10/07/2022 – Istituto Salesiano S. Bernardino, Chiari (Bs)

Presenziamo al concerto dei Gov’t Mule come vampiri che giungono dopo il tramonto, ma se si chiama Blues festival quello che l’associazione ADMR di Chiari mette in scena con altre partnership in cartellone, è perché non è solo la band di testa ad occupare il palco all’ora prestabilita.

Con loro, l’apertura degli eventi di un nutrito cartellone a dipanarsi nei prossimi week-end di luglio, trova gli italiani Rusties di Marco Grompi e i loro sinceri omaggi a Neil Young ad aprire le danze, e ci vede giungere in loco proprio mentre la band di David Grissom, chitarrista di John Mellencamp e di Joe Ely, è in chiusura della propria esibizione.

Scopriamo che, se quest’ultima si conferma incentrata su di un chitarrismo rilevante, meno coinvolgente dal punto di vista delle canzoni e più incline ai virtuosismi d’esperienza solista dello stesso Grissom, la sorpresa a preparare l’uditorio è che lo stesso Warren Haynes sia salito sul palco ad accompagnare il finale dei Rusties con le “younghiane” “Cortez The Killer” e “Rockin’ In The Freeworld”: una chicca alla luce del giorno, premio di chi ha sfidato la calura assiepandosi già tra le sedie del grande “porticato” della location e che sola mostra l’umiltà dei grandi, dando spazio alla musica ancor prima che a sé stessi.

Una logica dei tempi migliori, quelli in cui era lo stesso Hendrix tra il pubblico a guardare gli altri suonare, senza divismi di sorta e dove l’idea di jam mutuata dal blues si estendeva allo spirito comunitario di un’arte condivisa. La consolazione (!?) oggi è di ritrovarla on line come un bootleg d’altri tempi, senza che l’episodio sia per questo meno invidiabile dell’assistere dal vero allo show degli headliners: questo, come da copione, diversamente da quell’improvvisata che ha fatto grande onore anche agli stessi italiani in apertura.

Ma torrido come la calura al di sotto della struttura (comunque all’aperto) e scuro come le fioche luci che illuminano la scena, lo show dei quattro inizia quando puntuali salgono insieme on stage al calar del sole, e rompono gli indugi partendo con “Hammer  and Nails” degli Staples Singers: la palla d’inizio partita (e così per gran parte del gioco) se la palleggiano Haynes e Danny Louis, col suo lavoro organistico di pavimentazione sonora a far scivolare i pezzi come una cascata, martellare ritmico sulle rocce scandito da basso e batteria di Jorgen Carlsson e Matt Abts.

Ma il gruppo procede compatto e se in scaletta compare “Thorazine Shuffle”, è perché è il blues a far da padrone all’evento. Se potevamo avere l’idea che dinamiche fluide comuni a band di tal fatta avrebbero potuto condurci a lidi più hard e rockistici (com’è di molti festival che si fregiano della categoria “blues”) è a scanso di equivoci che parte un pezzo di Howlin’ Wolf (“I Asked For The Water”) e poi Tom Waits (“Make It Rain”) e il sound ha l’incedere ipnotico di un ritmo tribale: i blues paiono rallentati, come ad avvolgerti nelle sabbie mobili, e ce ne accorgeremo ancor di più sulla nota “Good Morning Little School Girl”, dov’è anche David Grissom a tornare nella partita (si aggiungerà “Last Clean Shirt”).

Nel mezzo “Devils Likes It Slow”, “Which Way Do We Run” e poco più di un’ora e tre quarti di musica, con “Mr. Man” e “Soulshine” degli Allman nei bis. Non due set, come quando li ritrovammo la prima volta al Live di Trezzo nel 2017, ma la durata più o meno canonica di un concerto, quantunque intenso e come un unico lungo blues, intenso come lava incandescente di una bollente e maledetta estate.

Matteo Fratti

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