Siamo andati al concerto delle Larkin Poe, le sorelle Lovell, Rebecca (chitarre e voce) e Megan (lapsteel e voce) da Atlanta,Georgia, accompagnate da basso (Tarka Layman) e batteria (Kevin McGowan), perché attratti con la stessa modalità, come per la prima volta in Italia, di Fantastic Negrito, un video promozionale su youtube nella versione di un ruvido blues. A volte dal vivo c’è l’effetto “sorpresa” e, nel caso delle due sorelle, non ha sortito del tutto quello che noi pensavamo, una buona dose di blues, anche contaminato, ma riconoscibile.
Negli Stati Uniti stanno diventando delle celebrità della musica, salite alle cronache soprattutto dopo una collaborazione con Elvis Costello. Sono nate musicalmente con il bluegrass come Lovell Sisters insieme all’altra sorella, la più grande, Jessica, ma poi un avvicinamento ad alcuni importanti nomi della scena rock americana, ha portato le sorelle ad un cambio di direzione e di assetto, l’abbandono della sorella maggiore e la ripartenza come Larkin Poe. Da una condizione acustica o semiacustica sono dunque passate ad un rock elargito con sostanziose dosi elettriche. Togliamo per un momento l’attenzione su di loro, per metterla su chi ha aperto la serata, un duo italiano chiamato Superdownhome, formato da Henry Sauda voce e chitarre, e Beppe Facchetti batteria, che è entrato a far parte dell’ampia coalizione del blues nostrano, con palese e legittime aspirazioni internazionali già con il disco d’esordio “Twenty Four Days” che vede la presenza di Popa Chubby, il quale si è reso disponibile a produrre il prossimo disco.
Il duo vuole essere fedele al nome che si è dato, cercando di proporre sonorità grezze e immediate, guardando anche a qualcuno come Seasick Steve, ma con ancora delle incertezze in alcuni passaggi, come se essere solo ruvidi o aprire a qualche variante. Va dato atto che eccetto una tiratissima versione di “Shake Your Money Maker”, e “Stop Breaking Down Blues”, il tempo a disposizione è stato impiegato per proporre pezzi autografi tratti dal suddetto disco. Con un veloce cambio palco e accolti da una ovazione ecco le Larkin Poe, che da subito hanno scaricato sul pubblico robuste dosi elettriche gestite con piglio sicuro e aggressivo dalla voce e chitarre di Rebecca e da una lapsteel strapazzata di Megan, mentre basso e batteria si sono dimostrate un po’ troppo legnose, ma il rock prevede anche questo. Le giovani sorelle sono già “adulte” per il palcoscenico, sanno gestire il concerto, sanno perfettamente cosa e come stanno suonando, chiacchierano tra un pezzo e l’altro, si incitano fra loro e il pubblico e vanno avanti a scaricare massicce dosi elettriche coprendo in quel modo anche una versione poco originale di “Preachin The Blues”, una delle quattro cover di blues, seguita con lo stesso trattamento anche per “Black Betty”.
Molti pezzi autografi sono tratti dal recentissimo “Venom & Faith”, come “Bleach Blond Bottom Blues” e “Black Echo”, qua e là emerge una certa ripetitività, soprattutto ritmica, c’è spazio anche per una versione non aggressiva e dunque apprezzabile, di “Hard Time Killing Floor”. Tra le cose migliori “Mad Hatter Blues” sul tema, poco frequente, delle malattie mentali, con riferimento a quanto successo ai nonni. Il canonico bis è una buona sorpresa, hanno abbassato i volumi, le sorelle e i due musicisti si sono messi vicini per una “Come On In My Kitchen” (Robert Johnson) in formato elettroacustica. Per le Larkin Poe è stato il concerto di esordio in Italia, torneranno per due date a Marzo del 2019 a Milano e Ravenna.
Matteo Bossi Silvano Brambilla
Comments are closed