Down Home Blues Chicago
The Special Stuff
di Philippe Prétet
L’etichetta Wiernerworld pubblica il terzo volume (4CD) dedicato a Chicago, al suo Down Home Blues, curato fino alla sua scomparsa nel novembre 2021, dal compianto Peter Moody (1944-2021). Il sottotitolo, “The Special Stuff”, era una delle sue espressioni preferite per designare la musica che sapeva catturargli l’anima, a suo dire. La scelta di concentrarsi geograficamente sulle grandi linee di sviluppo del blues moderno è avveduta, permette infatti, da un lato di riconoscere dei nomi emblematici, i più grandi stilisti del Chicago blues post-bellico, la cui musica parla da sé, dall’altro di scoprire artisti vissuti nella loro ombra rivelandosi, paradossalmente, pepite dimenticate.
Questo cofanetto in digipack, completa la serie in corso sulla Windy City ( Vol. 1 e 2) e si aggiunge ai capitoli regionali su Detroit, New York & The North Eastern States, Miami, Atlanta & The South Eastern States, pieni di canzoni rare e accattivanti. Chris Bentley, specialista eminente, ha redatto il libretto di 84 pagine, illustrato da fotografie e dalle etichette dei dischi inclusi nella raccolta. La notevole discografia si deve invece alla penna erudita di Mike Rowe. Questo terzo volume comprende 108 canzoni rare e/o inedite. Gli appassionati di lunga data non saranno sorpresi di riascoltare brani editi in vinile negli anni Settanta o più recentemente in CD, ad eccezione di alcune take rimaste nei cassetti. I quattro CD sono presentati in un imballaggio pieghevole con segnati il nome dell’artista e il titolo del pezzo.
Il primo CD, Big City Blues, si apre con quattro canzoni del 1941, le prime incisioni di Robert Lockwood Jr. Sostenuto da Alfred Elkins al basso, il chitarrista jazzy che spesso suonava la dodici corde, ci ricorda il suo formidabile savoir-faire su “Black Spider Blues” e “Little Boy Blue”, destinati a rimanere nel suo repertorio per tutto l’arco della sua lunga carriera. Dallo stesso anno, ecco due brani di una leggenda del piano, Big Maceo Merriweather, con accanto un’altra leggenda, Tampa Red. “Texas Blues” brilla per il dialogo tra il piano arioso di Big Maceo e la raffinata chitarra di Red. Il pianista è presente su altri due brani, registrati nel 1949, dopo che un ictus aveva reso la sua mano destra quasi inutilizzabile. Il piano è suonato dunque da Little Johnny Jones, un suo allievo, consentendo a Maceo di concentrarsi solo sul canto. Diversi blues ben noti hanno diritto a quattro brani ciascuno, per esempio John Lee “Sonny Boy” Williamson I, che suona l’armonica in modo grandioso, o la voce possente di Big Joe Williams che riecheggia le linee di basso profonde di Ransom Knowling. Altri momenti forti vengono dall’ascolto di due oscure incisioni della cantante e suonatrice di washboard Ann Sorter, per qualche tempo moglie di Robert Nighthawk. Canta con voce acuta su “Tell It To The O.P.A.” e si scatena letteralmente sull’invitante boogie “Bad Stuff”, con Memphis Slim a battere sui tasti del piano e il batterista Jack Cooley. Purtroppo, i dischi di Ann Sorter non hanno avuto successo e, destino tragico, è scomparsa a soli ventisei anni.
Jazz Gillum, che suona l’armonica, è un altro artista di primo piano passato sotto traccia, cosa del tutto ingiustificata se si tiene conto della grande qualità del suo canto su cinque brani, tra cui l’autografo “Gonna Take My Rap”. Forest City Joe chiude il disco con due canzoni che mostrano il suo debito verso lo stile di armonica di Williamson, in particolare su “Memory Of Sonny Boy”. Una delle particolarità di queste registrazioni è l’assenza di lunghi assolo strumentali mentre assistiamo alle primizie del Chicago blues elettrico post-bellico, con l’amplificazione di chitarre e armoniche. Snooky Pryor sosteneva, d’altronde, di essere stato uno dei primi a elettrificare la sua armonica già dal 1945. Un’altra caratteristica insolita è che la chitarra non è lo strumento dominante. È il piano a essere sovente al centro degli arrangiamenti nei primi due CD, ma soprattutto contano le canzoni e ovviamente i cantanti.
Sul secondo CD, Sweet Home Chicago, Forest City Joe è presente con due titoli supplementari tra i quali “Ash Street Boogie”, con la sua armonica a prendersi tutto lo spazio. La voce potente di St. Louis Jimmy è protagonista di sei brani, col sostegno di una leggenda del piano blues di Chicago, Roosevelt Sykes. Anche Lockwood Jr. dispone di quattro pezzi con l’accompagnamento eccezionale assicurato da Sunnyland Slim. La loro interpretazione di “Dust My Broom” è un scambio vivace e rapido. Un altro pianista, Willie Mabon, si fa largo con due brani, suonando anche l’armonic ain “Boogie Man (Bogey Man)”. Il cantante Johnny Temple era, a sua discolpa, spesso accompagnato da musicisti poco in sintonia con la musica blues. Inoltre “Pretty Woman” e “Jack And Jill”, registrate nel 1950 agli studi Chess e scoperti solo qualche anno fa, hanno suscitato domande rimaste inevase. Il pianista sarebbe forse Sunnyland Slim, mentre gli altri musicisti non sono identificati! C’è di che alimentare le dicerie…In ogni caso, i due pezzi in questione hanno un altro aspetto, con l’appoggio di musicisti ignoti, ma che sapevano suonare il blues.
Una pianista sconosciuta, Mata Roy, impressiona lanciandosi divertita nelle due parti di “Pete Boogie’s Shuffle”, il suo solo disco noto, canta e suona con aplomb. Il classico “TV Mama” con la voce tonante di Big Joe Turner e la chitarra slide di Elmore James, è sempre un momento forte, come lo sono alcuni delle prime registrazioni di Muddy Waters su Chess, “Iodine In My Coffee” e “Flood”, con Jimmy Rogers alla chitarra. Dato che Little Walter aveva lasciato il gruppo di Muddy, è Junior Wells a raccogliere il testimone sul primo brano, mentre Big Walter Horton lascia il segno con un accompagnamento sublime sul secondo.
Il terzo CD, Chicago Blues, è popolato da nomi familiari, Muddy Waters è di ritorno con quattro pezzi, tra cui una interpretazione di “Smokestack Lightnin’”, registrata un anno prima di quella definitiva di Howlin’ Wolf. Muddy era accompagnato da una formazione da Hall Of Fame, con Little Walter all’armonica, Jimmy Rogers alla chitarra, Otis Spann al piano, Willie Dixon al basso e Fred Below alla batteria. Little Johnny Jones ritorna a sua volta con altri tre brani, in aggiunta ai due inclusi nel disco precedente. La alternate take di “Hoy Hoy” è del tutto convincente, grazie alla voce squillante del leader che riceve una risposta muscolare dal sax tenore di J.T. Brown. Tre canzoni ci ricordano di come Little Walter sia stato il signore dell’armonica blues, come “My Kind Of Baby”. Il chitarrista JB Hutto è presente su due brani che fanno appello anche a Earl Hines al washboard. Chicago era un paradiso per i pianisti blues e Little Brother Montgomery era uno dei più influenti. Interpreta brillantemente “New Vicksburg Blues”, aggiornando un vecchio successo, mentre “Pinetop’s Boogie Woogie” è uno strumentale notevole. Altri mettono in evidenza chitarristi blues come Eddie Taylor, eccellente in “Stroll Out West”.
C’è anche un raro brano tratto dall’unica sessione di registrazione del chitarrista Little Hudson. Il terzo CD si chiude con una “She’s Fine, She’s Mine”, che aggiunge al menu Bo Diddley, artista che ritroviamo sul quarto CD, Blue Feeling, per altri quattro pezzi, tra cui “Pretty Thing”, col suo celebre ritmo. “Prison Bars All Around Me” fa parte di un paio di registrazioni di Junior Wells con Earl Hooker alla chitarra e Otis Spann al piano. Cosa dire del cantante Grove Evans Pruitt? Ci sono poche informazioni affidabili al suo riguardo. Avrebbe registrato due o tre brani e sarebbe comparso in una session a Los Angeles col nome di Austin McCoy (AMC Records nel 1963). Grover Pruitt ha terminato i suoi giorni a Evanston, dove è scomparso nel settembre 2016 all’età di 78 anni. Qui se ne apprezzerà la versione di “Fool For You Baby”, accompagnato da Freddie Roulette e dalla sua lap-steel, che combina con proficuamente Elmore James e Chuck Berry. Morris Pejoe, ex marito di Mary Lane, lascia parlare il suo senso del fraseggio fluido nello slow “Maybe Blues”. Un altro grande del piano, Memphis Slim, ha occasione di brillare su quattro brani, tutti con Matt “Guitar” Murphy, il lento “Cold Blooded Woman”, particolarmente memorabile. Lo standard “Blues With A Feeling” è interpretato con talento dal cantante e pianista Lucky Carmichael, sostenuto quel fulgido esempio di tecnica chitarristica che è stato Matt Murphy. Qualcuno potrebbe sorprendersi dell’inclusione di Chuck Berry in quest’opera. Ma quando avrete ascoltato il suo lavoro alla pedal steel su “Deep Feeling” o la sua voce struggente su “Sweet Sixteen”, i vostri dubbi saranno probabilmente dissipati. Willie Cobbs ci delizia con “You Don’t Love Me”. Cinque brani sono stati registrati nell’appartamento di Magic Sam con Shakey Jake Harris all’armonica. Il materiale grezzo proposto nel finale del quarto CD è intrigante. I punti forti sono una ombrosa sontuosa “Every Night And Every Day”, lo strumentale “Leaving This Morning”, con un lavoro eccellente di Shakey Jake all’armonica. L’ultimo volume termina dunque, senza sorprese, con “Sweet Home Chicago”. In conclusione, l’avrete ben compreso, ecco una raccolta notevole che abbina, felicemente, tradizione e modernità. Investire in questa collezione è consigliabile per quanti apprezzino l’essenzialità del blues strumentale e acustico che affonda le radici nel Sud e la mutazione progressiva verso un blues elettrico urbano che ha delineato i contorni del Chicago Blues post-bellico fino agli 60/70. Peter Moody ha condotto un lavoro minuzioso che ha messo in luce artisti affermati accanto ad altri molto meno, assolutamente da riscoprire. Essenziale. Come il Down Home Blues di Chicago.
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