Ti ricordi i brani che hai registrato con Big Joe Williams?
No, neanche uno, ricordati poi che Big Joe Williams si inventava le canzoni lì per lì, aveva un’idea di quello che voleva dire ma la canzone se la inventava al momento, era uno dei massimi maestri! Era poi capace di suonare quella canzone magari due o tre giorni dopo senza essersela dimenticata.
Queste registrazioni di Big Joe Williams erano per la Prestige Records.
Sì, la Prestige.
Poi hai registrato per Charters su Adkins l’LP “The New Generation”.
Proprio così. La foto per la copertina è stata scattata proprio là (indica con un dito una scalinata che si vede dalla sua finestra), proprio quella scalinata là. Anche allora abitavo in questa zona. Abitavo sulla 123ma.
Come l’hai conosciuto Adkins? Era piu’ o meno della tua età.
Henry (AKA, Hank) era quattro anni più giovane di me. Sua moglie e mia moglie sono della stessa età. Lui era il mio testimone al matrimonio. La sua storia è molto simile alla mia. Henry era un meridionale come me, veniva dall’Alabama. Sua madre aveva lasciato suo padre e se ne andò a Detroit, portando Henry con lei. Ha portato il suo Blues con lui, il suo essere meridionale con lui. Giovani com’eravamo, entrambi del Sud e con un apprezzamento per questa musica, eravamo di buona compagnia. Parlavamo delle nostre esperienze per delle ore. Suonava la chitarra discretamente bene, discretamente bene.
Come avete deciso chi avrebbe cantato un certo brano?
Io ho cantato per la maggior parte delle registrazioni, lui ha cantato un paio di brani ma non sono nell’album, la sua voce non era un granché’ ma poteva suonare la chitarra.
Quando è stata l’ultima volta che vi siete sentiti?
Quest’anno, so dove abita.
Suona ancora?
Suona Spirituals. Non sta bene (mi fa intendere che è tossico dipendente ndt)… ma lasciamo perdere quella storia. In quel periodo quando avevo registrato l’album per Charters, le cose stavano cambiando per me. Anche il mio modo di pensare stava cambiando, con più serietà. A questo punto, sto pensando al futuro. Man mano che gli anni passano mi accorgo che sto invecchiando, che non sono più così giovane come quando sono arrivato a NY. Anche le donne con cui co-abitavo stavano invecchiando. Non mi andava più di co-abitare in quel modo, mi sembrava un spreco di tempo perché non c’era un vero legame, solo un legame di convenienza, di comodità… adesso volevo essere solo e così mi sono cercato una camera dove stare. Ho dovuto cambiare camere molte volte per vari motivi, ma sempre una camera solo per me. Vivendo da solo, avevo più tempo per pensare, riflettere. Avevo già mio padre che mi sgridava per essere così allo ‘sbando’, come diceva lui, che non ce l’avrei fatta…. Ma adesso ero più determinato a farcela. E così mi ero anche allontanato da quella poca parentela sulla Settima Avenue.
Eri in contatto con tuo padre a questo punto?
Occasionalmente, per telefono. Ma non sentivo niente… non sentivo niente… solo rimproveri. Ho voltato le spalle al passato e pensavo al futuro.
In passato mi avevi detto che tuo padre ti aveva sconsigliato una carriera come musicista.
Sì, specialmente nella musica Blues. Era uno di quelli che pensava che la musica Blues fosse veramente la musica del diavolo, io gli dicevo che suonavo gli Spirituals e che stavo imparando dal Rev. Gary Davis e… questa non era neanche del tutto una bugia.
Ma nemmeno tutta la verità.
Esatto.
Le note dell’LP “A New Generation” dicevano infatti che cambiavi stanze d’affitto con molta frequenza, dava l’impressione di una vita un po’ precaria.
Non era tanto precaria, non mi mancava il necessario. Dopo un po’ mi mancava la compagnia, la compagnia di una donna. Sono sempre stato quel tipo di persona che cercava… non una qualsiasi donna fa per me. Non sono mai stato un pazzo per le donne come Muddy (Waters)… neanche quando ero giovane. Sono sempre stato timido verso le donne, molto timido verso le donne. Anche oggi. Forse anche per questo motivo mi sono staccato da certi gruppi di persone che frequentavo. Non mi ero immischiato in nessun guaio, pensavo, e avevo già raggiunto qualcosa con il disco che avevo registrato. Ho smesso di bere così tanto, di frequentare persone che bevevano troppo, questo anche per il rispetto che avevo per Gary Davis; senza dirmelo direttamente, m’aveva fatto capire che questo mi avrebbe portato alla rovina. Avevo incominciato anche a fumare troppa erba e anche a venderla. Davis mi aveva fatto capire che imparando a suonare la chitarra, avrei avuto una base solida non solo per suonare il Blues ma anche gli Spirituals che suonava lui e tutto l’insieme faceva parte di una tradizione, di una cultura. Mi ha indirizzato per quel verso e questo ha cambiato il mio carattere, non sentivo più la necessità di essere sempre in compagnia. Adesso la musica era la mia compagna. Ho anche incominciato a comprare dischi con i quali mi confrontavo e imparavo cose nuove.
Non eri ancora sposato?
No, non ero ancora sposato. Quello è venuto più tardi quando ho incominciato a pensare che sarei stato l’ultimo Johnson della mia famiglia.
Proseguendo…
Quello che stavo dicendo è che Davis mi ha suggerito diverse strade. Prima di lui non mi confidavo con nessuno. Ho anche incominciato a studiare con serietà e Davis mi incoraggiava e mi prendeva sul serio. Lui ha iniziatoad essere per me, non voglio dire un padre, ma una figura simile ad un padre, un mentore…più che un mentore. Lo ascoltavo. Prima di lui non ascoltavo nessuno! Il mio carattere è cambiato da allora ed è stato Davis a darmi questa spinta senza che me ne accorgessi. Ho incominciato a pensare a come avevo fatto quelle poche registrazioni e volevo migliorare. Poi ho incontrato mia moglie. Questo mi ha cambiato ancora, più serietà intendo dire, meno arrogante… Per molti sono tuttora arrogante ma non lo sono, non possono controllarmi, ecco perché mi danno dell’arrogante, mi riferisco ai promotor, manager, produttori che insistono ad indirizzarmi dove vogliono loro. Davis suonava quello che voleva suonare e registrare quello che voleva, nessuno gli diceva “devi suonare questo o quello”, impensabile! Non sono della sua statura (grandezza artistica) – non ci penserei neanche – ma da lui ho capito che se prendi le strade indirizzate da questi tipi, ti perdi per strada per sicuro.
Hai conosciuto Gary Davis tramite Eric, se mi ricordo bene una nostra vecchia conversazione.
Sì, tramite Eric. Quando mi trovavo con Eric e suonavamo o parlavamo, Eric mi parlava di Fuller (Blind Boy Fuller ndt), io suonavo la chitarra nel suo stile e mi diceva che era stato Fuller ad insegnare quello stesso stile a Davis. Io volevo suonare in quello stile, volevo migliorami. Ma quando Davis ha incominciato ad interessarsi ad insegnarmi, mi ha dimostrato che loro due (Fuller e Davis) non suonavano esattamente lo stesso stile, solo in parte. Davis è andato oltre quello stile e tanto di quello che ho imparato da Davis sono cose che Fuller ha evitato, o non ha imparato, o non gli serviva, bisogna dire anche quello.
Dove abitava Rev. Gary Davis durante questo periodo?
Park Avenue e 179° Strada.
Nel Bronx?
Sì, nel Bronx.
In quale chiesa predicava?
Un po’ ovunque. Ho sentito parecchie delle sue prediche. Davis è riuscito a parlarmi della Bibbia in un altro modo, tale da rendermela come un libro vivente, una guida. Mio padre aveva tentato di insegnarmela ma davo per scontato quello che mi insegnava, imparavo a memoria e poco altro. Davis è riuscito a farmi capire il significato e come era di guida nella vita quotidiana. Queste cose mi hanno cambiato.
Profondamente?
Sì, perché’ ho cambiato il mio comportamento, il mio modo di vivere.
Anche nella musica?
Da allora non ero più un qualsiasi altro musicista Blues, ma “un” musicista Blues, “un” Bluesman. Da quel momento, dall’album per Charters in poi, tutti i miei album sono diversi da uno all’altro, sono una progressione… non una ripetizione. Anche se facessi le stesse canzoni di trent’anni fa, le farei diversamente, non sarebbero un copia-carbone.
Come ti ha insegnato a suonare il Rev. Gary Davis? Erano lezioni nel senso formale? Qual’era il suo approccio nell’insegnarti?
Fermiamoci un attimo… (l’intervista riprende dici minuti dopo). Mi hai chiesto del suo approccio per insegnarmi la chitarra…è incominciato quasi un anno dopo averlo conosciuto. Ha incominciato ad insegnarmi per un motivo e questo l’ho capito solo di recente. Ha visto che ero un giovane senza futuro, ha visto in me un giovane che non vedeva e non pensava oltre lo stesso giorno, che non ero ancorato a nessuno e a nessuna cosa, ha visto che avevo un interesse nella musica e che ero capace di impararla. Mi ha calmato, ha rallentato come suonavo la chitarra, mi ha fatto capire che le pause tra le note sono importanti quanto le note. Suonare troppo in fretta conta poco. Quante volte hai visto un chitarrista che suona mille note in un secondo e alla fine della sua performance ti sei chiesto: “bravissimo chitarrista” e un attimo dopo “però” non c’era nessun feeling”, o “poco feeling”?
Troppe volte.
Ecco! Ne parlavamo l’altro giorno mentre ascoltavamo alcuni album. Davis non mi ha insegnato canzoni, mi ha insegnato i suoni, i cambiamenti tra gli accordi, come muoversi sulla chitarra. Quei tipi di cose e quello che mi ha insegnato era proprio quello che mi mancava. Io non lo sapevo ma lui l’aveva capito subito. Come aveva capito che il mio stile di vita, fino a quel punto, mi avrebbe distrutto. Frequentavo queste donne molto più anziane di me, bevevo troppo, ero giovane con poco da tenermi occupato e stavo andando incontro a grossi problemi. Davis ha visto tutto questo e come ho detto prima, l’ho capito molto più tardi. Lui era dell’opinione che tutti siamo nati con un talento, ma bisognava svilupparlo e nutrirlo. È quello che ha fatto per me e tanti altri. Ti sei mai chiesto perché’ tutti quelli che hanno imparato da lui, parlano sempre di lui? Anche dal palcoscenico? Perché’ ci ha insegnato, ha sviluppato e nutrito il nostro talento, e ancora di più, ci ha insegnato valori essenziali, come comportarsi, come vivere con dignità. Ti dico un’altra cosa che non ho mai detto a nessun altro: dopo la sua morte, non tanto tempo dopo, mi sono perso, ma veramente perso e per tanti, tanti anni. Ritornando alla chitarra… mi ha anche insegnato come cambiare il tono di una corda, come cambiarla e farla sembrare una corda diversa da quella che era.
C’erano altri che andavano dal Rev. Gary Davis per imparare.
Oh, tanti altri, non mi ricordo neppure tutti i nomi; ogni volta che Davis suonava eravamo tutti lì. Imparavamo anche mentre suonava davanti al pubblico. Volevamo imparare ma volevamo ascoltarlo, più che altro. In principio mi avresti trovato con lui molto spesso perché’ non avevo relazioni, ero da solo… e non mi parlava di solo musica, mi parlava di come erano le cose quando lui stava crescendo… come quando arrivarono le prime automobili e tante altre cose del genere. Nessun altro mi raccontava queste cose. Era una relazione che non ho mai provato con nessun altro, parlare non solo di musica ma di tante altre cose. Con Nat (Riddles, armonicista ndt), per esempio, parliamo solo di musica e poco altro. Capisci? Penso anche che… non c’era nessun altro della mia età che gli portava il rispetto che gli portavo io, come persona, intendo dire, non solo come musicista o maestro di chitarra. Tutti gli altri che prendevano lezioni di chitarra erano focalizzati sulla chitarra. Io lo vedevo come un uomo completo e neanche come un uomo cieco. Lui stesso me lo confermò, un giorno mi ha persino detto che io ero… ero uno difficile, distratto da tante cose che non hanno nulla a che fare con la musica. Anche oggi quando mi trovo con gli altri musicisti non voglio parlare solo di musica, anche quando loro persistono nel parlare solo di musica. Quando mi trovo col tuo amico John (Jackson ndt) non parliamo solo di musica, ma anche lui è uno dei pochi; appena si intromette nella nostra conversazione un altro musicista puoi essere sicuro che gli parlerà solo di musica e a quel punto lascio parlare loro due. (lunga pausa).
Come ti prepari per una registrazione prima di andare in studio o anche sul palcoscenico?
Sono nato preparato! (Ridiamo tutti e due a lungo – questa è una sua solita battuta ndt). Quando devo scegliere il materiale da registrare o per una performance devo stare da solo per un bel po’, senza nessuna compagnia. Devo pensare in pace, da solo. E sai bene che di pace ne ho avuta ben poco in questi ultimi anni (anni ’90 ndt). Quando scelgo i brani, che siano di altri (covers) o miei, devo seguire il mio istinto di ragionamento. Non mi è difficile scegliere i brani ma la scelta di ogni brano deve avere un ragionamento. Il produttore dell’album ha un suo ragionamento, a volte ha persino suggerimenti su brani particolari, o vuole che sia accompagnato da qualche altro musicista che non ho scelto io. Forse, il musicista da lui scelto è anche migliore tecnicamente di quello che avrei scelto io ma questo non è l’unica cosa che conta, devi avere un feeling per il Blues. Spero un giorno di provare la soddisfazione di andare in studio e di uscire soddisfatto di tutto quello che ho registrato, finora non è successo. Mi piacerebbe andarci accompagnato da qualcuno di mia scelta, sceglierei tutti i brani e registrarli un po’ alla volta – tre o quattro per giorno e non tutti in una sola seduta. Magari quel giorno ti senti… predisposto… a registrare tre o quattro canzoni. È inutile insistere a suonare un brano quando non te la senti di suonare proprio quel brano… a volte non capisci neanche il perché’… sai solo che non ti viene come lo vorresti.
Hai sempre registrato i tuoi album in un solo giorno?
Quasi sempre in un solo giorno. Dodici canzoni, una dopo l’altra. Non è che non posso cantare dodici canzoni di fila come in una performance, ma in studio la cosa dovrebbe essere diversa, più pensata. Magari i tuoi pensieri sono altrove e non dovresti neppure trovarti là.
Non a comando e richiesta del produttore.
Vorrei proprio sentirmi pronto e a quel punto chiamare il produttore e dirgli di prenotare lo studio per 3-5 ore nei prossimi giorni. Dirgli se sarò solo o accompagnato da chi, cosa suoniamo e quanti brani sono pronti. Sto pensando questo mentre stiamo parlando perché, oggi come oggi, ho quattro canzoni, ci sto lavorando da tempo. Ma non dodici. Se il produttore insistesse su dodici, le altre otto sarebbero sicuramento canzoni nel mio repertorio ma non sarebbero suonate con lo stesso feeling delle prime. Forse, chi ascolta non se ne accorge ma io sì e questo mi dà fastidio. Ho degli album dove sono contento di 2-3 brani e gli altri evito di ascoltarli perché’ non sono al mio meglio e riconosco che se le avessi registrate una settimana dopo sarebbero all’altezza delle prime… sono un critico severo… perché’ ridi?
Perche’ alcune volte abbiamo assistito ad alcune performances di artisti Blues e…
… e non mi sono piaciute per niente. Ce ne sono pochi che mi piacciono… dico di quelli che sono sulla scena ora. Ricordati che ho assistito ad artisti come Son House, Big Joe Williams, Mississippi Fred McDowell, Mississippi John Hurt e tanti altri – intoccabili! Non oserei mai dire che sono dello stesso calibro, non è questo il punto che volevo fare. So che oggi c’è gente che vuole suonare il Blues quando di Blues non capisce niente, solo gli accordi e pure quelli senza feeling. Mi hai agitato.
Ti ho solo assistito.
(risata) Vero…
Ma davvero non c’è uno dei tuoi album che ti piace integralmente?
Quello che ho registrato per Nick Perls, sulla sua etichetta Blue Goose; è quello che mi piace di più, a distanza di tanti anni. Ecco, vedi? Quello illustra quello che stavo dicendo prima.
Non l’hai registrato in un solo giorno?
No. (Nick) Perls aveva tutti i suoi macchinari (registratore, ecc.) in casa sua. Così abbiamo registrato brano oggi, due domani e così via. È l’unico album (“Fast and Funky”, Blue Goose BG-2001 ndt) che ho registrato in quel modo e non tutto in un giorno. Come ho detto, se proprio devo registrare tutto l’album in una sola seduto, sono capace di farlo, scelgo dodici canzoni che conosco bene e le registro. Ma probabilmente, il risultato non mi piacerebbe tanto.
Le canzoni che sono su “Fast and Funky” sono state scelte da te, suggerite da Nick Perls o…
No, no. Le ho scelte io, però devo dire questo di Pearls, anche se ci comportiamo come cani e gatti, Perls conosce (a questo punto, Pearls non era ancora scomparso, ndt) il Blues e sa quando una canzone è riuscita bene o no ed è una buona guida durante le registrazioni. Sapeva dirti, per esempio, “andavi troppo in fretta in questa o quella parte della canzone”, oppure ti dimostrava che una certa canzone metteva in mostra le tue capacità come chitarrista. Ed è un critico spietato come me (risata).
Mentre negli album suoni spesso da solo, nelle performances sei accompagnato o almeno a me sembra così.
È così, specialmente ora. Ma oramai mi presento una, due volte l’anno. C’è poco lavoro. Quel poco che c’è, mi piace farlo in compagnia di qualcuno, non sempre, ma quando è possibile. Suonare davanti al pubblico solo una o due volte l’anno non va bene, vorrei suonare molto di più ma non pagano. Non voglio suonare per due centesimi, allora preferisco non suonare. Sono nella fase di vita, chiamiamola così, dove mi piace suonare Spirituals più che Blues. Strettamente parlando. E non trovo musicisti capaci di darmi il suono, il feeling che voglio. Ho persino pensato di registrare e poi di suonare l’armonica e combinarli.
Overdub?
Sì, ma quel metodo, pensandoci, non mi piace tanto. Alcuni lo fanno. Non mi hai detto che Johnny Copeland fa overdubs nello studio? Preferirei registrare con un accompagnatore. Un musicista che capisce la musica. Sono più anziano ormai, le energie incominciano a mancare. Pensi a troppe cose, devi bloccare tanti pensieri prima e durante la registrazione. Mi è sempre più difficile ora, molto difficile. I primi tempi quando ero sposato ero più tranquillo.
Quando ti sei sposato?
Quando avevo 27 anni, nel 1967. Volevo una famiglia, mi sentivo solo al mondo. Fino ad allora, Gray era diventato un secondo padre e la musica era un bonus. Gary era sempre disponibile, potevo andare da lui o chiamarlo al telefono per qualsiasi motivo. Stavo bene in sua compagnia, come noi due quando ci capita di scambiarci due chiacchiere su argomenti diversi. Anche con (Nick) Perls, ma non con Dick Waterman o Sam Charters. Ci deve essere qualcos’altro, oltre la musica. So che mi capisci in quello che intendo ed è stato questo che ho intravisto in Davis. Questo tipo di socializzare è diventato più importante per me ora che sto invecchiando. Sento il bisogno di condividere quello che penso di questo o quello. Non mi piace stare insieme e chiacchierare con persone che parlano di nulla o che vogliono stare insieme per il solo scopo di bere o fumare. Quand’ero giovane mi piaceva viaggiare da solo ma non adesso. Come ho detto, mi piace la compagnia che sia però stimolante e non parli di stupidaggini o gente che cerca, in qualche modo, di approfittarsi di me.
Mi sono accorto di un rapporto cauto da parte tua verso altri musicisti.
Buona e corretta osservazione (risata). I chitarristi che incontro, non li tengo a braccio teso, non li abbraccio neppure; ascolto quello che hanno da dire e capisco subito se sanno di quello che stanno parlando. Ho più esperienza per misurare un musicista. Ho tante idee che vorrei condividere con altri musicisti ma le opportunità sono poche. Nel periodo piu’ recente c’era (Jim) Bennett (dobro) che mi chiedeva di provare certe idee con lui ma poi è andato ad abitare lontano dalla città e sua moglie non gradiva le mie visite; così è finito lo scambio di idee. Adesso sono a Harlem ma non è piu’ l’Harlem dei miei primi anni. Non ci sono altri musicisti che suonano il mio tipo di musica, almeno non ne ho incontrati finora. Mi piacerebbe suonare davanti al pubblico ma queste opportunità sono poche e… te l’ho già detto, non pagano. Suonare senza essere pagati un certo ricompenso rispettoso, questo assolutamente no.
Ritorniamo alla tua famiglia. Hai avuto figli?
Tre e li vedo raramente. Per un periodo ho tentato di… con mia figlia, la più giovane e… non voglio parlarne; mi fa star male… ti dirò solo che non avevo amore in me per gli altri, vedo la stessa cosa in mio figlio (Larry Johnson, Jr.) E anche questo è stato Davis che me lo ha dimostrato per primo, mi ha fatto capire che non avevo un legame veramente stretto, di reciproco amore con un’altra persona. Sono sempre stato in movimento come un ‘rolling stone’, sempre in giro con un atteggiamento scontroso. Henry e’ stato il primo vero amico da quando ero ragazzino. L’unico ad avermi dimostrato una vera e profonda amicizia.
Stai parlando di Hank?
Sì. Hank, Henry Atkin, abbiamo già parlato di lui. È che non mi fido della gente, se poi incomincio a conoscerti un po’ e vedo che sei sincero allora contraccambio la sincerità e l’amicizia. Non so se questo è giusto o sbagliato. A farmi capire tutte queste cose è stato sempre Gary e lo ha fatto accettandomi com’ero, senza giudicarmi, accettandomi nella sua cerchia. Cosa avevo da offrirgli? Nulla! Era lui che aveva il tutto da offrirmi. Mia moglie mi ha dimostrato affetto e amore per alcuni anni, che prima non avevo. Mio padre e sua moglie hanno provveduto come meglio potevano. Mi dicevano che mi volevano bene, probabilmente nel loro modo. Ma questo devi sentirtelo dentro e non me lo sentivo dentro, questo amore, finche’ non ho conosciuto Gary. Quelle donne con le quali convivevo a Harlem… non c’era nessun amore reciproco, solo convenienza reciproca. È che l’ho capito molto piu’ tardi con l’aiuto di Gary… ma ti ripeto: è difficile accostarmi a qualcuno con vera amicizia e reciproco rispetto.. a volte ci saranno discussioni dove non siamo d’accordo ma se c’è il rispetto, reciproco, rimaniamo amici. Quante volte abbiamo parlato di cose su cui io e te non eravamo d’accordo? Ed era così anche con Perls.
Ho la forte impressione che il Rev. Gary Davis sia stata la persona davvero fondamentale e forse non solo per te.
Si, anche per Roy (Bookbinder), anche lui alunno di Davis, come (David) Bromberg. Davis è stato un maestro molto importante per Bookbinder. Quando lo vedi, chiediglielo. Ecco, Davis mi ha fatto capire che non ‘vivevo’, ‘esistevo’; ero in esistenza senza meta. Davis ti apprezzava e accettava quello che eri. Anche la mia (ex) moglie mi ha apprezzato in quel modo per qualche tempo. I problemi sono incominciati quando si sentiva esclusa dal mio piccolo cerchio di musicisti, persino Davis, e mi ha dato una scelta: o lei e famiglia o la musica. Smettere di suonare la musica dalla quale non guadagnavo abbastanza e piuttosto trovare qualche altro tipo di lavoro per meglio supportare la famiglia. Ho scelto la musica. Non è stato facile, credimi. Erano ancora piccoli i figli e non è stato facile. Ma anche lì, Davis mi ha fatto capire che senza musica non avevo altro mestiere e questo mi avrebbe mal servito a lungo andare. La musica mi sosteneva come nessun altro lavoro avrebbe potuto, ti viene da dentro, sostiene il tuo animo. (Breve Pausa). Devo rimettermi in gioco e cercare di suonare davanti al pubblico. Le registrazioni non contano un granché’ per me, non come prima. Vivo precariamente e pericolosamente, questo lo sai anche tu. Me l’hai detto anche tu, sei stato onesto. Finalmente ho un posto fisso anche se è solo una piccola camera e… m’accorgo che mi sto compromettendo la salute.
Stai parlando dell’uso della cocaina, del crack.
Sì; non socializzo più. Questa è la prima vera conversazione da settimane ed e la prima da quando ci siamo incontrati.
Sono piu’ di tre mesi…
Tre mesi… può darsi; la cocaina mi rilassa; non è per l’eccitazione… è tutto per quello che non ho… non potresti capirlo, né dovresti capirlo. Se avessi la musica sarebbe diverso, anche parlare di musica.
Parliamo di musica allora. Nick Perls è stato un capitolo importante nella tua vita. Come l’hai incontrato.
Una vera svolta nella mia vita. La seconda dopo Gary Davis.
(Si perde nel pensiero per un lungo periodo).
Stavi già accompagnando il Rev. Gary Davis un posto all’altro.
Accompagnavo Davis a diversi posti in città, i diversi club dove doveva suonare, il Village Gate, il Gaslight Cafè , Cafè Au Go Go, Folk City. Alcune volte per vedere qualche suo amico musicista. Accompagnandolo in questi posti ho incontrato tanta gente. Per loro ci doveva essere una ragione, un motivo perché ero lì con lui. A volte parlava di me e altri musicisti, che eravamo bravi studenti di musica e un giorno lo avremmo dimostrato e così via, ci scherzava pure. Tanti non lo sanno ma era un uomo molto scherzoso, di buon umore, di ottima compagnia. Non l’ho mai sentito parlare male di nessuno. Quando scherzava su di me, ad esempio, ridevo anch’io, la sua natura era benevola e tutti la capivano per quel verso. In questo periodo, Perls aveva pubblicato un LP di Davis, quello dove sulla copertina c’è Davis con un sigaro. Un LP che raccoglie vecchi brani registrati su 78 giri negli anni ’30 (Yazoo L-1023). Nel retro della copertina ho visto il nome (Nick Perls) e un giorno l’ho incontrato nel parco vicino casa sua a Washington Square (Park). Si è presentato dicendomi che mi aveva riconosciuto. Non lo avevo ancora conosciuto prima di allora anche se lo conoscevo di nome. Siamo della stessa età e ci piaceva la stessa musica e fumare marijuana e il tutto ci ha tirati insieme. Poi aveva tutti i dischi, ma proprio tutti! Un’immensa collezione. Gary mi parlava di musicisti come Blind Blake e mi dimostrava il suo stile, Perls aveva i dischi di Blind Blake e tutti gli altri. Ho incominciato ad andare a casa sua dove eravamo in compagnia di altri per ascoltare i dischi, per lo più 78 giri ma anche LP. Era un rito: tirava fuori un 78 giri di Blind Blake e lo si ascoltava ripetutamente e poi subito dopo uno di Blind Willie McTell. Ci mettevamo a discutere sugli stili, le accordature della chitarra, intonazioni della voce… serate inoltrate. Prima di ascoltare il disco, Nick lo passava di mano in mano per meglio osservare i particolari – guardavamo con attenzione l’etichetta, cosa c’era scritto, com’era scritto, il colore, il numero di matricola, l’incisione… come un oggetto sacro (lunga risata). Venivano fuori vivaci discussioni. Spesso c’era anche Steve (Stephan Calt) e lui decifrava la canzone, le parole noi altri non riuscivamo a capire, gli accordi e tutto il resto.
Calt ha scritto le note per parecchi LP della Yazoo Records (etichetta di Nick Perls).
Aveva un’abilità per capire quei dischi come nessun altro di noi. Con un solo ascolto era capace di dirti i cambiamenti e le posizioni (!).
Avete ascoltato anche quelli di Davis?
Sì, anche di Davis, gli originali 78 giri e ne parlavamo. Questo voleva dire tanto per me, anche questo mi ha fatto da scuola. Scambiavamo opinioni. A proposito, Perls era dell’opinione che tutte le recenti ‘riscoperte’ non fossero della stessa qualità; che alcuni non erano piu’ in grado di suonare e gli dò ragione ancora oggi. Era dell’opinione che Robert Johnson non sia stato il piu’ grande Bluesman del Delta e aveva perfettamente ragione!
Chi allora?
Nessuno è stato il piu’ grande. Ci sono stati grandi come Johnson (Robert), (Charley) Patton, (Son) House e altri. Li ascoltavamo tutti… quante discussioni… le serate volavano via e le nostre teste rimanevano piene di quella musica che avevamo appena ascoltato. Una sera, dopo aver ascoltato Patton e venuta fuori una discussione accesa su cosa suonerebbe se fosse ancora vivo ai giorni nostri, come sarebbe cambiato il suo suono, il suo stile e se Perls avrebbe tentato di registrarlo.
Ha mai tentato di registrare Rev. Davis?
No, Gary non voleva niente a che fare con lui. Quando Perls aveva pubblicato l’LP dei vecchi 78 giri di Davis, Perls non pagò Davis perché’, legalmente, Perls aveva acquisito i diritti e pagato per gli stessi alla vecchia casa discografica. A Davis, questo affare non è piaciuto un granché anche se era legale che Perls agisse in questo modo. In più, Perls non sapeva parlare con Davis. A sentire Davis, (Perls) lo trattava come un musicista “vecchio-stile”. Lo stesso Davis me l’ha riferito, non era qualcosa di specifico ma une sua intuizione.
Non si sentiva sufficientemente rispettato da Nick Perls?
No, si era fatto questa impressione. Però so di sicuro che Perls aveva il massimo rispetto per i musicisti come lui, Son House e tutti gli altri.
Forse era per il solo fatto di quell’LP sulla Yazoo.
Sono dello stesso parere. Perls era molto deferente con i musicisti, era molto interessato in tutti i particolari della loro musica e vita e li trattava molto bene. Li invitava a casa sua, li alloggiava nei miglior hotel e non gli faceva mancar nulla. A Davis non glielo dicevo neppure che mi incontravo regolarmente con Perls, non volevo annoiarlo e in nessun modo insultarlo, capisci? Grazie alla nostra amicizia ho imparato molto e ho sviluppato il mio stile di suonare. È stato Perls che mi ha spinto a fare nuove canzoni come “Charlie Stone” che viene da un vecchio brano. Con Perls sono rimasto amico anche se a volte mi arrabbio con lui e lui con me. A casa sua ho conosciuto un mucchio di gente come ti ho detto prima. Sovente, parlo con Stephen Calt. Calt poteva dirmi quale accordo in qualsiasi canzone stavamo ascoltando – non sbagliava mai. Un altro con questa capacità è il chitarrista John Miller.
Cosa cercavate di capire durante l’ascolto di uno di quei 78 giri?
Ognuno aveva la sua specialità, se vuoi. Per Calt erano gli accordi, i cambiamenti, ma anche il linguaggio e le parole stesse. Dall’accento di certe parole del cantante, era capace di dirti da quale zona del Sud era quel cantante. C’erano parole difficili da capire e lui ci riusciva. Si imparava qualcosa di nuovo ad ogni ascolto ed era un vero divertimento.
Alcuni di quei dischi saranno stati anche in condizioni povere.
Alcuni, e questo era un’altra cosa dove Perls era geniale: metteva insieme una canzone usando diversi dischi della stessa canzone. Ne abbiamo parlato…
Usava una parte del 78 giri e poi un’altra parte del brano da un altro 78 giri della stessa canzone?
Esatto, esatto. Un giorno mi chiamò e mi chiese se avrei potuto aiutarlo a portare a casa sua registratori e altra roba pesante che aveva appena comperato. Aveva comperato tanta roba, due registratori, pre-amplificatori, apparecchi che servivano da filtraggio per diminuire il fruscio dei vecchi 78 giri e… altoparlanti enormi e della massima qualità. Ci abbiamo messo due-tre giorni per sistemare il tutto. Dopo qualche settimana, ci mostrò un primo risultato. Si era fatto prestare da altri collezionisti dei 78 giri di una canzone di Charley Patton e li ha registrati tutti sul registratore a nastro da bobina a bobina; poi prese la miglior parte di ciascuno dei 78 giri che aveva registrato, li ha tagliati e messi insieme con lo scotch. Alla fine, aveva messo insieme non so quanti pezzi di nastro con lo scotch per una canzone. Il risultato era che adesso potevi ascoltare la canzone come mai prima da quegli stessi 78 giri. Ogni 78 giri poteva avere diversi difetti all’inizio, in mezzo alla canzone, alla fine della canzone… eliminando le parti difettose e scambiandole con quelle migliori, sempre dello stesso passo della canzone, aveva rimesso a posto quella canzone. E di quei tagli rimessi insieme con lo scotch non te ne accorgevi. Li aveva messi a posto con precisione. La canzone non era stata alterata per nulla, non mancava una nota. Era bravissimo come fonico.
Posso immaginare il vostro compiacimento.
Te lo puoi solo immaginare (risata).
Ti ricordi qualche canzone in particolare che hai ascoltato dalla sua collezione, una che ti ha particolarmente colpito?
Come oggi. “I Picked Poor Robin Clean”, “I Picked Poor Robin Clean”! (risata) Cantata da due donne: Elvie Thomas e Geeshie Wiley!
Ti ricordi i loro nomi senza esitazione, mai sentito parlare di loro.
Non sono tanto conosciute. Perls aveva anche l’originale di Luke Jordan; forse l’ho rielaborata più dalla versione di Elvie e Geeshie che di Jordan.
Parli della tua versione nel tuo album “Fast and Funky”?
Esatto. Ritornando alle differenze tra i 78 giri e le versioni di Davis, Gary era molto raffinato mentre molti dei 78 giri avevano versioni grossolane; era molto istruttivo sentirle e riuscivi a capire i cambiamenti, mentre i cambiamenti di Davis erano difficili da capire. Glielo dovevi chiedere per capirli, almeno ai primi ascolti. Dai 78 giri ho imparato le varie versioni della stessa canzone, le diverse voci, o stile di voce. Questo mi ha aiutato a trovare la mia voce.
Prima di questo ti sentivi più imitatore?
Certo! Dopo aver fatto “scuola” con Perls, Calt e gli altri, ho incominciato ad allontanarmi dagli stili di Lightnin’ Hopkins e Jimmy Reed. A casa di Perls ho anche sentito per la prima volta pianisti da stili molto diversi e stimolanti. Ti ricordi di Montana Taylor? Ne parlavamo tempo fa…
Me lo ricordo, abbiamo parlato anche di Walter Davis e Fats Waller…
Esatto, esatto. Bene, ho imparato anche da loro da come cantavano. Walter Davis aveva uno stile rilassato che mi è sempre piaciuto. Ho imparato molto dai loro dischi e anche da quelli di Charley Patton. Da Patton ho capito da dove questi stili hanno avuto le loro origini. Da Gary Davis ho visto dove si può arrivare. Ogni ascolto ti rivela qualcosa di nuovo, se l’artista è un vero maestro del suo… (cerca la parola adatta)
…idioma?
Sì, idioma.
(fine seconda parte – vai alla prima parte qui – alla terza parte qui)
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