carl weathersby

Poche settimane dopo la scomparsa di John Mayall ci ha lasciato, purtroppo, il 9 agosto scorso, anche Carl Weathersby. Vent’anni più giovane dell’artista inglese, Carl aveva in comune con lui una dedizione al blues indefessa, i due peraltro si stimavano ed avevano anche collaborato in qualche occasione. Weathersby,  cantante e chitarrista di spiccato talento, dotato di una personalità diretta, empatica, come di certo ricorderanno i tanti che lo hanno conosciuto e apprezzato nei frequenti concerti anche nel nostro paese, soprattutto negli anni Novanta e ad inizio millennio.  Nativo del Mississippi, trascorre l’adolescenza in un sobborgo di Chicago, East Chicago, dove la musica entra ben presto a far parte della sua vita. Forse è inevitabile se, come ha spesso raccontato, Albert King era un amico di famiglia e proprio al servizio di King finirà per suonare, qualche tempo dopo.

Non è solo la musica a segnarlo, Carl infatti ha prestato servizio in Vietnam, esperienza che aveva in parte rievocato durante un’intervista pubblicata sul n. 144 de Il Blues, ed ha esercitato anche altri lavori. La sua reputazione in ambito blues se l’è costruita con pieno merito, dapprima accanto a Billy Branch nei Sons of Blues, un rapporto durato circa tre lustri. Poi in una carriera solista ben avviata negli anni Novanta, con una serie di dischi editi dalla Evidence, inaugurata da “Don’t Lay Your Blues On Me”.  Se negli ultimi vent’anni dal punto di vista discografico le uscite a suo nome si erano fatte meno regolari, continuava ad essere molto richiesto, il che lo aveva portato a suonare, dal vivo e in studio, con cantanti quali Trudy Lynn o Nora Jean Wallace o ancora gli amici Mississippi Heat guidati da Pierre Lacocque. Da alcuni anni si era traferito nei dintorni di Austin, Texas e aveva dovuto affrontare problemi di salute legati al diabete, cercando sempre di continuare a suonare, nonostante tutto.

E allora salutiamo anche Carl Weathersby, senza dimenticare infine quanto si divertisse ad insegnare chitarra ai bambini, come ci aveva raccontato e quanto sia stato importante nella formazione di un musicista, Corey  Dennison, per il quale è stato, senza dubbio,  più di un mentore.

Matteo Bossi

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