Little Brother Montgomery - No Special Rider Blues cover album

L’etichetta inglese di John Stedman ripropone questo valido “No Special Rider Blues”, disco dal vivo di Little Brother Montgomery risalente al 1980, durante una serata al Club 100 di Londra, pubblicato all’epoca sotto un altro titolo, “Tishomingo Blues”.

Seppur forse non essenziale nella discografia di Montgomery, lui che ha avuto una lunga carriera cominciata negli anni Trenta. Cresciuto suonando sin da giovanissimo tra le cittadine della Louisiana nativa, New Orleans, poi per un periodo a Jackson, Mississippi e quindi a Chicago, Eurreal Wilford Montgomery era un pianista molto versatile e talentuoso, muovendosi con agio totale tra jazz, boogie, barrelhouse e blues.

Numerose sono le sue incisioni prebelliche, a partire dalla molto influente “Vicksburg Blues” per la Paramount o altri 78 giri per la Bluebird. Stabilitosi definitivamente a Chicago, la sua attività è proseguita sia come sessionman apprezzato (per la Cobra ad esempio) sia come titolare di album su Bluesville, Riverside, Folkways, Adelphi o Storyville, per citarne solo alcune.

Ci si potrebbe domandare cosa aggiunga l’ascolto di questo live alla figura di un artista nell’ultima parte della sua parabola, sarebbe infatti morto nel 1985. Oppure a chi si rivolga questa ristampa. Noi crediamo che l’interesse di questo disco, oltre che nel valore intrinseco della performance, risieda proprio nel viaggio all’indietro nel tempo che Little Brother Montgomery ci propone, nella sua storia e nella storia del pianoforte e dei suoi mutamenti nel corso del secolo scorso. Sono due elementi che finiscono quasi per coincidere considerato gli anni che ha attraversato e la vastità del suo repertorio.

Per avere un’idea più precisa, basti pensare che brani come  “12th Street Rag” e “Tishomingo Blues” risalgono rispettivamente al 1914 e al 1919 e dunque LBM li masticava, con tutta probabilità, già nell’adolescenza. La performance londinese è raccolta, quasi intimista, solo lui ed un piano per una serie di pezzi, strumentali o cantati con la sua voce ora più divertita ora invece venata di malinconia. Nelle nuove versioni di suoi piccoli classici quali “Farish Street Jive” o “Shreveport Farewell”, c’è tutta l’esperienza di una vita e ci si trova subito ad immaginarle come colonna sonora di un film in bianco e nero di Woody Allen.

Per i cultori dei pianisti blues, siano essi semplici ascoltatori o musicisti, questa ristampa JSP, dal suono ben rimasterizzato (con un brano in più rispetto al vecchio LP, “St Louis Blues”), è senza dubbio alcuno, da tenere in considerazione. Per classe e varietà stilistica Mongtomery resta, ancora oggi, un artista di grande rilievo.

Matteo Bossi

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