The Cold Stares sono quasi venuti fuori dal nulla, prima due poi tre ragazzi che sparavano il loro rock blues contro tutti, senza preoccuparsi dell’effetto che poteva procurare, e senza prendere esempio da nessuno come ci raccontano in questa intervista. No filter si potrebbe dire, perché quello che vogliono è solamente suonare la loro musica, prova ne sono i tanti video live con cui riempiono la rete, registrati in posti di fortuna ma tutti sempre estremamente accattivanti. Non sappiamo quale sia il loro segreto, non ce lo hanno rivelato, la Mascot Label di Pat Scalabrino li segue e supporta egregiamente, e grazie a loro siamo riusciti a fargli qualche domanda, sperando di non aver toccato degli argomenti scottanti!

D – Da dove viene il nome della vostra band “Cold Stares” e cosa significa per voi?

R – La prima volta che abbiamo suonato come duo, io avevo con me un sacco di amplificatori, e credo che la gente si aspettase qualcosa di diverso visto che eravamo solamente in due, ma abbiamo davvero suonato forte, un vero muro del suono, per questo quando Btian mi ha chiesto secondo me cosa ne pensasse il pubblico, io ho detto che ci hanno lasciato delle occhiatacce, erano a bocca aperta, ed i loro sguardi erano gelidi, e’ sicuramente venuto da loro, dall’essere letteralmente sconvolti da quello che non si aspettavano, non credevano che potessimo fare tutto quel baccano essendo solo in due, e quel nome alla fine ci è rimasto attaccato addosso.

D – Avete cominiciato come un duo, Chris e Brian, quali sono state le vostre ispirazioni? Avevate qualche altra band o duo come modello a cui guardare?

R – No non abbiamo mai guardato a nessun altro duo, non ci hanno mai interessato ad esempio i Black Keys o i White Stripes, perché non hanno un bassista ed io ho sempre pensato che il basso mancasse. La prima cosa che abbiamo fatto è stata di capire come potessi suonare anche le linee di basso con la chitarra in maniera tale che non si sentisse troppo che in effetti mancava proprio il basso quando suonavamo dal vivo. Quando la gente viene a vederci rimane sempre sorpresa che siamo solamente in due anche se il nostro sound sembra quello di una band di quattro elementi. Le nostre ispirazioni musicali vengono sicuramente dal blues dei primordi del rock degli anni ’70, ma anche da songwriter come Bob Dylan e Johnny Cash, tutto mescolato e inserito nel nostro sound, ma tutto trannne i duo.

D – Perché la decisione di diventare un trio con Bryce?

R –Alla fine avevamo pensato di aver dato tutto quello che potevamo nei cinque dischi precedenti, e come chitarrista sentivo di essere cresciuto, e volevo andare oltre e poter suonare gli assolo sia in disco che dal vivo, e non volevo che le nostre performance soffrissero dal fatto che eravamo solo in due.  In questo periodo Bryce alla finalmente era disponibile. Volevo anche dedicarmi alla parte vocale, sia per la scrittura che per le incisioni. Così abbiamo voluto e potuto diventare finalmente un trio, e Bryce al basso è davvero fantastico.

D – Quale è l’influenza blues nella vostra musica?

R – Il blues è sempre stata l’influenza principale soprattutto per me, quando ero un ragazzino, gli amici della mia famiglia avevano dei figli che ascoltavano  la musica degli anni ’70, in particolare JimI Hendrix, e quello in particolare ha avuto una grande influenza su di me. Quando ero davvero piccolo, ascoltavamo la musica dei nostri genitori, e andando a ritroso ascoltavo Jimi ed Eric Clapton, e quello mi ha permesso di scoprire gente della vecchia guardia come Son House, Bukka White, Robert Johson, Blind Willie Johnson, sono stati di grande ispirazione, ed è una gioia per me ascoltarli e studiare il loro modo do raccontare storie e di scrivere canzoni. Il blues più di qualunque altra musica ha avuto una grande influenza sul mio modo di scrivere le canzoni.

The Cold Stares - Chris - Il Blues Magazine

Photo credit: Alex Morgan Imaging

D – Pensate che partendo dalla tradizione sia possibile evolversi e portare la musica con cui siamo cresciuti ad un altro (come ad esempio la vostra esperienza con il videogame Cyberpunk 2077)?

R – Si assolutamente. Non credo che esista un punto nel suonare musica in cui si rimanga solamente nella tradizione e non ci si muova in avanti, a meno che tu sia una band di karaoke, e non fai nulla di nuovo. Non penso che ci sia un punto in alcun tipo di musica in cui riesci a dire veramente qualcosa di tuo senza spostarsi oltre la tradizione. I tipi che ho sempre ammirato hanno sempre cercato di fare qualcosa di diverso. Muddy Wayters non suona come Robert Johnson e Jimi Hendrix non suona come Muddy Waters, anche se hanno delle somiglianze, e il nostro obiettivo è proprio quello di assomigliare a coloro che ammiriamo, ma di portare la musica ad un altro livello ed in un altro posto. Altrimenti saremmo come molte band che suonano “blues” ma in pratica copiano solamente le stesse cose che Muddy Waters suonava. Non hanno molto rispetto per i loro idoli. Stanno solamente copiando qualcuno e non stanno facendo molto come artisti.

D – Siete originari del Kentucky ed ora vivete in Indiana, com’è la scena blues (rock) nella vostra zona?

R – Non c’è propriamente una scena musicale nella nostra zona. Detto ciò ci sono un paio di tipi che hanno raggiunto la notorietà e che suonano blues, come ad esempio Boscoe France che ha anche visto il contest chitarristico lanciato da un negozio di chitarre. Oppure Chris Knight, cantante country. Di queste parti ci sono artisti come gli Everly Brothers, in questa zona c’è molto country, John Mellencamp. Abbiamo molti più songwriters che bluesman qui. Ma siamo a 3 ore a  nord di Memphis e due ore da Nashville, direi che simo molto più influenzati dalla musica del sud piuttosto che dalla scena dell’Indiana.

D – Sul vostro canale youtube ci sono un sacco di fantastici video live, come mai questa scelta? Forse preferite un approccio diciamo più “analogico”?

R – Abbiamo molti video da parte dei nostri fan, e solamente nell’ultimo periodo  abbiamo fatto alcuni video in studio in cui suonavamo dal vivo, perché pensiamo che sia importante di mostrare ai nostri fan come suoniamo dal vivo e che non ci dedichiamo solo alle registrazione, ed ovviamente la dimensione live ha molta più energia e vibe anche degli album. Mi piaccimo molto alcuni video come “Throw That Stone” o “Prosecution Blues”, i video animati, ma credo sempre che sia importante mostrare che si è in grado di esibirsi dal vivo, soprattutto in questo genere musicale.

D – Pensate che il rock blues possa ancora attirare le giovani generazioni oppure sono solamente orientate verso la musica “hip hop/trap”?

R – Negli states siamo soprassaturi di rap e country, è davvero terribile.  E la “vera” musica come il blues ed il rock è lasciata da parte. Credo che in Europea, anche se non siamo ancora stati in Italia, ma negli altri posti in cui siamo stati, credo che l’attenzione sia ancora focalizzata su musica con strumenti veri, come il blues, il rocke o il jazz. Penso che ci siano ancora molte possibilità di attirare i giovani verso il blues ed il rock. Penso che i giovani si innamorino ancora della chitarra come strumento, almeno così è stato negli ultimi 4 o 5 anni, molti di questi giovani gravitano attorno al nostro tipo di musica. E credo che l’opportunità di aver messo la nostra musica nel videogame Cyberpunk sia stato importante, accanto ad altri generi, siamo stati gli unici a rappresentare il blues ed il rock con un paio di canzoni, è stato davvero forte. Penso che ci siano ancora molte possibilità, credo che l’importante sia di riuscire ad entrare nel mondo dei film, dei serial TV e delle pubblicità, in questo modo si riuscirà a raggiungere un pubblico più ampio.

D – E’ uscito il vostro nuovo disco, “Voices”, quel è la “storia” che ci sta dietro (se c’è una storia.. )?

R –  “Voices” in fondo vuol dire diverse voci, diversi stili. Volevamo davvero fare questo disco e pensiamo che ogni canzone possa parlare direttamente di se come ognuna fosse una storia un film diverso, “Heavy Shoes” è davvero una grande canzone,  è quasi una singola voce diversa in tutto l’album, anche se sono tutte particolari, ad esempio “The Joy” è molto diversa da”Throw That Stone”, che è molto diversa da “Lights Out” o da “Nothing But The Blues”, volevamo un album che ci portasse in posti diversi come quei dischi con cui siamo cresciuti e che amiamo molto. Abbiamo cercato davvero di far avere ad ogni canzone la sua propria voce, con tutte le sue variazioni del caso.

The Cold Stares - Bryce - Il Blues Magazine

Photo credit: Alex Morgan Imaging

D – Da ciò che ho ascoltato  il vostro sound è più legato a quello di un power duo/trio, con davvero molta energia. C’è una scelta volontaria nel suonare solamente poche ballate o lenti oppure nei vostri concerti  è dicverso (purtroppo non vi ho mai visto da vivo..)?

R – Negli USA per la maggior parte del tempo devi avere più energia e più volume,  perchè la gente sta parlando e bevendo, e quindi devi continuare ad essere potente ed essere sempre in movimento, in questo modo si riesce a mantenere alta l’attenzione del pubblico. In Europa invece le persone vengono più per ascoltare, e ci sono più opportunità di suonare delle ballate e dei brani più tradizionali,  per cui siamo più aperti,  ma stiamo cercando di inserire nella parte centrale del concerto una sezione acustica, perché l’abbiamo già fatto in alcune trasmissioni radio e in esibizioni speciali nei negozi di dischi e sembra funzionare bene. Cerchiamo di accompagnare i nostri ascoltatori in un viaggio con i suoi alti e bassi, ma negli States è piuttosto difficile, specialmente nel midwest, devi mantenere continuamente la connessione con il pubblico.

D – Sono molto interessanti le vostre influenze country & western in canzoni come “Throw That Stone” o “Sinnerman”, come mai questa scelta?

R – Il west, specialmente negli USA, è sempre stato un elemento principale nel mio modo di scrivere canzoni, amo profondamente quella parte della nostra nazione, la mia famiglia è in Texas, sono cresciuto guardando film western, sono molto legato al south west ed ho sempre cercato di inserire questa passione nelle mie canzoni. Oltre a questo non ci sono molte band che mescolano blues e  rock, con i temi western, non country ma proprio western, e penso che per noi sia una grande opportunità di costruirci una nicchia diversa da quello che si può ascoltare in giro. Con videogames come Red And Redemption e la popolarità di alcuni show western, film e serial TV,  ci da l’opportunità di unire la nostra musica con qualcosa che è molto in voga di questi tempi. Ed io amo davvero tutto ciò che è southwestern.

D – I vostri video hanno quasi un sapore “vintage”.. E’ per caso legato ai vostri idoli musicali?

R – Si certamente, ci inchiniamo sempre davanti ai nostri idoli, noi mostriamo le nostre influenze, da dove veniamo e le cose che ci piacciono, forse per questo hanno un sapore “vintage”. Non sono un grande fan di tutte le cose che sono moderne, credo che non ci sia abbastanza rispetto per chi ha fatto la storia della musica e di tutti coloro che sono venuti prima di noi. Penso che si debba essere grati a tutti coloro che hanno creato il rock and roll ed il blues. Non puoi pretendere di non esserne stati influenzati, come alcune band, ad esempio i Greta Van Fleet.  Penso che se fai qualcosa di vintage o che hanno un vibe la cui influenza viene dal passato dovresti semplicemente riconoscerlo ed essere onesto e dire “si sono stato influnezato dai led Zeppelin, o dai Black Sabbath o i Cream”.

D – State progettando un tour anche in Italia?

R – Si ci piacerebbe molto, abbiamo avuto un grande successo con “In The Night Time” nelle radio italiane, e un altro paio di canzoni, purtroppo il nostro tour  e’ stato cancellato a causa del Covid ma speriamo di arrivare per la primavera del 2024. Abbiamo molti fan italiani, ogni settimana riceviamo da loro molti messaggi, e anche se al momento è difficile con l’aumento dei costi pensiamo di organizzare un tour il prossimo anno. Grazie dell’opportunità e speriamo di vederci presto in Italia, un saluto da Chris!

 

Davide Grandi

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