Cofanetti – Il blues di una guerra sconosciuta di Marco Denti
All’alba dell’attacco di Pearl Harbour, Henry Miller scriveva: «La guerra è una forma di pazzia: la più nobile o la più bassa a seconda dei punti di vista. Essendo una pazzia collettiva i saggi sono impotenti a scongiurarla. Sopra qualsiasi altro singolo fattore che possa addursi a spiegazione della guerra, c’è la confusione. Quando falliscono tutte le altre armi si ricorre alla forza». Una follia che di volta in volta appare come necessaria e/o inevitabile: non erano nemmeno passati dieci anni dalla fine della seconda guerra mondiale, comprese due bombe atomiche, e già un’altra tragedia incombeva. Forse proprio per questo la guerra in Corea è stata rimossa, nascosta, sepolta insieme alle macerie e ai caduti.
Tutto quello che è rimasto nell’immaginario sono M.A.S.H. e il ricordo della visita di Marilyn Monroe. Sia nella versione televisiva che, ancora di più, in quella cinematografica di Robert Altman, l’irriverenza di M.A.S.H. era un sacrosanto sberleffo alla atrocità della guerra e alle insensate pratiche degli eserciti, ma non rendeva la cupa atmosfera che avvolgeva tutto ciò che proveniva dalla Corea. Nello stesso modo il viaggio di Marilyn Monroe, all’interno dei programmi per l’intrattenimento delle truppe al fronte, assume dei contorni un po’ surreali. Arriva nel febbraio del 1954: la guerra è finita da più di sei mesi, ma ci sono ancora 327.000 soldati americani in Corea e lei gli dedica ben dieci show suddivisi in un tour di quattro giorni. “Battleground Korea. Songs and Sounds of America’s Forgotten War”, il documentatissimo cofanetto della Bear Family Records dedicato (appunto) alla guerra in Corea, le offre un posto d’onore nelle prime pagine, con un portfolio di accattivanti fotografie dell’epoca, ma non dimentica di segnalare che per riuscire a vederla da vicino scoppiarono monumentali risse tra i soldati accorsi. (continua a leggere nel numero 146 marzo 2019)
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