Ci sta che alla soglia dei 90 anni arrivi il momento per lasciare questa terra ma, come per ogni figlio il proprio genitore non è mai troppo vecchio, così oggi sono tanti i figli musicali di B.B. King che sentono molto forte la mancanza di quel padre. Lungi da noi la presunzione di condensare in poche righe una vicenda artistica, ma anche umana, di oltre 65 anni, ma ci viene spontaneo anche solo dire un semplice GRAZIE per tutto quello che Riley B. King ci ha regalato nella sua lunga e meravigliosa carriera, ricca non solo di soddisfazioni ma soprattutto di tantissime emozioni e musica destinata all’immortalità.
Personalmente ho visto almeno tre o quattro volte B.B. King dal vivo, una di queste al Teatro Smeraldo con mio padre, in un altra ho avuto il piacere di intervistarlo; non si contano naturalmente le occasioni in cui l’ho visto in televisione o su DVD e ho ascoltato la sua musica. E la dimensione live era quella più congeniale al chitarrista: nella sua carriera ha calcato il palco decine di migliaia di volte, nei suoi periodi migliori superava le trecento serate all’anno, ma questo aspetto era per lui la naturale conseguenza di suonare il blues, di comunicarlo, era la totale identificazione fra il blues e la vita. La sua longevità lo ha definitivamente proclamato il re del blues, ma B.B. King lo era in realtà diventato con la sua comunicativa, con una capacità di trasmettere passione e ogni altra emozione attraverso quel binomio unico e irripetibile del suo timbro vocale e della sua Gibson ES-355 custom, la chitarra che per tutti era Lucille.
Negli anni ’50 pose le fondamenta componendo decine di brani che poi sarebbero entrati nella storia, negli anni ’60 consolidò la sua statura musicale, in particolare con quel capolavoro che risponde al nome di “Live At Regal”; iniziò poi gli anni ’70 scalando le classifiche mondiali con “The Thrill Is Gone”, a cui sarebbero seguiti numerosi altri successi e le centinaia e centinaia di collaborazioni con musicisti di ogni genere.
Come mi confermò durante il nostro incontro, queste erano per lui occasioni per diffondere il blues, per far conoscere il nome di B.B. King a un pubblico che probabilmente non avrebbe mai incontrato durante i suoi concerti: era certamente consapevole che la sua personalità e quel tocco unico sulla chitarra lo avevano reso un punto di riferimento per schiere e generazioni di musicisti, tuttavia B.B. King non si è mai assiso su quel trono, ma ha sempre voluto condividere il palco con migliaia di artisti.
È prima di tutto questa sua disponibilità che ricordo ancora adesso ripensando all’intervista che gli feci 17 anni fa, unita alla voglia di parlare di musica e al pensiero che rivolgeva sempre ai giovani chitarristi, affinché fossero testimoni concreti della freschezza del blues: impossibile fare un elenco di coloro che hanno suonato con lui e ancor di più di quelli che si dichiarano influenzati da B.B. King.
C’è probabilmente da aspettarsi nei prossimi mesi e anni una significativa uscita di CD ed esibizioni di B.B. King: noi speriamo che a guidare queste scelte non sia la logica del music business ma il rispetto per l’artista e la sua opera. Quando lui suonava voleva che chi lo ascoltava si divertisse, partecipasse, in altre parole fosse felice: certamente l’eredità che già oggi ci è stata lasciata è grandissima. A noi il compito, anzi il piacere, di ascoltare la sua musica e ricordarci “Why I Sing The Blues”.
Luca Zaninello
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