Sfoderano un approccio tellurico, gli ultimi Gov’t Mule, innervando di rock l’impatto già di per sé muscolare che fu di “Heavy Load Blues” del 2021, con questo disco attuale ma nato praticamente in parallelo, solamente in un’altra stanza dello studio Power Station New England, probabilmente a Waterford, Connecticut.
Non nuovi ad esperimenti di tal fatta, che li vedono immersi a tutto tondo nella musica e in mille sfaccettature progettuali, Warren Haynes e compagni infatti hanno unito “per così dire” l’utile e il dilettevole, concedendosi di sfogarsi nei blues che gli fossero più congeniali al dopolavoro serale che si erano concessi dopo le quotidiane sessions per questo “Peace … Like A River”; solo nella stanza attigua.
Il gruppo, quasi fosse incapace a lasciare i propri strumenti come parti inscindibili dal proprio corpo, col produttore John Paterno, ha creato proprio dei set differenti, per dimensioni dei locali così come per le attrezzature utilizzate, dando vita a due contesti i cui risultati non li mostrano mai a disagio, né con quella track list che ebbe anche una nomination ai Grammy (quale miglior disco di blues tradizionale), né con la presente scaletta, che li ritrova autori dei brani dalla matrice sempre bluesy ma senz’altro autografa e personale, oltre che accuratamente rock, e forse anche proprio per questo. Sono difatti così, Haynes e Carlsson, Louis e Abts, e cioè una band erede di quell’eclettismo musicale d’anni Settanta (dopo la trasversalità culturale e rivoluzionaria dei Sessanta) che prende dentro il gusto della rielaborazione creativa di più generi, tra psichedelia e progressive, il gusto per la jam e una monolitica impronta comunque dura, granitica, potente, ma mai grossolana.
L’urgenza espressiva è poi figlia di quella predisposizione alle aperture del linguaggio che fu degli Allman e si ritrova oggi nel retaggio degli ensemble di Tedeschi Trucks come di Marcus King (orgogliosamente prodotto da Haynes) per un album ancora una volta dalle molteplici sfaccettature, normale e deluxe edition, con cinque canzoni in più oltre alla sporca dozzina ivi presente per “Peace.. Like A River”, ma com’era stato anche per “Heavy Load..” o per i live da cui avanza sempre qualcosa, qualche chicca nascosta per spettacoli sempre diversi, dal continuum artistico mutuato dal jazz.
E a proposito della permeabilità dei loro “confini”, non mancano allora fruttuose partecipazioni esecutive, alternate al solo combo a rendere incredibilmente vario il disco, con un filo quasi concettuale nelle parole del titolo, quando da un contesto buio come quello pandemico si cercava la luce in fondo al tunnel.
Se è una grazia quasi “beatlesiana” ad aprire così l’arrangiamento di “Same As It Ever Was” (giocata poi su più tempi, e parti) è un potente afflato rock’n’rollistico a condurre all’unisono il wha e la voce con la chitarra di Billy Gibbons; viaggiano invece soli, ma come un truck in corsa, i Muli della stradaiola “Head Full Of Thunder”, nient’altro che ciò che ci si potrebbe aspettare.
Fulcro del lotto invece, ma anche un po’ la “hit” (se ci è consentito osare) è qualcosa come “Dreaming Out Loud”, speciale sì per testo che come ospiti, con Ruthie Foster e Ivan Neville a condurre insieme un pezzo molto black e gravido di funky, e citazioni da discorsi come “I Have A Dream” del reverendo M.L. King, come di altri.
Un album che a rivelarne appieno le sorprese, vorrebbe dire raccontare del parlato di Billy Bob Thorton su “The River Only Flows Away” (di cui una versione alternativa per sola band è tra le bonus) oppure dell’incantevole intervento vocale di Celisse Henderson sull’edificante dialogo soul in “Just Across The River”. Ci basti dire invece, senza dimenticare una fantastica ballad come “Gone Too Long” in chiusura, di un altro colpo ben assestato per Gov’t Mule & company, che non si esaurisce di certo al primo ascolto, e si dirama in un sound che ha il gusto immarcescibile di un classico dei nostri giorni.
Matteo Fratti
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