Tradizione vuole che il terzo album rappresenti una sorta di chiave di volta per la carriera musicale di un gruppo e il recente “Gate C23” è appunto il terzo lavoro del chitarrista di Portland Chad Rupp: la sua formula è quella di contaminare blues con altri linguaggi, facendo soprattutto scorrere tracce di soul nei suoi brani. La partenza con “Fresh Suits” ci consegna un brano giocoso ed energico che quasi prepara il terreno ad altre tracce che seguano lo stesso spirito: lo ritroviamo in “She Got The Business Handled”, dove si respira aria di New Orleans, con una calzante sezione fiati ma soprattutto un testo che incarna lo spirito di resilienza e gioia in mezzo alle avversità, incoraggiando gli ascoltatori a ballare indipendentemente dalle sfide della vita. Il pigro incedere della title track racconta un’esperienza diretta vissuta dell’autore, quando si trovò bloccato in un terminal dell’aeroporto alle 4 del mattino: la frustrazione che coglie chiunque di fronte ai ritardi nei viaggi è qui catturata magistralmente e offerta con una perfetta sensibilità blues. Sul coinvolgente tappeto creato dall’hammond di Ken Brewer si evidenzia il notevole assolo del chitarrista Kenny Blue Ray, uno dei numerosi ospiti che collabora con Chad: fra costoro merita una sottolineatura l’armonicista Mitch Kashmar, che con i suoi interventi regala sempre interventi particolarmente gradevoli. Se ne può avere conferma nelle allegre “14 Dollars In The Bank”, una delle tre cover del dischetto, e in “Blues City Cafe”; altra cover è l’elegante “She Is The One”, caratterizzata da un languido sax che crea una suggestiva atmosfera nostalgica.
L’album raggiunge forse il suo apice con “You’ll Be Singing My Songs”, uno slow intriso di soul e che mette in risalto le qualità vocali di Rupp, ma soprattutto la spettacolare armonica di Kashmar, che intreccia la melodia con precisione e passione. L’energia ritorna prepotente in “2 Inches Shy Of A Foot” e pure nella successiva “Fat Kid Boogie”, con i loro ritmi allegri e contagiosi, che quasi incoraggiano il movimento da parte dell’ascoltatore. Il finale è lasciato all’interpretazione dilatata di “Blind, Crippled And Crazy” di O.V. Wright, dove la formazione si distende, consentendo a ogni musicista di brillare con i rispettivi assoli in modo spontaneo e naturale. È proprio questa combinazione fra la qualità esecutiva e la vivacità della band che crea la giusta alchimia per apprezzare la terza prova discografica di Chad Rupp e i suoi Sugar Roots che, dal nostro punto di vista, viene superata a pieni voti.
Luca Zaninello
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