E’ passato qualche anno dal precedente concerto milanese di Big Daddy Wilson, ma questa volta, forse anche per via del ponte di Sant’Ambrogio, il pubblico è davvero molto numeroso e assiepa il Nidaba quasi al limite della capienza. Wilson è accompagnato da un trio italiano, come anche sul più recente album “Neckbones Stew”, edito dalla Ruf, con i fidi Cesare Nolli (chitarra) e Paolo Legramandi (basso), oltre al batterista Archi Buelli.
Cominciano da una buona versione di “John The Revelator” per poi passare ad una serie di brani originali estratti dai suoi dischi, impasto di elementi folk, blues o un occasionale tocco caraibico. La miglior qualità di Wilson è la voce, limpida e profonda, che non forza praticamente mai, sfruttando appieno le tonalità più basse, buona la sintonia con la band, collaudata da anni di collaborazione. Di solida fattura “Cross Creek Road” e la stessa “Neckbones Stew” e recuperi dal disco precedente come “Time”. Nolli canta “Midnight Rider” e il pensiero corre per un attimo a Gregg Allman, prima di una breve pausa. Poi il concerto riprende quota con la divertente “Bullfrog”, “My Day Will Come”, sempre con accompagnamento allineato e composto da parte del trio italiano. Un momento particolarmente azzeccato lo ricordiamo quando i ritmi rallentano e Wilson canta una ballata soulful, “If You Were Mine”, piena di trasporto, in una sorta di medley, visto che il pezzo diventa gradualmente “She Loves Me”. Recupera anche pezzi come “Country Boy” e “Anna Mae” poi spazio nel finale ad una serie di classici soul, cantati alternativamente da Nolli, Wilson e Legramandi, da “I Got A Woman”, “Midnight Hour”, “(Sittin’ In) On The Dock Of The Bay”, per completare l’atmosfera di festa. Una serata davvero piacevole.
Matteo Bossi
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