Dopo una serie di convincenti album usciti su Alligator dal 2012 in avanti, ritroviamo Curtis Salgado su Little Village per il suo nuovo lavoro, “Fine By Me”. Salgado, settantenne, è in piena forma sia vocale che compositiva, è infatti autore o coautore di dieci brani sui dodici del disco, da lui prodotto e inciso in vari studi sulla West Coast tra Los Angeles, San Jose (i Greaseland di Kid Andersen) e Portland. Curtis Salgado ha chiamato a raccolta molti amici per dar vita a questa sua “American music”, come scrive nelle note, comprendente in gradazioni diverse, i sapori delle musiche che ha sempre amato, blues, soul, gospel e rock’n’roll. Un impasto che sa padroneggiare come pochi altri, viene in mente per certi versi uno come Delbert McClinton, ad esempio quando interpreta un bel rhythm and blues, “Better Things To Lie About” (scritto con Gary Nicholson, a sua volta sovente collaboratore di Delbert), con un grande contributo della sezione fiati.
Il tutto suona unitario, nonostante le session distinte e in un ascolto che scorre benissimo sono diversi i pezzi su cui occorrerebbe soffermarsi. Molto bello ritrovare, per la prima volta su disco insieme Curtis e un suo vecchio amico, Robert Cray, almeno dal lontano esordio della Robert Cray Band, “Who’s Been Talking”. Non crediamo sia un caso che abbiano scelto, come a chiudere un cerchio, lo stesso pezzo di un soul man molto amato da entrambi, O.V. Wright, “I’m Gonna Forget About You”, che compariva su quel disco. Questa volta le parti vocali sono invertite e i due si divertono, ripensando forse alla loro gioventù e a quanto in fondo li accomuni ancora la passione per la stessa musica. Nel pezzo la band è composta Jim Pugh (per anni nella Cray Band), Kid Andersen, Jerry Jemmott e D’Mar.
L’unica altra cover è una frizzante versione di “Niki Hoeky” swamp rock risalente al 1967 ( se ne contano versioni di PJ Proby, Bobbie Gentry ma anche della grande Aretha Franklin). In un altro dei momenti migliori del disco, i Sons Of Soul Revivers (frequenti collaboratori nelle produzioni Little Village) supportano Salgado con le loro voci gospel per una “Hear The Lonely Hearts”, in cui l’arrangiamento minimale accentua l’aspetto emotivo del canto. Torniamo in ambito blues, con lo slow “You Give The Blues A Bad Name” che sarebbe stato bene nel repertorio di Bobby Bland, con i fiati e una perfetta parte di chitarra suonata da Anson Funderburgh.
Citiamo, per concludere, anche la canzone titolo, “Fine By Me”, un tempo medio rock’n’roll, davvero d’altri tempi, scritto con George Marinelli (Bonnie Raitt). In esso racconta un buffo sogno in cui si ritrova a pranzo con Jackie Kennedy Onassis e poi improvvisamente accanto a personaggi come Muhammad Ali, Malcolm X e Iggy Pop, una riprova della capacità compositiva di Curtis e da una (auto)ironia di fondo che spesso pervade la sua scrittura.
“Fine By Me” è in sostanza un ottimo disco, vario, divertente, una bella testimonianza di vitalità da parte di un’artista in circolazione da circa mezzo secolo.
Matteo Bossi
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