JIMMY JOHNSON 1928-2022

Se ne è andato, in questo malinconico inizio 2022, anche James Earl Thompson, decano degli artisti di Chicago Blues, alla venerabile età di novantatre anni. Jimmy era un artista e una persona particolare. Bastava parlarci per pochi minuti per coglierne simpatia, acume e lucidità, tutti aspetti che riversava nella sua musica, come sanno bene musicisti e appassionati di blues. Era una figura dalla traiettoria artistica singolare, se pensiamo che il suo primo vero e proprio Lp solista, lo splendido “Johnson’s Whacks”, lo incise per Delmark, già cinquantunenne nel 1979. Eppure, la musica lo aveva affascinato fin dall’infanzia ad Holly Springs, Mississippi, come ci raccontò durante una divertente intervista nel 2014 (Il Blues n.131). Fu il primo della sua famiglia a trasferirsi a Chicago e farsi strada lavorando come saldatore. E’ solo verso la fine degli anni Cinquanta che si mette ad imparare a suonare la chitarra, anche sulla scia del successo del vicino di casa Magic Sam. Due suoi fratelli più giovani sono a loro volta musicisti, Mac Thompson bassista e Syl Johnson grande voce in ambito R&B/soul. E proprio in questo settore trova ingaggi come sessionman, al servizio di gente come Denise LaSalle, Otis Clay e pubblicando un paio di singoli a suo nome. Ad inizio anni Settanta però la scena di Chicago soul ristagna un po’ e Jimmy si mette a guidare un taxi, pensando che la musica sia un’esperienza terminata. Ed arriviamo al 1974 quando, complice una chiamata di Jimmy Dawkins che gli propone un ruolo di secondo chitarrista nel suo gruppo, Chicago perde un taxista e il mondo guadagna un bluesman di assoluto valore. Seguono due anni con Dawkins e poi le prime occasioni di incidere da solo grazie alla “signora francese”, come ci disse, Marcelle Morgantini e alla sua etichetta MCM. I suoi pezzi nell’antologia “Living Chicago Blues” ne rivelano definitivamente la statura e Jimmy si afferma con una coppia di ottimi album su Delmark, come autore originale, cantante dalla voce tinta di gospel e chitarrista fluido e creativo. Negli anni Ottanta è spesso in tour in Europa, soprattutto in Francia, dove registra il notevole “Heap Sea” per Blue Phoenix (poi ripreso per il mercato americano da Alligator). Rimessosi da un brutto incidente in cui persero la vita due membri della sua band, Jimmy dirada le sue sortite in studio, solo tre nelle due decadi seguenti, di uno in coppia col fratello Syl, non è nemmeno troppo soddisfatto. Quando lo intervistammo si disse restio ad incidere di nuovo, ma siamo contenti che Julia Miller ed Elbio Barilari, nuovi proprietari della Delmark, lo abbiano convinto a registrare “Every Day Of Your Life”, uscito ad inizio 2020. Jimmy ci regala un bellissimo disco, la voce è intatta e inconfondibile, con la chitarra continua a dipingere arabeschi sui blues in minore, come “Somebody Loan Me A Dime” o una toccante “Lead Me On” solo al piano. Forse ha davvero messo in pratica quello che cantava nella canzone titolo, “Vivi ogni giorno della tua vita come se fosse l’ultimo, perché uno di essi lo sarà”; di sicuro Jimmy ha vissuto circondato dalla musica fino all’ultimo e da persone che gli hanno voluto bene. Gli appartiene di diritto un posto tra i nostri ascolti e i nostri ricordi.

Matteo Bossi

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