Saputo del loro arrivo a Milano, al Biko il 21 gennaio scorso, avevamo ipotizzato il concerto di loro due insieme sul palco, seduti con le rispettive chitarre a proporre pezzi dal loro disco “Scrapyard”, più pezzi dai loro percorsi individuali e qualche immancabile cover. Invece così non è stato, perché non abbiamo pensato, e facciamo pubblica ammenda, che Adriano Viterbini è in tour in Italia, prima di affrontarne uno negli Stati Uniti, per promuovere il suo recente secondo disco solista “Film O Sound”. E’ stato lui dunque l’epicentro del concerto, accompagnato da un combo di tre musicisti alle prese con basso, batteria, percussioni, tromba e tastiere.
E Reed Turchi? Il musicista americano, grazie alla sbocciata collaborazione musicale e conseguente amicizia venutasi a creare con Viterbini, è ormai spesso ospite del nostro paese e la sua presenza nel tour del suddetto musicista romano è legata all’apertura dei concerti. Da solo con voce e chitarra elettrica, Turchi purtroppo ha dato la sensazione di essere solo un riempitivo della serata, in quanto la sua lettura del blues è risultata poco attraente, monocorde, mostrando un canto debole che intervallava a una dinamica chitarristica un po’ improvvisata, poco risolutiva anche quando ha usato la tecnica slide. Il tempo a sua disposizione lo ha impiegato proponendo pezzi dai suoi dischi, come il talkin’ recitativo “When You’re Lost It’s All A Sign”, più uno che sarà presente nel suo nuovo lavoro e due cover, poco originali per esecuzione e per scelta; possibile che il blues delle hills deve girare intorno solo a “Going Down South” e “Po’ Black Maddie”? Con tutto il rispetto per i due pezzi che purtroppo sono al limite del rischio inflazione, con una bella spinta anche dal blues nostrano.
Pochi istanti ed ecco Adriano Viterbini & Band. Il concerto si è basato principalmente sui pezzi che formano il suo nuovo disco, ma con più volume. Giovane ma già con un curriculum di spessore, lo esporremo fra le righe della recensione del disco sul primo numero del 2016 de “Il Blues” (a proposito, vi siete ricordati di ri/abbonarvi?). L’inizio è stato promettente con sonorità maliane per una ipnotica versione di un pezzo di Boubacar Traorè “Tunga Magni” fusa con “Special Rider Blues”, da qui in avanti è stato invece un susseguirsi di situazioni musicali variegate, dentro le quali Viterbini sia con fraseggi irruenti che delicati passaggi, guidava le danze per gli strumentali come “Sleepwalk” e “Malaika”, scoprendo poi in lui anche un discreto canto nel riadattamento di “Bring It On Home To Me” (Sam Cooke) e nella swingante “Butta la Chiave” un successo italiano degli anni cinquanta di Peter Van Wood, stimato da Viterbini per come suonava la chitarra. Il concerto ha avuto una svolta anche cubana, guidata dall’eclettico musicista originario di Cuba, Jose Ramon Caraballo Armas che, oltre a cantare, passava con disinvoltura dalle percussioni alla tromba, dalle tastiere al basso, e che ha prima proposto un mix di pezzi formato anche dalla celebre “Chan Chan” e poi verso la fine “Guantanamera”. Stiamo conoscendo l’attività in proprio di Adriano Viterbini e le sue parole (cui crediamo) piene di passione per il blues, speriamo lo conducano anche su di un sentiero un po’ più chiaro e diretto, musicalmente parlando, come sta facendo con la musica del Mali.
Matteo Bossi Silvano Brambilla
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