I North Mississippi Allstars mancavano da qualche anno dai palchi italiani, da quando erano di supporto al tour di Robert Plant del 2014, poi negli ultimi due anni il solo Luther era tornato per alcune date. Tra giugno e luglio rieccoli in Europa sulla scia del loro “Prayer For Peace”, uscito di recente su etichetta Sony Legacy.
L’unica loro apparizione nel nostro paese è avvenuta a Brescia il 23 giugno scorso, nel parco PalaBrescia, anteprima del festival Dal Mississippi Al Po, per una volta in trasferta dall’Emilia Romagna.
E’ stata una bella serata, fin dall’apertura affidata a Francesco Garolfi, chitarrista sempre bravo e di rara misura, la cui performance tra blues, boogie e ballate ha suscitato l’apprezzamento, in primis dei fratelli Dickinson. Luther e Cody avevano un ospite per questo giro, il batterista Brady Blade, sessionman molto richiesto, a formare un tappeto ritmico ancora più sostenuto, lasciando Cody a coprire le parti di basso. Luther, nonostante la tendinite al braccio destro, non si è risparmiato alla chitarra. Ci sono alcuni tratti che li hanno sempre distinti come band e che non hanno mai perso col tempo, e rivedendoli se ne hanno continue conferme. In primo luogo l’imprevedibilità, l’essere creativi anche con brani suonati mille volte, gli scarti, le accelerazioni, le digressioni. Questo comporta qualche rischio, a volte anche all’interno dello stesso brano la musica fluttua e si salda via via oppure trova all’improvviso una curva che tutti percorrono insieme. L’inizio è diseguale, però “Long Haired Doney”, ma soprattutto “61 Highway” (inserita in scaletta da Luther su gentile richiesta) sono vibranti e indicativi di come più passa il tempo e più loro stessi si siano resi conto di essere depositari di una tradizione e di un linguaggio, eredi di una cultura a rischio estinzione, che tengono in vita senza guardare solo indietro. Infatti la parentesi hendrixiana “Hear My Train A Comin’” è forse più scenografica che altre volte, bilanciata da una “Bird Without A Feather” o da un pezzo molto caro anche al padre Jim, “KC Jones” che lo apprese da Furry Lewis e lo incise sul suo esordio, trasmettendolo ai figli.
Se poi mettono nel carnet disinvoltamente episodi come “Stealin’” o “Deep Ellum” tratti proprio dal recente CD, Cody, che spesso doppia le parti vocali del fratello, imbraccia la chitarra a sua volta per lo strumentale “ML” e un omaggio a T-Model Ford, “Let Me In”. Potevano mancare “Going Down South”, “Shake” o “You Got To Move”? No, per fortuna. Ma siccome il divertimento, la generosità e il gusto di suonare sono un altro loro elemento chiave, eccoci accontentati con “Drinking Muddy Waters” in cui Luther con la cigar-box piena di citazioni saluta i presenti, in una calda serata quasi mississippiana, come un ideale bicchiere della staffa. A presto, e che l’attesa del loro ritorno non sia troppo lunga.
Matteo Bossi e Marino Grandi
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