Blues Senza Confini di Marino Grandi
Fog aveva già fatto il primo passo quasi un quarto di secolo fa…Infatti, nell’articoletto “Jazz Meet The Blues” (n.54, pagina 15) accennava acutamente, sfruttando la segreta poi non tanto passione per il jazz, agli scambi intercorsi tra le due forme musicali che, pur profondamente imparentate, hanno percorso strade diverse senza mai rinnegarsi reciprocamente.
In realtà, però, il bello doveva ancora venire. Saranno necessarie altre fughe in avanti, con le relative riletture della nostra musica, per mostrarci come blues e jazz non si confondono ma si fondono.
I meriti dobbiamo ascriverli particolarmente a personaggi illuminati dell’universo jazzistico come James Blood Ulmer e Elliott Sharp, la cui creatività (da noi ampiamente apprezzata e documentata in queste pagine tra il 2003 ed il 2010) ha permesso ai due linguaggi sonori di vivere episodi unificanti. E, visto che qualche tempo è già trascorso da questa “rivoluzione silenziosa” ad oggi, ci siamo rifatti nuovamente all’articolo citato in apertura in cui Fog faceva anche cenno dell’incontro avvenuto tra il percussionista Famoudou Don Moye dell’Art Ensemble Of Chicago (leggendario gruppo di free jazz, e non solo, nato nella metà degli anni Sessanta) con l’armonicista Chicago Beau (di cui i lettori di questa rivista ricorderanno l’intervista pubblicata nel n.35) presente nel CD “Jam For Your Life” dell’Ensemble stessa, e l’abbiamo preso quale stimolo per ricuperare il doppio compact “The Art Ensemble Of Chicago Salutes The Chicago Blues Tradition” (AECO 0012). [continua a leggere nel n° 136 – Settembre 2016]
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