Dopo tre anni dall’ultimo album in studio e varie tournée mondiali, una delle quali registrata nel precedente “Diamonds on the Road”, la finlandese Erja Lyytinen riparte con un ruggito che la rosa della copertina non lasciava forse prevedere: la chitarrista annusa le rose ma offre un bouquet spinoso e squisito di blues rock. Proprio “Smell the Roses” apre il dischetto con la sua energia grezza e il suo strumento che si dimostra aggressivo: dal momento in cui esplode il riff di apertura, ci si prepara per un viaggio coinvolgente, un cui è necessario allacciarsi le cinture. Da questo rock blues trascinante si prosegue con “Going to Hell”, che mostra un lato più cupo, che aumenta di intensità con la voce e un assolo di chitarra che urla disperazione e sfida. Allo stesso modo, “Abyss” evoca immagini di una discesa nelle profondità del dolore, esplorata attraverso un pezzo dai contorni blues più sperimentali e atmosferici: questo mostra la versatilità della cantautrice finnica, capace di andare oltre la pura energia rock, come ascoltiamo in “Dragonfly”, una canzone che parla del suo amore per i boschi e la natura, con un invito a prendercene cura. Sia questa che la successiva “Wings to Fly” non sono propriamente delle ballate ma traccia dalle sonorità più dilatate, dove il riverbero della musica sembra quasi evocare spazi di serenità: Erja Lyytinen inserisce poi i suoi assoli decisamente corposo in maniera magistrale anche in questi contesti.
Lasciate le atmosfere southern rock, si continua vero il rock blues di “The Ring”, che dopo la lunga intro strumentale esplode in tutta la sua potenza viscerale, confermando alcuni accenni alle sonorità più hard degli anni ’70 che già erano emerse nelle tracce precedenti: qui il suo appellativo di regina della slide emerge prepotente con un assolo di grande potenza. Non è di meno la vivace e divertente “Ball and Chain”, con il distorsore sparato a manetta, verrebbe da dire, mentre in “Stoney Creek” la sua slide sa creare quell’alone di mistero che caratterizza il brano. La conclusiva “Empty Hours” suggerisce un umore più introspettivo e malinconico, avvicinandosi qui sì ai dettami canonici di una ballata blues che trasuda emozione, punteggiata da fraseggi toccanti che dicono molto senza parole. Quasi la ciliegina sulla torta di un lavoro notevole, nel quale Erja Lyytinen si conferma eccellente chitarrista e cantante, dotata di una vena compositiva di notevole spessore: tecnica e musicalità sono al servizio di brani davvero ottimi, sempre arrangiati per offrire un’esperienza di ascolto dinamica e coinvolgente, regalando un album che nel suo insieme esplora un ricco arazzo di emozioni.
Luca Zaninello
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