Accompagnato da un trio molto affidabile costituito da Marco Fuliano e Gabriele Dellepiane come sezione ritmica e da alle tastiere, Kirk Fletcher cantante e chitarrista californiano ha suonato per diverse date in Italia. Lo abbiamo visto all’opera il 30 luglio scorso nel cartellone del Black & Blue Festival di Varese, nella tensostruttura allestita presso i giardini estensi.
Kirk ha portato avanti per anni l’attività di sideman al servizio di altri (Musselwhite, Fabulous Thunderbirds, Mannish Boys, Joe Bonamassa… per citarne solo alcuni), ad una produzione solista fattasi più regolare negli ultimi anni. Da qualche tempo vive in Svizzera, da qui la maggior facilità di spostamento in Europa in questa estate caratterizzata, purtroppo, ancora da incertezze e limitazioni.
Il pubblico ha risposto abbastanza numeroso e il concerto non delude gli appassionati di blues e nemmeno, ovviamente, quelli di chitarra, Fletcher è infatti un ottimo musicista, conosce a fondo il linguaggio del blues e ne dà prova con fraseggi articolati, in cui tecnica e vissuto viaggiano di pari passo. La band lo accompagna puntuale e senza sbavature, con particolare menzione al tappeto sonoro imbastito dalle tastiere di Bonivento, sovente in dialogo con la chitarra del leader.
Parte da “I Got The Right To Sing The Blues” per poi attingere al suo più recente lavoro, “My Blues Pathway”, uscito lo scorso anno, pezzi quali l’ottima “Struggle For Grace”, dai toni quasi jazzati, “l’ho scritta in un momento di frustrazione”, dice introducendola. Oppure “I’d Rather Fight Than Switch”, un pezzo di A.C. Reed che tiene a dedicare a Buddy Guy che oggi compie ottantacinque anni.
Non mancano nemmeno alcuni brani strumentali, “Natural Anthem” oppure “El Medio Stomp”, condotti con mano sicura. Fletcher inserisce in scaletta anche un pezzo lento di Percy Mayfield e poi una ripresa di “Congo Square”, coi suoi ritmi sincopati, ci trasporta verso New Orleans, un brano che già aveva proposto nel suo unico album per la Delta Groove, una decina d’anni fa.
Fletcher è cresciuto anche come cantante ed anche come autore sta trovando una sua chiave personale, combinando talvolta elementi soul nelle ballad a più classici sentieri blues. Indiscutibile la padronanza allo strumento, capace sia di passaggi lirici sulla scia di B.B. King ad altri riferimenti meno palesi ma indice di approfondita e sedimentata conoscenza. Il pubblico dimostra di gradire e alla fine lo richiama per un bis.
Un set piacevole, che conferma la maturazione di Kirk Fletcher e la professionalità dei musicisti italiani che lo hanno accompagnato.
Matteo Bossi
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