Etichetta: Continental Blue Heaven/CRS (EU) – 2022 –
Spunta come un raggio di sole, anticipazione sul crinale del 2022, quest’album che risuona all’alba di un anno nuovo, apprezzabile blues che incontra l’animo soul in un festoso abbraccio dal titolo quasi scontato, ma che pure incarna il cuore della musica nera in ogni sua sfaccettatura.
“Going Back To Mississippi” però, licenziato da Johnny Rawls, non mostra alcun intento di lasciar la strada vecchia per quella nuova, il suo ritorno a casa è puro spirito, insito nella fedeltà a sé stessi. Visto che anche dopo più di una ventina di dischi, dalle soglie del nuovo millennio a oggi, la sua musica pare non aver mai mostrato di cedere il passo, mantenendosi su quel passaggio di frontiera tra una chitarra elettrica più blues e il contraltare ritmico degli ottoni, a galleggiare su di un tappeto d’organo, commistione più esplicita d’animo e ritmo in quel che di natura gli è più consono.
Ed è un connubio transoceanico, quel che giunge alle risultanze di questa decina di tracce, intense come le strade musicali che lo hanno condotto al suo stile, figlio della musica di Albert King, Bobby Bland, Otis Clay e delle collaborazioni con Z.Z. Hill o Joe Tex, fintanto che al presente il supporto alle sue spalle fruisce di una band italo – tedesca, con produzione italo – americana e una registrazione in gran parte danese e in parte in Ohio.
Con lui ci sono infatti l’ “hammondista” torinese Alberto Marsico, a coadiuvarne anche la produzione, mentre la band ha il marchio turco – tedesco degli Ozdemir, i fratelli Kenan e Levent (chitarra e batteria) e il padre Erkan (basso). Il resto è farina del suo sacco, un imprinting autenticamente bluesy, assieme a qualche comparsata come quella dell’amico chitarrista Elvin Bishop in “Straight From The Bottle”, o della speciale ospite Ramona Collins nelle voci di “Your Love”.
Basterebbero questi due brani, ad esempio del suono americano di Johnny Rawls, ma che pure nel respiro internazionale del sostrato sonoro a coprirgli le spalle, evoca un sound di urbanizzazione della provenienza mississippiana, tanto brillantemente evocativa nelle atmosfere dell’ultima di cui sopra, quanto potentemente funk nel lavoro con Bishop. C
osì come è sì un invito al movimento inarrestabile della testa l’incredibile groove danzante della title – track, tanto quanto “If You Ever Get Lonely” è il dolcissimo sussurro mancato a Barry White.
Gioca su quest’alternanza di sensazioni, l’esperienza di Johnny Rawls, e tra il ritmo, la festa e l’intimità, ci regala un altro disco godibilissimo, che solo un navigato “soul-blues”-man può fare.
Matteo Fratti
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