BLUEBIRD & SKOKO - Live al Big Mama

Dietro l’esotico nome di Bluebird & Skoko si cela una vecchia conoscenza del blues romano ed italiano, l’armonicista Roberto Ruggeri. Io lo conobbi molti anni fa , credo addirittura negli anni ’80 quando ogni tanto andavo a comprare  nel suo negozio a Piazza Euclide qualche LP di blues . Mi ricordo ancora con quanto piacere trovai alcuni album rari in Italia della Spivey Records mentre il mio amico armonicista  Marco vi compro’ il suo primo microfono per armonica ( un Astatic JT 30 anche questo introvabile all’epoca in Italia). Oltre a gestire il negozio, Ruggeri era un valente armonicista ed appassionato di blues , collaborava anche con questa rivista e scrisse con Paolo Cavalcanti il libro “Blues in Chicago” per la Gamma Libri . Ad un certo punto ne persi le tracce e lo vidi riapparire molti anni dopo in concerto a Roma come Bluebird & Skoko. Infatti Roberto dopo essere stato a Chicago ed aver suonato con molti dei grandi bluesmen del posto (in particolare con Junior Wells che gli affibbiò il soprannome Bluebird ), ad un certo punto, circa 25 anni fa, decise di trasferirsi nella lontana Bali. Qui con la sua compagna Skoko, proveniente da altre esperienze musicali , decise di continuare la sua attività nel mondo blues.

Foto di Rocco Cedrone

A Bali nel 2012 hanno inciso l’album “Trust Your Mojo, Sista”, tutto registrato in analogico e mixato nei prestigiosi Abbey Road Studios di Londra. Il video, tratto dal singolo che dà il titolo all’album, ha vinto un premio internazionale il Byte My Music Award . Ritrovo quindi Roberto Ruggeri al Big Mama dopo tanti anni a presentare il suo nuovo album ( sempre con Skoko) registrato dal vivo nello stesso club romano, l’8 Novembre 2018. Ad accompagnarlo altre “vecchie conoscenze “ del blues romano , tra cui Piero Fortezza alla batteria ( Roma Blues Band, Roberto Ciotti ecc), Luca Casagrande alla chitarra ( Jona’s Blues Band, SuperMax Band su RadioRai2 ecc), Alessandro Saba al basso ( Roberto Ciotti, Renzo Arbore ecc ) , Fabio Di Cocco alle tastiere ( Locasciulli, Bertè, ecc  ). Tornare al Big Mama per me non è stato facile, essendo stato trattato più volte in modo a dir poco antipatico dai proprietari, cosa che si è verificata anche in questa situazione. Riconosco però al locale di continuare a proporre buona musica anche se sono lontani i tempi in cui veniva definito, a ragione,  la casa del blues. Sono tempi difficili per la musica dal vivo ed aver tenuto duro per tutti questi anni è sicuramente una cosa che gli va riconosciuta. Ma torniamo al concerto . Il locale è abbastanza pieno e si riempirà sempre di più fino alla fine dello spettacolo. Il pubblico è attento e partecipa al concerto  (purtroppo anche questa una cosa sempre più rara ).

Foto di Rocco Cedrone

Il primo brano vede la band iniziare con un brano medio tempo in tonalità minore ( This soul is mine ) tratto da l’album in questione. Bluebird subito dà un saggio della sua maestria all’armonica con una bella introduzione musicale per la cantante. Skoko arriva sul palco con un trucco che le ricopre quasi del tutto il viso e che insieme al costume ricorda molto gli abbigliamenti degli indiani d’America. La sua è una presenza molto importante sul palco , non in modo invadente ma con ironia e magnetismo riesce a catturare e tenere desta l’attenzione degli spettatori. La sua voce è molto particolare e risente delle sue esperienze musicali in altri generi di musica ma, proprio il non essere l’ennesimo tentativo di clone della classica cantante blues afroamericana,  la rende diversa ed interessante . La band macina a mille , guidata sempre da Bluebird, si lancia in assoli di grande intensità , sia con l’organo di Fabio Di Cocco che con la chitarra intrisa di blues di Casagrande ed i soli di armonica  del leader che si alterna anche alla voce con la compagna. La gente reagisce con grande entusiasmo applaudendo e lanciandosi in qualche accenno di ballo sulle onde del trascinante ritmo di basso e batteria. Dopo qualche brano è il momento di “ Trust your mojo” brano di cui abbiamo parlato sopra, che dà il titolo al primo LP, cantato a due voci su un ritmo alla Bo Diddley e che vede Bluebird cimentarsi anche alla chitarra elettrica. Il suono in sala è ben calibrato ed ogni strumento si sente bene senza sovrastare gli altri grazie all’esperienza del fonico Giovanni Onofri che da anni si occupa del sound nel locale. Una bella sorpresa è “ Having a real bad day “una delle poche cover della serata, brano scritto da Delbert Mc Clinton , che viene reso bene in una versione abbastanza fedele alla versione di Taj Mahal con Bluebird alla voce. Seguono altri brani originali tratti dall’album, dove i due cantanti si alternano sia alla voce che nelle presentazioni in italiano che inglese. Chiudono la prima parte due cover , “ My girl Josephine “ tratta dal repertorio di Fats Domino con un ritmo tipico new orleans, e la rhumba blues “ Hound dog “ che nell’inciso shuffle diventa “Woke up this morning” .

Foto di Rocco Cedrone

Nell’intervallo diversi tra il pubblico acquistano copie del LP , in vinile rosso da 180gr , evidentemente soddisfatti di quanto hanno ascoltato. Il secondo tempo riapre con “ I’m an angel “ altro brano originale che viene reso benissimo nella versione piano e voce , forse la migliore interpretazione di Skoko , cantato veramente alla grande. Seguono altri brani dall’album tutti nel solco della musica afroamericana ma sempre  vari sia nella struttura armonica che nella ritmica, da un blues più tradizionale ad uno con sfumature jazz o soul in uno spettacolo che non stanca mai. “Lost in oblivion” è un brano un po’ diverso, più moderno e swingante dove Luca Casagrande dà un saggio della sua bravura e tecnica chitarristica ricordando in alcuni momenti del suo “solo” i fraseggi di John Scofield e Robben Ford mentre , subito dopo, Piero Fortezza si lancia in un incandescente assolo di batteria a chiusura del brano. L’ultimo brano ” I’m a hooker “ è un pezzo dalla ritmica funk dove il Fender Jazz  di Alessandro Saba trova il terreno congeniale per il suo solo che alterna slap a velocissimi fraseggi , si chiude con un “vamp” finale con la chitarra che cita“ Jean Pierre “ di Miles Davis . Uno spettacolo avvincente e che fa dell’originalità la sua carta vincente , i brani composti dal nostro duo , scritti nel solco della tradizione blues, costituiscono l’ossatura dello spettacolo e reggono bene il confronto con i classici , ed anche la teatralità nel modo di proporsi sul palco, senza mai essere troppo fuori dalle righe, funziona egregiamente.

 

Gianni Franchi

 

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