Dopo una pausa di otto anni ritorna Devon Allman con un nuovo album solista: se il cognome lo porta inevitabilmente a inserire elementi southern nella sua musica, il chitarrista rimarca la connotazione bluesy verso cui da sempre si orienta il suo stile. L’album inizia con l’energia di “White Horse”, ben sostenuta dalla pulsante sezione ritmica del bassista George Porter Jr e del batterista Adam Deitch: gli assoli di Devon Allman emergono con precisione, come pure l’interazione con l’organo di Ivan Neville, che rende questo brano ottimo come apertura. L’orecchiabile “Incredible” ha quasi degli accenni easy listening, che in parte ritornano nella successiva “You”, con il suo cambiamento di umore e una chitarra alla George Benson che pennella un groove romantico e intrigante. L’album pare orientato a creare atmosfere delicate, capaci di declinare il linguaggio del blues in molteplici sfaccettature: un aspetto che emerge proprio nella stessa “Miami Moon”, un interludio fluido e pieno di sentimento, che sembra disegnare una calda serata di Miami, mentre il sassofono di Karl Denson aggiunge un qualcosa di quasi etereo e meditativo.

A seguire lo strumentale “Sahara”, una sorta di jam session in cui ogni membro della band ha spazio per distendersi: qui brillano tanto il sax di Denson che le tastiere di Neville, oltre che gli assoli di notevole spessore di Allman. Le caratteristiche più funky affiorano decise sia in “Climb Aboard” che in “Body Electric”, che riportano inevitabilmente a sonorità degli anni ’70, anche per gli interventi corali dai vari sapori fra soul e disco. Si continua sulla stessa falsariga con l’altro strumentale “Take Time to Taste It”, dove la batteria di Deitch è particolarmente degna di nota, riuscendo a rendere naturali passaggi intricati e fornendo un perfetto supporto ritmico ai diversi assoli. Con “You Gotta Make It Through The World” Devon Allman chiude magistralmente sia musicalmente che nei testi, lasciando un messaggio di perseveranza, abbinato a un arrangiamento ricercato ma efficace. Ottimo chitarrista, e qui molto espressivo pure nel canto, il secondo dei cinque figli di Gregg conferma il suo talento e la sua personalità con un lavoro che appoggia le sue radici nel rock sudista, aggiungendo quell’innegabile freschezza che rende ogni traccia una piacevole scoperta: c’è meticolosità, affiatamento e collaborazione, tutti aspetti che valorizzano le qualità di ogni musicista per un risultato finale assai positivo.

 

Luca Zaninello

 

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