Cedric Burnside: Hill Country Blues In the Blood
di Matteo Bossi
A 46 anni, Cedric Burnside suona il blues praticamente da tutta la vita. E vederlo, nel corso degli anni, raccogliere e proseguire l’eredità musicale della sua famiglia è stata la conferma di quanto lo Hill Country blues sia ancora vitale e rilevante. Conosciuto come un fenomenale, possente batterista fin dai giorni in cui accompagnava suo nonno R.L. Burnside, che lui chiama sempre Big Daddy, Cedric è diventato un cantante, chitarrista e band leader dalla personalità ben distinta.
Lo abbiamo incontrato di nuovo lo scorso 19 luglio a Polesine Parmense (Pr), unica tappa del suo tour europeo. È lo stesso luogo dove ha suonato nel 2007, all’epoca in duo con Lightnin’ Malcolm era stato protagonista di una delle serate del Rootsway Festival.
“Mi ricordo quel concerto” dice Cedric guardando il fiume Po, oltre gli alberi, “con Malcolm ci siamo separati intorno al 2010/2011, ma abbiamo suonato insieme per sette o otto anni. È stato un bel periodo. Un sacco di ricordi”. Per questo tour è accompagnato da Cody Harrell al basso e Joe Eagle Johnson alla batteria.
Il concerto lo comincia da solo in acustico però, suonando personali versioni di brani quali “You Got To Move “ e “Shake Em On Down”, prima che lo raggiungano i soci per altre canzoni in elettrico, alcune delle quali provenienti dall’ultimo album, “Hill Country Love” (Provogue/Mascot). Peccato solo che il concerto termini anzitempo a causa di un forte temporale abbattutosi sulla zona. Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla conversazione con lui.
Ricordo che ai tempi ci avevi raccontato di come stessi imparando a suonare la chitarra, ma solo qualche anno più tardi, su “The Way I Am”, uscito come Cedric Burnside Project, l’hai suonata su un disco.
Attorno al 2012 o qualcosa del genere. Ma si hai perfettamente ragione. Per quel disco avevo lavorato su alcune canzoni e volevo registrarle. Per fortuna è accaduto che mio fratello Cody, che riposi in pace, prima che morisse abbia potuto registrare con me per quel disco. Abbiamo cominciato a casa, sai, io suonavo la musica e lui interveniva in alcune canzoni ed è venuto fuori benissimo. Avevo un’idea del suono e sono felice di come sia uscito il disco.
In quel periodo sia tu che Cody (che, ricordiamolo, era un rapper) avete registrato con John-Alex Mason per il suo “Jook Joint Thunderclap”. Anche quello era un bel disco.
Si, esatto! Penso se ne siano andati nello stesso anno, il 2012, John-Alex per primo e qualche mese dopo Cody. Posso dirti che John-Alex era un musicista e una persona fenomenale…se ho mai conosciuto un angelo lui era probabilmente uno di loro e aver collaborato con lui prima che se ne andasse è stata un’esperienza straordinaria.
Parlando con Gerry Hundt qualche mese fa, ci diceva che conserva un vivido ricordo di quelle session e del tuo drumming.
Oh conosco Gerry, è passato parecchio tempo. Molti bei ricordi.
Aveva anche dei percussionisti africani su quel disco che si intrecciavano con il suono Hill Country blues, con le poliritmie della batteria devi essere sempre pronto a reagire a quel che sta succedendo, in un certo senso.
Oh si, hai ragione, non è per nulla ortodosso! La cosa particolare dell’Hill Country è che non sai mai quando ci sarà il cambiamento e nemmeno se ci sarà…e se succede devi essere pronto. Non sai quando arriva.
E avendo iniziato a suonare con tuo nonno R.L. Burnside ma anche con musicisti quali Paul “Wine” Jones, Junior Kimbrough o T-Model Ford nei tour Juke Joint Caravan…dev’essere stata un’esperienza molto formativa.
Questa è una buona domanda, grazie di averla sollevata…ho suonato con tutti loro ed ero il musicista più giovane di tutto il gruppo. Avevo 14 o 15 anni mentre Paul “Wine” Jones era il più giovane tra i vecchi e ne aveva 57 o 58. Mi ricordo che suonavo prima con Paul, poi con Mr. Robert Cage, con Junior Kimbrough e infine con Big Daddy, R.L. Burnside! Suonavo quattro ore ogni sera accompagnando quattro artisti diversi, ognuno di loro unico, con uno stile molto personale, non ortodosso. Perciò immagina che orecchie dovevo avere a 14 anni, dovevo davvero ascoltare con attenzione!
Meglio di un corso di batteria in un college.
Oh assolutamente. Una situazione tipo nuoti o vai a fondo. Ho un’altra storia per te. Mr Honeyboy Edwards era un altro musicista unico, dallo stile non ortodosso. Ho fatto un tour con lui, Mr Hubert Sumlin, e Big Head Todd & The Monsters…era chiamato il tour per il centenario di Robert Johnson. Mr Honeboy voleva che un batterista lo accompagnasse ma il batterista di Big Head Todd disse, “no amico, non si scherza con quella musica.” Così il suo manager Michael Frank gli disse, “Honeyboy non c’è nessuno che può suonare con te, dovrai farlo da solo”. “Posso farlo io” gli dissi, “non so se lo sapete, ma io sono cresciuto suonando questo tipo di musica”. Erano tutti impauriti per me. Una sera al soundcheck Mr Honeyboy mi ha chiesto di mettermi alla batteria. Ha fatto un cambiamento un po’ strano e io gli sono andato dietro, poi l’ho fatto ancora, lo seguivo senza problemi…e tutti erano a bocca aperta, “cosa?” Ma io gli ho detto, “non so se conoscete il mio curriculum, questo è quello che faccio, e lo faccio da tutta la vita”. E Mr Honeyboy mi diceva, “ragazzo, voglio che suoni con me ogni sera!”. È stato molto divertente. Così ogni sera per il resto del tour ho suonato con Mr Honeboy. Non avrei avuto quella stessa capacità e motivazione se non avessi avuto modo di suonare con tutti quelli della vecchia guardia quando ero più giovane, ho suonato con così tanti tra loro, Miss Jessie Mae Hemphill è un’altra…non mi sono mai sentito intimidito dal suonare con musicisti non ortodossi.
Pensi che l’aver suonato la batteria per anni ti abbia reso un chitarrista diverso? E l’esser cresciuto con così tanti chitarristi?
Quando ho iniziato con la chitarra suonavo qualsiasi cosa mi suonasse bene…so che per molti chitarristi non è il modo corretto di suonare la chitarra. Ma ho sempre avuto questa idea, se suona bene, può davvero essere il modo sbagliato di suonare? Se suona bene, non può esserlo. Molti sono andati a scuola per imparare a suonare in questo o quel modo…ma io non ci sono andato, ho imparato da solo, ho ascoltato gli altri, mio zio Gary mi ha mostrato qualcosa in accordatura standard, io ho preso queste cose e le ho fatte mie.
Utilizzi anche accordature aperte? Alcune delle cose che suonava tuo nonno R.L. credo fossero in Sol aperto.
Sì, ho cominciato in Sol aperto! Per tre o quattro anni tutte le mie canzoni le ho suonate in Sol aperto. “The Way I Am” è scritto in Sol aperto. Poi ho imparato la stardard. Ora scrivo canzoni di continuo, ringrazio il Signore e il mio Big Daddy, R.L. Burnside, che ha aperto le porte per tutti noi della famiglia Burnside. E spero che il buon Dio mi conservi in salute cosicché possa continuare a suonare la mia musica in giro per il mondo. Sono davvero grato per questo.
Qualche anno fa hai pubblicato un album in collaborazione con Bernard Allison, “Allison Burnside Express”.
Bernard è a sua volta un grande fan dell’Hill Country Blues. Lo conosco da quando avevo 14 o 15 anni…è stato bello collaborare con lui, considerando che siamo così diversi, per stile musicale. Ma mi piaceva il suo stile e a lui piaceva il mio. Quando abbiamo deciso di collaborare è stato eccezionale ed è qualcosa che ha sorpreso molti…sapevo che poteva venire fuori qualcosa di buono, ma non così tanto.
Per alcuni anni Trenton Ayers ha suonato con te, vi conoscete bene.
Sì! Conosco Trenton da quando non era che un bambino di cinque o sei anni. Suo padre era solito suonare con Mr Kimbrough. Siamo cresciuti anche suonando musica insieme, di tanto in tanto…quando era libero gli ho chiesto “vorresti suonare con me?” E lui ha detto, “diavolo, sì”. Abbiamo cominciato suonare insieme ed è stato grande, come pensavo. Poi abbiamo fatto l’album “Hear Me When I Say” ed è stato splendido collaborare con alcuni di musicisti di New Orleans come Vasti Jackson. Mr Vasti è fenomenale, sa suonare in qualunque stile musicale. Abbiamo registrato a New Orleans. Uno dei miei manager del tempo aveva un amico che aveva uno studio lì, ci andavamo talvolta per provare e quando è arrivato il momento di incidere il mio disco siamo andati lì.
Hai pubblicato alcuni dischi da indipendente, poi ha firmato per Single Lock, una etichetta fondata da musicisti in Alabama. E “I Be Trying” ha vinto un Grammy!
Quello è stato un bellissimo momento! È corretto, John Paul White e Reed Watson gestiscono l’etichetta…Il mio buon amico Syd, che mi si occupave del booking dei miei concerti all’epoca conosceva i ragazzi della Single Lock. Gli feci ascoltare il disco e lui diventò matto, “amico, questo è veramente forte, lo hai già pubblicato?” “No lo sto proponendo proprio ora” gli risposi. “Per favore lascia che lo porti alla Single Lock”. A dire il vero non avevo mai sentito parlare della Single Lock, così ho cercato informazioni e gli ho detto, “Ok, sembrano a posto”. Ero un po’ scettico perché, sai, oggi la maggior parte delle etichette non lascia che un artista sia sé stesso, c’è sempre qualcosa di te che vogliono cambiare. Ma la Single Lock non lo fatto. Mi hanno detto, “no, ti vogliamo perché tu sei tu”. “Sono felice di sentirlo”. È andato tutto bene per me. Siamo andati avanti insieme e il resto è storia.
Nemmeno R.L. Burnside aveva ottenuto il Grammy, solo una nomination.
Essere stato il primo a vincere il Grammy per l’Hill Country Blues è una sensazione fantastica. Quando ero lì a ricevere il premio ho visto tutti, ho visto Big Daddy, ho visto Junior, ho visto Otha Turner e Miss Jessie Mae…Li ho ringraziati per avermi preso sotto la loro ala ed è stato bellissimo avere il Grammy anche per loro, non solo per me.
“I Be Trying” lo hai inciso ai Royal Studio con Boo Mitchell.
Si, anche con Boo ci conosciamo da moltissimi anni.
Come ti fa sentire essere una sorta di ambasciatore per l’Hill Country Blues nel mondo?
Beh, quello che mi fa andare avanti è il portare questa musica in giro per il mondo. Il fatto di aver suonato con i vecchi quando ero giovane…ero lì a colazione quando eravamo in tour o cercavo di trovare qualcosa per pranzo per loro quando eravamo in Europa…e stavo assorbendo la musica dalla fonte. È stato molto importante. Una responsabilità? Non ci penso perché è una cosa che amo ed è parte di me. Lascio che la musica parli da sola e allo stesso tempo rendo omaggio a tutti loro che mi hanno indicato la strada. Li ringrazio molto per avermi dato il via. Se non fosse stato per Big Daddy che mi ha portato in tour, probabilmente avrei cominciato molto più tardi. Questo voleva dire che credeva in me.
Era diverso tuo nonno quando eravate in tour rispetto a quando era a casa?
Questa è una grande domanda, perché lo era senza dubbio. Un lato completamente diverso. A casa doveva essere la spina dorsale della famiglia, un padre e un nonno forte, stabilire le regole e provvedere a tutta la famiglia. E faceva tutto questo. Si sarebbe perfino tolto la sua maglietta per dartela. In tour era molto più tranquillo, rilassato, perché poteva esserlo. Raccontava storie, scherzava, ridevamo e parlavamo. Una grande differenza. Non che non fosse divertente a casa, ma doveva anche essere l’uomo che detta le regole, perché tutti i figli e i nipoti venivano da lui chiedendogli questo e quello…è stato bello vederlo così, se lo meritava davvero. Una cosa posso dirtela, quando suonavo la batteria con lui lo guardavo ed ero in adorazione…vedere come il pubblico fosse ammaliato dalla sua voce e dal suo modo di suonare la chitarra. Il suo stile era diverso, ma grande. Ero come un fan. E ogni sera quando faccio il mio set ripenso a questo, all’aura che aveva quando lo guardavo suonare. Voglio davvero lasciare un mio segno, ma soprattutto che nessuno dimentichi R.L. Burnside. Non che ci sia questo rischio, ha avuto un grande impatto su molte persone. Ma finché sarò vivo di sicuro si ricorderanno di lui, mentre costruisco la mia storia e cerco di lasciare la mia traccia.
Talvolta sulla tv pubblica italiana RAI viene trasmesso un programma della BBC di Michael Portillo, “Great American Railroad Journey”, in un episodio girato a Memphis compari anche tu.
Oh davvero? Mi ricordo di averlo girato, ma sai una cosa, non l’ho mai visto.
Il tuo ultimo disco, “Hill Country Love”, lo hai inciso con Luther Dickinson. Anni fa ci avevi detto che Luther è stato il primo a regalarti una chitarra.
È vero, nel 2003. Ed è venuto in tour con noi nel 1996 o 97. Luther ha qualche anno più di me, ma mi ricordo che siamo andati da suo padre Jim a chiedergli se lui potesse venire in tour con noi, non solo per suonare ma come secondo autista. All’epoca Kenny guidava ma io non avevo ancora la patente. Così alla fine siamo riusciti a convincere Mr Jim a far venire Luther in tour. Un periodo straordinario, davvero bello. Con Luther ci conosciamo da talmente tanto tempo, è davvero mio fratello da madre diversa. Lui e Cody. Abbiamo registrato il disco in due giorni e il risultato è stato bellissimo.
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