  formata da Neil Gouvin e Michael Mudcat Ward.  Norcia canta bene e la band, tutti veterani di lunga esperienza, suona con scioltezza e precisione, ci è sembrato maturato anche Welch. Buone interpretazioni di qualche originale dai suoi recenti dischi su Severn e classici come “Hoodoo Man” e una bella “My Love Will Never Die”. Appuntamento a fine giugno per la prima edizione del Talant Blues Festival!

Matteo Bossi

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