Ana Popovic
La talentuosa chitarrista serba ha un forte legame con l’Italia e, pur vivendo con la sua famiglia da molti anni in California, divide equamente le sue tournee fra America ed Europa. Proprio il 27 novembre parte da Milano una breve serie di concerti nel vecchio continente: abbiamo incontrato Ana Popovic per questa occasione.
Se non sbaglio, è la prima volta che suoni al Blue Note di Milano.
Sì, è la prima volta: ho già suonato a Milano ma mai al Blue Note. Sono molto entusiasta di questa opportunità.
La prima volta che ti ho intervistata era il 2007 e la tua band era di 4 elementi, ma da un po’ di anni utilizzi la sezione fiati, sia negli album che dal vivo: è questa la formazione che prediligi?
A dire il vero amo alternare e tuttora mi capita di suonare solo con tastiere, basso e batteria: però oggi la mia preferenza va sicuramente alla formazione più estesa. Mi piace il suono che i fiati sono in grado di dare, la ricchezza espressiva che i miei brani ottengono in tale contesto. Credo sia parte di una evoluzione che ha avuto la mia musica, tant’è vero che spesso arrangiamo i pezzi più vecchi con l’aggiunta di sax e tromba.
A questo proposito mi vuoi dire qualcosa di più sul progetto Fantastafunk?
Certo, è un progetto di big band, costituita da 11 elementi, con una sezione fiati più ampia, un percussionista e tre coriste. È un contesto che mi offre la possibilità di presentare alcuni miei brani in modo nuovo, fondendo stili, mescolando sonorità e generi, come funk, soul, blues. Cerchiamo di sviluppare dei groove accattivanti e un’eccellente musicalità, che il pubblico possa apprezzare e ricordare. In questo ho davvero degli eccellenti musicisti che mi supportano.
In effetti il primo brano che hai reso disponibile con questa formazione, “Queen of The Pack” è davvero molto coinvolgente. Fra l’altro hai registrato il video a Roma, con alcune coriste italiane, che si aggiungono a Claudio Giovagnoli, Davide Ghidoni e Michele Papadia che suonano con te da parecchi anni: hai un legame speciale con l’Italia?
Sicuramente! Amo molto l’Italia, è un paese bellissimo da molti punti di vista; ci vengo abbastanza spesso anche perché mia sorella vive a Genova. Non solo mi piace suonare, ma anche girare come turista: ci sono località bellissime e naturalmente il cibo è eccellente.
Quando è uscito “Live for Live” non sapevamo che stavi attraversando un periodo molto difficile: nonostante il tuo tumore al seno e le conseguenti cure chemioterapiche, hai continuato a comporre e a suonare: si può dire che la musica è stata la tua salvezza?
È così: per la stessa causa avevo perso mia mamma Vesna alcuni anni prima e nel 2020 la diagnosi del cancro ha rappresentato un momento terribile. In quel periodo ho avuto il grandissimo sostegno della mia famiglia e, anche se mi sono dovuta fermare a lungo, il mio bassista Buthel mi ha sempre incoraggiata a non mollare, a trovare la forza di continuare a suonare e, quando possibile, ritrovare l’entusiasmo di farlo dal vivo: dando gioia al pubblico e ricevendola in cambio. Sì, credo di poter dire che la musica mi ha salvato, e quell’evento ha rappresentato un punto di svolta nella mia vita.
Ma ora sei guarita e stai bene?
Sì, grazie, ora mi sento bene e con una forza nuova.
Infatti il risultato è il tuo ultimo album “Power”, che ci sembra raccolga le numerose emozioni che hai vissuto durante il periodo della tua malattia.
Indubbiamente ogni brano di “Power” ha una grande forza, come dice il titolo è una celebrazione della potenza della musica, della vita e dell’amicizia, del potere di superare il momento più difficile della mia vita. La registrazione è avvenuta in diverse città, da Los Angeles a Detroit, da Dallas a Orlando, ma è tutto unito da messaggi positivi, dal volere comunicare l’importanza di vivere in pieno le proprie passioni che, come nel mio caso, possono salvare la vita.
Sei spesso in tournee ma hai già un nuovo album in preparazione: componi da sola oppure in che modo gli altri musicisti contribuiscono?
Di solito Buthel compone insieme a me, ma quando poi abbiamo una sorta di scheletro del nuovo brano, ognuno aggiunge il suo apporto personale: è interessante, ad esempio, come Michele sviluppa un’idea, che poi è completata dai fiati di Davide e Claudio. Il cui risultato è però diverso quando è realizzato con i miei musicisti americani: ed è sempre un ottimo risultato, ma questo è il vantaggio di suonare con tanti ottimi artisti.
Al Blue Note sarai quindi con il tuo gruppo europeo?
Naturalmente! Michele suona con me da 18 anni e Claudio e Davide da 10: sono molto contenta di suonare con loro, si è creata una grande sintonia.
Vorrei chiederti infine una tua opinione: ci capita sempre più frequentemente di recensire album di musiciste donne, non solo cantanti, che guidano band maschili. C’è forse un “girl power” che si sta affermando?
Probabilmente sì, per lo meno oggi è più facile per una donna essere una band leader: mi pare che in Nord America questo sia abbastanza normale, non ci sono trattamenti differenti. Qualche volta ho notato delle diversità in alcuni paesi europei, poi dipende sempre dalle persone, ma mi piace pensare che in generale non ci siano grandi differenze, né discriminazioni.
Ti ringrazio molto per la tua disponibilità e ti auguriamo il meglio per tutto.
Grazie davvero e a presto.
Luca Zaninello
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