Il quartetto di giovani musicisti lombardi ha presentato il primo CD “Blues Tale”,  domenica 9 marzo, sul palco prestigioso del Blue Note di Milano. La cosa non è certo da tutti, come riconosce lo stesso Alex Usai con più di un filo d’emozione,  salutando il folto pubblico presente, con il quale dialogherà per tutto il concerto, introducendo i brani spesso con una buona dose di autoironia.

Il repertorio poggia quasi integralmente sul disco, offrendo un saggio della coesione della band: una buona sezione ritmica, formata da Martino Malacrida, batteria e Ivo Barbieri al basso (voce in un paio di pezzi), la chitarra e voce del leader e gli interventi all’organo e tastiere del valido Alberto Gurrisi, tra l’altro collaboratore abituale del grande Franco Cerri. I pezzi dal vivo hanno maggior respiro che in studio e si collocano su un orizzonte sonoro più esteso di quanto la definizione “blues” possa far pensare. Lo stesso Usai racconta ad un certo punto dal palco, di come per loro il blues non sia tanto una struttura o una successione di accordi, ma un linguaggio base da utilizzare anche in altri contesti, seppure citi B.B. King, Robben Ford o Robert Cray come ispirazioni.

Alex Usai Band – Foto di Riccardo Cattaneo

Grande tecnica, compostezza e attenzione alle dinamiche, i loro brani ci sembra incrocino atmosfere differenti, più jazzate come nello strumentale “Britta’s Blues”, più classicamente blues,  la ripresa (non originalissima a dire il vero) di “Everyday I Have The Blues”, oppure  più funky come “Follow Me”. Per il bis, Usai si lancia dapprima in una improvvisazione alla chitarra, poi raggiunto dai suoi sodali attacca un paio di lunghi episodi hendrixiani, “Voodoo Child” e “Red House”,  occasione ulteriore di far apprezzare le qualità strumentali sue e della band.

Matteo Bossi

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