Sono passati otto anni dalla prima edizione del Mojo Station Blues Festival e giunti quest’anno alla nona siamo riusciti finalmente ad assistervi grazie al gentile invito del suo organizzatore Gianluca Diana che ha proposto un evento di livello per la città di Roma così poco abituata ad ospitare del buon blues. Tenutosi all’Init Club al tuscolano dal 31 Maggio al 2 Giugno il festival ha visto avvicendarsi sul palco artisti stranieri e con piacevole sorpresa artisti italiani e romani! Si comincia il venerdì sera con i Tres di Livorno, power trio strumentale composto da Roberto Luti alla chitarra, Simone Luti al basso e Rolando Cappanera alla batteria. Diciamo subito che con un esperienza personale più che decennale sia in studio che live per tutti e tre i componenti e la sintonia che li contraddistingue sul palco e fuori il concerto non poteva che essere di una esplosività rara per questi tempi. Riproponendo il disco registrato in studio nel 2012 ‘Tres’, la sala si riempie da subito di puro rock/blues con il Cappanera a ritmare i brani con precisione e potenza al cubo e Simone Luti intento a fare da unione melodica con la stratocaster di Roberto che fa sentire tutti quanti i suoi sette anni vissuti a New Orleans. Da ‘Tres ninos’, ‘Pocket rocket, ‘Alpha dog’che si contraddistinguono per il ritmo sostenuto e il coinvolgimento del pubblico ai più soul come ‘504th Stone into the sea’, lunghissima bellissima ‘cantata’ in maniera splendida dalla chitarra del Roberto si assiste ad un concerto lungo e coinvolgente che ha mantenuto sempre alti sia il livello di attenzione del pubblico sia la tensione dei brani dove i musicisti partecipano sempre con trasporto dando l’impressione che con questo modo di suonare ogni volta propongano uno spettacolo diverso da quello precedente. Gia fondatore dei Bud Spencer Blues Explosion con Cesare Patulicchio, Adriano Viterbini ha intrapreso, per il momento la carriera di solista arrivando a incidere quest’anno un bellissimo album per solo dobro ‘Goldfoil’. Essendo romano e seguito da una schiera di appassionati che lo conosce bene la sala era piena come merita il personaggio che comincia proprio con una lunga versione di ‘Immaculate conception’ brano numero uno del nuovo disco e subito ci immergiano in suoni lontani e profondi che ricreano scenari cupi del delta tanto è vero che il brano ci ricorda immediatamente le atmosfere di ‘Dark was the night cold was the ground’ di B.W. Johnson. A seguire altri brani sempre dall’ultimo lavoro come ‘No name Blues’ con un bel tempo ritmato, ‘Style-O-blues’ ancora più veloce e tecnica che conferma le qualità del nostro in uno strumento così difficile come il dobro e ‘Stella South medley’ un mid tempo ritmato, molto bella. A metà set imbraccia anche una chitarra elettrica che non cambia il giudizio positivo sull’intero concerto.
Un bell’esempio di blues suonato magistralmente e con passione.Il terzo ed ultimo appuntamento della serata ci presenta Giulio Allegretti in arte Spookyman, giovane one man band romano con alle spalle esibizioni in mezza europa tra cui Francia, Portogallo, Germania e Austria accompagnato alla batteria da Alessandro Pieravanti. Si accompagnato perché Spooky si era esibito in un piccolo palco esterno già nel pomeriggio rigorosamente da solo con dobro, grancassa al piede destro, tamburello a quello sinistro e voce mentre come dicevamo la sera sul palco con l’amico Pieravanti. In tutti e due i casi abbiamo avuto la conferma delle qualità musicista sempre attento a non strafare e con una bella voce ferma che alterna brani originali come ‘Breaking up blues’, ‘Aunt blues’ ‘October song’ e forse quella più riconoscibile ‘Oh Loren’, a cover come ‘My babe’ e ‘Got my mojo working’ con cui conclude l’applauditissima esibizione. Sempre bravo Giulio che migliora anno dopo anno il suo feeling e speriamo presto in un suo disco. Nata e cresciuta nel deserto del Sahara Occidentale, ma residente a Barcellona da una decina anni Mariem Hassanè stata definita la voce blues del deserto e quindi con grande curiosità che accingiamo a seguire il suo spettacolo. Diciamo subito che la particolarità della sua musica è quella di avere come base le classiche sonorità della sua terra di origine ma di aver aggiunto alle sue composizioni contaminazioni occidentali, sia strumentali aggiungendo chitarre elettriche, sia nelle melodie dando loro un sapore spesso blues e a volte anche jazz. A questo proposito ci sarebbe piaciuto fare qualche domanda alla Hassan ma purtroppo per vari motivi non è stato possibile, speriamo in un prossimo incontro. Il concerto attrae subito per i suoni che i musicisti creano dai loro tidinit, liuti artigianali e tebales a cui si aggiunge una chitarra elettrica e per i brani cantati dalla originale voce dell’artista che spazia dai suoi successi storici come ‘Addumua’, ‘Almalhfa’ ‘Arab spring’, Gdeim izik’ con un piccolo intermezzo che spesso Mariem propone in coppia con la percussionista suonando le tebales e al tempo stesso accompagnando il brano con il movimento della testa e delle braccia in perfetta sincronia nello stile arabo più classico.
Il concerto poi prosegue con i brani dell’ultimo disco e la gente a ballare e applaudire fino alla fine. Se è vero che il blues si suona oramai in tutto il mondo forse un giorno assisteremo a un festival del blues nordafricano, che sia un nuovo ‘incrocio’ per la musica del diavolo? Il secondo appuntamento della serata prevede gli scatenati Dead Shrimp che riportano il pubblico ai suoni originari del blues. In giro da tre anni, Alessio Magliocchetti, dobro, Sergio De Felice. voce, campane e catene, Gianluca Giannasso, batteria, washboard e cori, tutti di roma ci fanno subito capire che la loro passione è proprio il Delta del Mississippi ai primi del ‘900. Si comincia con ‘Chained’, brano da loro composto, con un bel ritmo tenuto bene dalla chitarra, dalla batteria e dalla lunga catena che il cantante comincia a battere sul palco, poi ‘Devil in my head’ sempre loro sempre con un bel ritmo, passando poi per varie cover di McDowell, B.W. Johnson e Bobby Grant ed ancora brani originali tra i quali ‘Woman’, ‘Mary’ e ‘The rambler’. Grande sorpresa quando poi a meta esibizione si è unito al gruppo Roberto Luti elettrizzando ancora di più la serata scatenando anche una battaglia di chitarre con il Magliocchetti. Uno spettacolo di puro blues acustico profondo e coinvolgente suonato con il sentimento vero, perché vedere dei ragazzi che amano e si dedicano con passione a questi suoni così lontani a noi, non solo nella distanza ma anche nel tempo, non fa che rassicurarci sulla longevità di questa musica così emozionante. La serata finale del 2 Giugno è all’insegna del Hill Country blues e ha come protagonisti alcuni dei suoi più grandi esponenti. Apre il concerto Davide Lipari One Man 100% Bluez che purtroppo non siamo riusciti a seguire a causa della contemporaneità con le interviste che avevamo in programma con i musicisti Americani. Il concerto poi riprende all’interno del locale dove Lightnin’ Malcolm si esibisce con numerosi pezzi propri lasciando spazio alla sua vena creativa più che ai classici. Eccezionale la sua performance che non lascia momenti vuoti e mischia l’anima delle colline con una musica più introspettiva e personale. Inizia con “Young Woman Old Fashioned Ways” e “Dellareesa” seguita a ruota da una rivisitazione di “Crawlin King Snake Blues” che Malcolm esegue in maniera decisamente originale. Invitato sul palco sale in scena Marco Pandolfi che con l’armonica accompagna Malcolm nei classici “So Many Women” e “Poor Black Mattie”. Il musicista poi riprende in solitaria eseguendo “So Much Trouble” e una versione decisamente ben riuscita di “Stop Fightin’ Over Me”. Seguono poi “Come Go with Me” e “Money” ed infine la performance si conclude con una splendida “My Lifes a Wreck” dove il musicista dimostra l’enorme crescita musicale fatta negli ultimi anni.
Viene poi il turno di Robert Belfour che accompagnato alla batteria da Lightnin’ Malcolm esegue alcuni pezzi classici. Nonostante il talento del musicista la performance risulta essere decisamente sotto tono, probabilmente a causa dell’età e di qualche bicchiere di troppo. Anche la scelta dei pezzi lascia un po’ delusi i numerosi fan che erano accorsi per seguire la sua esibizione. Belfour inizia con una versione mononota di “Poor Boy” seguita da “You Got Me Crying” dove la lunghezza dei pezzi risulta essere quasi fastidiosa. Seguono poi le più convenzionali “Got My Mojo Working” e “Smokestack Lightnin'” dopo di che a causa della stanchezza il veterano è costretto a lasciare il palco ai Left Lane Cruiser che chiudono la serata con un punk blues decisamente potente e coinvolgente. Aprono con “Feel Like Going Home” di Muddy Waters e proseguono con il celebre riff di chitarra di “Money For Nothing” dei Dire Straits seguito a ruota dal brano “Wash It”. Proseguono poi con “Cheyenne” e la celeberrima “Goin’ Down South” eseguita con un ritmo veramente incalzante. E’ il turno di “Pork n’ Beans” e “Skinny Woman” dove il duo si scatena dando il meglio di se. A questo punto sale sul palco anche Lightnin’ Malcolm e seguono “Jumper On The Line” e “All Night Long” due pezzi di una intensità incredibile dove l’immersione nelle hills è praticamente totale. Il concerto si conclude con “Mr. Johnson”, “Big Mama” e “Hillgrass Bluebilly” tra cui le prime due eseguite con particolare enfasi. Nonostante la performance di Belfour decisamente sotto tono la serata è stata ugualmente un successo. Ottima è stata anche la scelta dei musicisti che hanno ripercorso la storia dell’hill country blues dalle origini fino alle varianti più moderne e contaminate. Un complimenti agli organizzatori che hanno saputo dare spazio ad un genere sempre più diffuso a livello mondiale ma che in Italia è ancora largamente sottovalutato. Nonostante alcuni problemi tecnici con l’audio durante la prima parte della serata e una acustica non delle migliori il Mojo Station esce a pieni voti da questa edizione, in attesa di nuove sorprese per il 2014! A presto.
Marcello Ceselli, Michele Paglia e Giacomo Lagrasta
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