Abbiamo appreso pochi giorni fa della scomparsa di Arthur Williams, un musicista che forse non suona familiare a tanti, i suoi ultimi dischi risalgono ad ormai vent’anni fa ed anche i concerti si erano fatti più rari, in pratica riservati a qualche esibizione a livello locale, nella città dove ha vissuto dal 1972, St.Louis, Missouri. Tuttavia, Williams era armonicista e cantante di valore, alfiere di un blues ruvido e downhome, dai suoni pastosi e graffianti, spesso in grado di marchiare le session cui partecipava.
Vale dunque la pena tornare sulla sua figura, magari rileggendo l’intervista pubblicata sul n. 63 de Il Blues ad opera di Joel Slotnikoff. In essa Williams rievocava la sua storia, tra il Mississippi nativo, a Tunica, per la precisione, l’infanzia a Chicago e la musica come compagna fin dall’adolescenza. Ritorna in Mississippi nel 1958 e prende a suonare con altri musicisti più o meno della sua età, quali Frank Frost e Sam Carr, ma anche con gente affermata, come Robert Nighthawk, Memphis Minnie e Piano Red.
Chiamato per il servizio militare all’inizio del 1961, è di stanza a Detroit dopo un periodo di addestramento in Texas ed anche in Michigan continua a suonare. Per le prime incisioni in studio, tuttavia, dovrà attendere ancora qualche anno. Dopo essere tornato in Mississippi a aver ripreso a suonare con gli amici Frost, Carr, è proprio con loro che va in studio a Nashville per la Jewel, con la produzione di Scotty Moore. Ne escono alcuni singoli, poi rieditati più volte in alcune compilation, accreditati al solo Frost.
Arthur Williams, la carriera
Da inizio anni Settanta Williams si trasferisce a St. Louis e ben si integra nella scena musicale cittadina, suonando con Tommy Bankhead, Boo Boo e John Davis, Big George Brock o Bennie Smith. Su disco lo ritroviamo, ad inizio anni Novanta, al servizio dell’impetuoso cantante e chitarrista Big Bad Smitty in entrambi i suoi dischi, “Mean Disposition” e “Cold Blood”, ma la sua armonica lascia il segno anche in registrazioni di Clara McDaniel e Boo Boo Davis. Sul finire della decade, anche per Williams arriva finalmente il momento di incidere come leader, seppur forse riluttante, come dichiarava nell’intervista citata. Escono infatti due CD per la Fedora di Chris Millar, il secondo lo riuniva al vecchio amico Sam Carr. Il suo disco migliore resta probabilmente “Midnight Blue”, uscito per la Rooster nel 2001 (Il Blues n. 79).
Nel 2004 ritrova i vecchi amici Sam Carr, Calvin Jones e Willie “Big Eyes” Smith per una registrazione effettuata al Delta Recording Service a Clarksdale da Jimbo Mathus, quando aveva ancora gli studi nei locali di radio WROX e uscita a nome Jelly Roll All-Stars per la Severn. Ricordiamo inoltre la sua partecipazione, nel 2007, al film di John Sayles “Honeydripper”, che vedeva protagonisti, oltre a Danny Glover, altri validi musicisti quali Gary Clark Jr, Keb’ Mo’ e Mable John.
Williams era venuto anche in Europa, suonando diverse volte al Blues Estafette ed anche al Festival di Lucerna a inizio secolo. Con lui se ne va un altro artista e testimone di un’epoca che scivola, ogni giorno di più, nella storia.
Matteo Bossi
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