Nelle ultime righe della recensione del lavoro d’esordio di Arianna Antinori (Il Blues 124) Davide Grandi raccomandava di non perdersi una sua esibizione dal vivo: e così abbiamo colto l’occasione del suo concerto tenutosi lo scorso 20 novembre allo Spazio 89 di Milano, un bellissimo teatro da 280 posti con un’acustica eccellente. Prima di poterla ascoltare abbiamo avuto l’opportunità di fare insieme ad Arianna una piacevole chiacchierata, più che un’intervista, di cui vi daremo resoconto prossimamante nelle pagine de Il Blues.
La serata si apre con “Gone”, ottima scelta per partire e fare percepire subito la coesione della band, ma è con la successiva “Move Over” che l’entusiasmo del pubblico sale alle stelle: mamma mia, è lei, è Janis! La somiglianza della sua voce con quella dell’indimenticabile cantante texana è davvero sorprendente, ma lo è ancor di più a nostro avviso il feeling e il suono che l’intera band sa ricreare e trasmettere: non ci sono fronzoli e neanche li vorremmo, due chitarre, basso, batteria e la voce che arriva secca, diretta all’ascoltatore, ma che sa toccare le corde dell’anima. In questo senso Arianna è molto brava ad alternare suoi brani originali con varie cover, della Joplin prevalentemente, ma non solo: anche quando propongono un classico bluesettone, come l’ha definito Arianna, i cinque musicisti sanno regalare grandissime emozioni, in un gioco di chiaroscuri assai ben orchestrato; abbiamo già modo di apprezzare il notevole fraseggio sulla chitarra giovane Davide Repele. Poi attacca “Piece of my Heart”, ed è un altro momento da brividi, ci sembra quasi che si emozioni lei stessa nel cantarlo, comunque Arianna comunica una passione, una genuinità che non lasciano indifferenti.
Dal suo disco estrae “You know”, brano dalle venature po’ zeppeliniane e scopriremo poi che questa considerazione non la diciamo a caso; è la volta di un bell’omaggio al quartetto di Liverpool, prima con l’intensa “Oh Darling” e poi con l’energia straripante di “Helter Skelter”, due brani quasi agli antipodi fra di loro ma entrambi offerti con grande carisma. Sempre dal suo album ascoltiamo il primo singolo estratto, “Shut Up”, con quell’andamento sbarazzino e divertente, e quindi “I Give”, caratterizzata da una sincronia ritmica perfetta fra basso e batteria: ancora due pezzi estremamente coinvolgenti e accattivanti. È la volta di altre due cover di livello “Communication Breakdown” dei Led Zeppelin, e poi “White Rabbit” dei Jefferson Airplane, entrambe rese con grande passione, con lo splendido crescendo del finale; la voce di Arianna regala tantissima energia, anche rabbia, come nella spettacolare “Freedom”, ma sa pure proporsi con la delicatezza espressiva di “Our Days”, uno slow di grande spessore, a conferma della personalità che la caratterizza nelle sue composizioni originali. Certo è che quando attacca “Raise your hand” di Janis, ci sembra davvero di vedercela davanti: Arianna è grandissima, ma in questo frangente non possiamo che apprezzare anche Michele Laverda che regala un trascinante virtuosismo al basso, per uno dei momenti più coinvolgenti della serata. Dopo un altro blues da incorniciare di Etta James, dove scherza con la sua stessa voce, si passa a “Immigrant Song”, fedele all’originale ma con un arrangiamento proprio; ritorna la Joplin con “Me and Bob McGee” e abbiamo l’ulteriore conferma che la sua voce riesce a interpretare molto bene quella di Robert Plant nel conclusivo “Rock’n’roll” con cui la formazione si congeda dal pubblico, non senza prima averci fatto gustare un assolo di batteria di Alessandro Lupatin da incorniciare.
Richiamati a gran voce per il bis si presenta prima soltanto Arianna che invita il pubblico a tenere il tempo affinchè lei canti “Mercedes Benz”, e qui capiamo perché ha vinto il contest indetto alcuni anni fa dalla famiglia di Janis; ritorna poi il resto della band per omaggiare Bon Scott con “Highway to Hell”, impreziosito dall’assolo dell’altro ottimo chitarrista Giovanni de Roit: un grandissimo finale con tutto il pubblico in piedi a cantare con loro. Raramente ci è capitato di apprezzare una serata come questa, dove la spontaneità, la sincerità, la comunicativa e la qualità della musica l’hanno fatta da padrone: Arianna Antinori è una delle migliori voci blues e rock che ci sia capitato di sentire, i quattro musicisti che l’hanno accompagnata hanno talento da vendere, hanno suonato a servizio del risultato finale, e quando c’è stato il momento hanno dimostrato di che pasta sono fatti. Bravi!
Come si legge nel sito di Arianna “Real Blues don’t Lie”: lo sottoscriviamo in pieno, lei ce lo ha dimostrato.
Luca Zaninello
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