Un altro nome di prestigio ha arricchito il cartellone del festival Dal Mississippi al Po, quello di Dee Dee Bridgewater, in concerto lo scorso 14 luglio nel suggestivo contesto fornito dal cortile di Palazzo Farnese a Piacenza. La serata era oltretutto organizzata in collaborazione con l’associazione Africa Mission, attiva da cinquant’anni in progetti sociali in Uganda.
La figura di Dee Dee Bridgewater era dunque particolarmente adatta ad una serata celebrativa di questa ricorrenza. Lei che ha una lunga carriera, cominciata negli anni Settanta, ed è conosciuta e considerata, a ragione, le più valide voci jazz della sua generazione. Il suo percorso non si è limitato al jazz, tanto è vero che la sua vasta discografia include collaborazioni con Ray Charles, tributi a Ella Fitzgerald o Billie Holiday, ma anche un bellissimo album inciso in un altro paese africano, il Mali, “Red Earth”, accanto ad artisti quali Toumani Diabate, Bassekou Kouyate, Oumou Sangare.
Il suo concerto è preceduto dalla breve esibizione di Valentina Tioli, per alcuni pezzi, con basso, batteria e tastiere/DJ, in chiave di quello che si potrebbe definire moderno R&B. Alcuni suoi in italiano o in inglese, oltre ad una ripresa di “That’s What I Like” di Bruno Mars.
Tornando alla Bridgewater, lo spettacolo di stasera si rifà ad un progetto del 2017, “Memphis…Yes, I’m Ready” un disco che ripercorre alcune canzoni legate alla sua città d’origine, lasciata a soli tre anni, quando la famiglia si trasferì a Flint, Michigan, ma con cui conserva un legame forte.
E sia appunto di qualche anno fa, il progetto evidentemente le sta a cuore, tanto di riproporlo spesso in tour. E infatti con la Memphis Soulphony Band che si presente a Piacenza, un gruppo con una solida sezione ritmica, tastiere, due coriste, due fiati e un chitarrista. Sono infatti brani a lei cari, canzoni, come confessa ad un certo punto, tra un pezzo e l’altro, “ascoltavo da una radio a transistor su WDIA, dalla mia cameretta, quando ero una ragazzina”.
Dee Dee arriva sul palco sulle note di “Soul Finger” e comincia ad omaggiare alcuni giganti di soul e blues, con versioni di cui si appropria, col suo canto pieno di coloriture e chiaroscuri.
E’ il caso di “Going Down Slow”, lo standard di St Louis Jimmy Oden, ma qui il suo riferimento è alla lettura che ne diede Bobby “Blue” Bland.
Con la successiva invece il tributo è ad un’altra illustre collega, Gladys Knight, con “Giving Up”. Le donne sono un riferimento costante, Dee Dee rilegge alla sua maniera pagine associate a Carla Thomas, “B-A-B-Y”, Ann Peebles, una buonissima “I Can’t Stand The Rain” o ancora “Hound Dog”.
Finale in crescendo con due pezzi da novanta, “Try A Little Tenderness”, un pezzo che hanno suonato in tanti, “ma sappiamo tutti a chi appartiene”, dice lei, riferendosi ovviamente a Redding. E poi “The Thrill Is Gone”, omaggio al “suo” re, B.B. King.
Molto applaudita, regala un bis, a suggello di una bella serata, l’immancabile e degno omaggio ad Aretha Franklin, sulle note di “Respect”. Grande artista, Bridgewater continua a rinsaldare il legame con la musica della sua gioventù con rispetto e personalità.
Matteo Bossi
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