Sam & Dave

SAM & DAVE: LA NASCITA

di Ennio Fog Fognani

Sam & Dave: il più famoso duo della storia della musica muove i primi passi in Florida, ed esattamente a Miami, dove, dopo essersi entrambi ambientati musicalmente, come tanti altri loro colleghi, nel gospel, Sam Moore e Dave Prater si incontrano nei primi anni ’60.

Sam è proprio nato in città, il 12 ottobre del 1935, e fin da piccolo ha frequentato la chiesa battista e poi cantato con i Majestics, un gruppo di doo-wop, ed ancora con un gruppo di gospel The Melionaires, nel 1959. Aveva perfino tenuto un’audizione, che però non aveva portato ad alcun risultato, per i Saul Stirrers. Dave, invece, arriva dalla Georgia, dove nasce il 9 maggio del 1937, a Ocilla, da dove si trasferisce per andare a cantare nei Sensational Hummingbirds. Una sera, al King Of Hearts dove Sam cantava, durante uno spettacolo di nuovi talenti, Dave cantò un brano di Sam Cooke; allora Sam gli si avvicinò e gli chiese se conoscesse “Doggin’ Me Around” di Jackie Wilson. Dave gli rispose di no, ma Sam non si perse di animo e lo convinse dicendogli che gli avrebbe suggerito le parole nel corso della canzone: questo fu il primo brano che cantarono insieme. Il proprietario, che era anche il sindaco di Fort Lauderdale, rimase ben impressionato e così gli propose di fargli da manager, introducendolo alla Roulette, dove incisero due brani “INeed Love” e “Keep A Walkin'” , il primo una soul-ballad scarsina ed il secondo un veloce assai banale. Quell’anno, il 1962, ritornarono in studio ancora una volta ed in seguito anche a New York, città che il duo preferiva, in quanto più cosmopolita e foriera di maggior possibilità e occasioni , vi ritorneranno l’anno dopo per concludere i loro primo ellepì  per la Roulette, appunto, dal titolo omonimo “Sam & Dave”.

E’ una dozzina di brani, quasi tutti  di scarso spessore, ma con un eccellente affiatamento delle due voci, già ad un buon punto di carburazione;   qualche brano, poi, è  assai godibile, come “I Found Out” alla Ray Charles. Nell’inverno tra il 1964 ed il 1965, nel frattempo la Roulette ha lasciato scadere il contratto visti gli scarsi risultati, vengono contattati da Jerry Wexler. Il vicepresidente dell’Atlantic, in quel periodo è sovente in Florida, dove sta costruendosi una casa per le vacanze estive, e spesso si reca ai loro concerti. Li trova interessanti ed anche interessati, anche perché New York non rappresentava più per loro quella terra promessa che avevano sperato, e riesce a strappare un contratto con la possibilità di registrare a Memphis, più vicina della Grande Mela, con l’accordo del presidente Jim Stewart e la clausola che i dischi appaiano come etichetta Stax, in quel momento in crisi di talenti. Otis Redding infatti apparteneva alla Volt, Carla Thomas all’Atlantic, Booker T. era spesso assente per gli studi e solo Rufus Thomas ed i vari lsaac Hayes, Steve Cropper e David Porter erano impegnati a mandare avanti gli studi. E proprio i primi due, prolifici compositori, organizzano la prima seduta con il duo: è il marzo del 1965, un momento in cui è presente anche il tastierista Booker T., e si registra “A Piece Nobody Can Find”, un r&b veloce che mette in luce le loro potenzialità, insieme alla balla1a “Goodnight Baby”.

Ritornano in studio il luglio seguente per “I Take What I Want”, ancora un veloce ma di vero spessore, al quale segue la brillante e possente “You Don’tKnow Like I Know”, con la tromba di Wayne Jackson, che disegna il sound corposo e pungente del duo. Il brano a seguire (di ottobre) è il graffiante e monumentale “Hold On! l’m Comin”‘ dal titolo allusivamente erotico, che raggiunge il primo posto nelle charts r&b. Questo storico brano darà il titolo al loro primo album per l’etichetta di McLemore Avenue, un  trentatrè giri che contiene  le intense  ballate “I Gol Everthhing I Need”, “Don’t  Make lt So Hard On Me”, con gli ormai leggendari fiati della “casa del dito che schiocca”, ed ancora “Blame Me”, tutte con l’organo di Booker ed il pianoforte di Hayes. Un tandem unico e irripetibile nella storia del soul è venuto alla luce, e riescono là dove non erano riusciti i vari Bobby & James Purify, le Simms Twins , Don & Dewey ed altri. La voce churchy di Sam e quella meno intensa di Dave, il carattere estroverso del primo con la vocalità più potente ed aggressiva e quello più schivo e di completamento del secondo si integrano alla perfezione, e con entrambi sempre ispirati e convinti. Il team degli autori è fra i più qualificati del soul ed arriva al momento giusto, per confezionare il sound del duo, dallo scambio di battute tipico del gospel, ad una ficcante sezione fiati ed a una ritmica possente.

Leonardo Bonechi, nel saggio pubblicato nel n.1 -Nuova Edizione- di Soul News del 1990, pubblicato dall’Associazione Culturale Musicale Sweet Saul Music, giustamente precisava: “Il grande impatto emotivo prodotto dalla visceralità di ogni loro interpretazione rimane ancora oggi uno degli elementi caratterizzanti il genere: la perfezione dell’interrelazione fra i due e l’intenso scambio di emozioni che in virtù di ciò riuscivano ad instaurare con il pubblico, hanno creato qualcosa di veramente speciale sia in assoluto che per il soul”. Ed ancora “la forte impronta chiesastica degli arrangiamenti trova modo di amplificarsi con il canto come in un gioco di specchi, con la struttura antifonale ed il gioco del “call and response”, che si muovono in un sistema di due poli, il canto e gli strumenti”.

Sam & Dave Double Dynamite cover album

Nuovamente a novembre dello stesso anno ritornano ad incidere un’altra manciata di brani, da ” You  Got  Me  Hummin”‘, r&b  vibrante e dagli intensi giri di basso di Donald “Duck” Dunn e dall’organo di Booker T., che arriva al 7° posto delle charts, così come la inarrivabile soul-ballad “When Something ls  Wrong With My Baby”, con Hayes al pianoforte, uno dei brani più belli in assoluto del soul. All’uscita viene accoppiata con un’altra ballata, non male, dal titolo “Small Portion Of Love” ed il 45 giri arriva al 2° posto nelle classifiche. Con tutto questo materiale esce, quindi, il secondo padellone dal titolo “Double Dynamite”. Ecco la dolce ed avvolgente “That’s The Way lt’s Gotta Be”, le intense e corrosive “Just Can’t Get Enough” e “SaidI Wasn’t Gonna Tell Nobody”, ma soprattutto la vibrante cover di “Soothe Me” di Sam Cooke, le più cadenzate “I Don’t Need Nobody” e “Sweet Pains” e la conclusiva “Use Me”.

I brani meno convincenti non appartengono ai soliti ed impeccabili Hayes-Porter, ma i loro sono sufficienti a fare dell’ellepì un must nella storia del soul. Nel marzo del 1967 vengono imbarcati, così, insieme agli artisti della Stax/VoltRevue, che si appresta ad attraversare l’Atlantico per una mitica tournèe consacrata giustamente in un film ed in molti dischi. Con loro partono Otis Redding, Carla Thomas (il padre verrà ingiustamente escluso), Eddie Floyd, Arthur Conley, pupillo di Redding, i Mar-Keys e Booker T. e la prima data è il 17 marzo al Finsbury Park Astoria di Londra, da dove proseguirà per Leeds, Manchester, Leicester, Liverpool, Croydon, Bristol ed ancora Londra al mitico Odeon Hammersmith e poi Birmingham, con l’intermezzo parigino all’Olympia il 20 e 21 marzo. Da quella leggendaria cavalcata proprio l’esordio all’Astoria è il contenuto dell’ellepì “The Stax/Volt Revue-Live In London-Vol.1” con la rutilante ver sione di “I Take What I Want” e la splendida e pulsante batteria del grande Al Jackson,  il pregnante e radioso slow “When Something ls Wrong With My Baby” e la travolgente “Hold On’! l’m Comin'”, con il maestro di cerimonia Emperor Rosko, che urla i loro nomi nel travolgente finale dell’esibizione, tra il tripudio dei presenti. Nel concerto di Parigi, immortalato nel vinile “The Stax/Volt Revue-Live In Paris-Vol.2” si eleva “Soothe Me” dalla cadenza marcata, sottolineata dal battito delle mani della platea, che apre il lato 2 e si prosegue con il ritmo serrato di “You Don’t Know Like I Know”, con il finale punteggiato dai riff dei fiati, con assolo ancora di Al Jackson, sotto l’applauso ritmato del pubblico e con “You Got Me Hummin” che esalta, una volta di più l’organo di Booker T. Ancora dall’articolo di Bonechi riprendiamo : “…Dal vivo i due si esibivano su livelli ancora oggi insuperati, generando grande eccitazione nel pubblico. Elettrizzanti, frenetici, intensissimi,  i loro show mietevano successi ovunque, tant’è che ad un certo punto lo stesso Redding dichiarerà di non voler mai più condividere un concerto con loro, geloso delle accoglienze che Sam & Dave ottenevano sera dopo sera”.

Agli inizi di aprile, la Revue torna negli States sommersa dai commenti, giustamente entusiasti, della stampa specializzata, ed il duo registra in maggio un’ottima soul-ballad, da manuale, “I Can’t Stand For Falling Down”, che appare su 45 giri, ma che non sarà mai inserita in nessun album e dovremo aspettare le antologie degli anni Ottanta per ritrovarla. Elvis Costello, poi, la riprenderà, proprio nel 1980, per il suo ellepì “Get Happy”. La vena creativa del duo non è esaurita, tant’è che in agosto, il 10, sempre nella fucina della Stax, registrano la mitica “Soul Man”, anche questa un’altra canzone simbolo del soul:   fila dritta dritta al primo posto delle classifiche r&b. I nomi dei session-men sono sempre gli stessi: Hayes, Love, Jackson, Porter, etc. che partorirono quindi il terzo album, non prima però che Sam & Dave prendessero parte all’LP promozionale “Stay In School”, con la non eccelsa “My Reason For Leaving” ed altri messaggi parlati. L’eccellente album “Soul Men”, come secondo pezzo, presenta proprio il lato B del 45 giri, dal titolo “May I Baby”. Ottimi  i  veloci “Broke Piece Of Man” , il r&b di Bonnie Rice “Hold lt Baby” ed il blues corrosivo di “l’m With You”. A seguire, ancora il radioso e catartico gospel “Just Keep Holding On”, l’errebì dondolante “The Good Runs The Bad Way”, serrato vocalmente ma dagli inimitabili fiati del duo Love-Jackson che ne sono anche gli autori, “Rich Kind Of Poverty” e la reddinghiana “l’ve Seen What Loneliness Can Do”.

Sam & Dave

Ma il gennaio successivo, il duo sfornò ancora uno sfavillante funky, l’esplosivo “I Thank You”, ribollente ed aggressivo con finale a sfumare, con fiati e batteria che rullano  alla grande nel pulsare di “Wrap lt Up”. Nell’ellepì “I Thank You” che uscirà in ottobre per l’Atlantic, rifulgono la ballata alla Otis Redding, “This ls Your World”, la grintosa e radiosa “You Don’t  Know What You Mean To Me”, sempre con la cascata di fiati a supporto delle loro splendide voci, le possenti e roboanti “Aint’ That A Lot Of Love” e “Don’t Turn Your Heather On”.

Come si può notare, si è perfezionato, intanto, il passaggio alla casa discografica di New York, e così in novembre, subito dopo l’uscita del LP, il duo incide il serrato r&b di “Soul Sister, Brown Sugar”, che ottenne un ottimo successo soprattutto in Inghilterra. In gennaio l’Atlantic pubblica “The Best Of Sam & Dave”, che comprende, oltre a quest’ultimo hit, anche una esaustiva ripassata del periodo Stax.  Ancora una ballata ”Born Again” e poi Wexler si stacca dalla casa memphisiana ed invia il duo ai Muscle Shoals in estate, dove incidono anche “Holdin’On” e “l’m Not An lndian Giver”, la seconda un eccellente up-tempo. Rimarranno nel dimenticatoio fino agli anni ’80.

La separazione

Siamo, intanto, nel 1970, e le registrazioni si diradano e con i produttori Brad Shapiro e Dave Crawford non arriva niente di buono, anche se a marzo danno alle stampe, ai Criteria Studios di Miami, la ficcante “Knock It  Out The Park” e “One Part Love” (in due parti) con i Dixie Flyers, ma non cambia nulla e quindi decidono di separarsi.

Sam Moore registra in solitario a New York sotto la produzione del grande King Curtis, l’eccellente cover di “Stop”, hit di Howard Tate, e “Shop Around” di Smokey Robinson, con un pregevole assolo del sassofonista texano. I brani verranno pubblicati nel 2002 insieme ad altri sempre incisi in questo periodo, e tutt’altro che scadenti col titolo “Plenty Good Lovin’”. Dave, invece, sforna un paio di pezzi per la Alston , per un 45 giri prodotto da Steve Alaimo. E così a settembre sono nuovamente insieme ai Muscle Shoals per la ballata “Don’t Pull Your Love”, non malaccio, e per due altri brani, tra i quali il r&b di “Starting All Over Again”.

Intanto il contratto con l’Atlantic è scaduto tra mille problemi, ma la gente li vuole insieme in concerto e per qualche tempo si esibiscono insieme a Ray Chares, di spalla nella sua Revue. Ad un certo punto The Genius sembra intenzionato a metterli sotto contratto per la sua Tangerine ma l’uso di droghe, alla luce anche della sua storia personale, lo fa desistere. Cercano allora di proseguire da soli, mettono su un’orchestra, The Red River Band, con il trombonista Art Wilson, ma non succede nulla di importante . E che i bei tempi (effettivamente, non di lunga durata) siano ormai definitivamente trascorsi , lo dimostra anche il fatto che, quando Steve Cropper, nel 1974, li richiama in studio con i vecchi amici della Stax e ne esce fuori l’ellepì “Back At ‘Cha”, per la United Artists, dove spicca la rilettura di “Under The Boardwalk” dei Drifters , ma, ancora una volta, l’operazione di recupero non funziona.

Due anni dopo, è il grande Jaco Pastorius, bassista del gruppo seminale del jazz-rock, Weather Report, grande estimatore delle loro voci, che li vuole in sala d’incisione, a New York (sono presenti i fratelli Brecker, Randy alla tromba e Michael al sax tenore, David Sanborn al sax alto e Herbie Hancock alle tastiere) per registrare “Come On Come Over”. Nel 1977 incidono a Londra per la Contempo di John Abbey, ma essendo la casa discografica in cattive acque, il lavoro vedrà la luce solo attraverso un 45 giri ed un brano su una compilation da discoteca, operazione dettata dal mercato, dove trionfava, alla grande , la disco-music. L’anno seguente li ritroviamo a Nashville, dove ripercorrono, accompagnati da mediocri musicisti locali, per la maggior parte i loro successi, con l’aggiunta della storica “Summertime”, di “Cupid” e “You Send Me” di Sam Cooke , di “Wonderful World”, e di una cover corrosiva e corposa della loro “I Thank You”. E poi, il classico postumo di Redding, “Dock Of The Bay”, decisamente improbabile, e la mitica “Gimme Some Lovin” dello Spencer Davis Group, non particolarmente emozionante.  Per finire , ancora una coppia di brani di Cooke “Bring lt On Home” e “Another Saturday Night”, la prima non male e con un’ottima tromba (forse Terry Mead), la seconda molto simile all’originale nelle sue volute caraibiche. Ne viene fuori un vinile, per nulla trascendentale, per la Gusto, dal titolo  “Sweet & Funky Gold”(1978).

E siamo, così, alla vigilia dell’esplosione del duo dei Blues Brothers (“Il Blues” n.26) che certamente nel forgiare il loro sound, ebbero come punto di riferimento principale se non assoluto il nostro duo. “Soul Man” era il brano che spesso chiudeva le loro esibizioni, e questo riportò a galla Sam & Dave. Sembrava che la gente volesse conoscere gli originali che cantavano Dan & John e così il duo si riunì nuovamente e nello Sha Na Na Tour fecero da spalla ai Blues Brothers, ma ancora una volta le cose non andarono bene e la notte di San Silvestro del 1981 si esibirono per l’ultima volta insieme, al Waldorf di San Francisco. A questo periodo risalgono i brani pubblicati dalla Topline nel 1987 in “Sweet Soul Music 1976-1981”, con un Sam Moore in grande forma, che fa lievitare decisamente il livello dei brani. L’inizio e’ una bruciante e penetrante “Funky Street” di Arthur Conley, si prosegue con una intensa “Mustang Sally” di Mack Rice, dal tempo rallentato rispetto all’originale pickettiana, con una “Sweet Soul Music” un po’ meno efficace, a parte l’intenso finale, di quella di Conley. Più sottotono appaiono “Funky Broadway” sempre di Pickett, “634-5789″ di Eddie Floyd e, soprattutto, i brani provenienti dalla Motown (”I’ll Be Doggone” di Smokey Robinson e “How Sweet lt ls”, hit di Marvin Gaye) e “Good Lovin”, successo dei Rascals. “Satisfaction” viene condotta sulle orme della versione reddinghiana , con una splendida sintonia delle voci di Sam e Dave, ed altrettanto eccellente è l’up-tempo di “Love The One You’re With” del primo Stephen Stills. Infine, la bella rilettura di “Respect”, ancora dal repertorio di Otis Redding, si contrappone alla vibrante “Land Of 1000 Dances” di Chris Kenner .

Nel 1984 la Edsel inglese, edita un album antologico dal titolo “Can’t Stand Up For Falling Down”, che racchiude quelli che, fino ad allora, erano in parte degli inediti, come abbiamo già visto precedentemente. Sono tutti ex-45 giri registrati per la maggior parte dopo il Best per l’Atlantic, e spiccano (sul lato 1) la splendida title track del 1967, già citata , “This ls Your World” del 1968, ed il veloce di apertura “Baby Baby Don’t Stop Now” del 1970, la ballata proveniente da “Stay In School” e “Come On In”, tutte meno incisive. Sul lato 2 troviamo “Ooh,Ooh,Ooh” e “Gel lt” del ’69, la ballata “Don’t Pull Your Love Out” del 1971, le due con i Dixie Flyers, ed, infine, il r&b di “One Part Love,Two Part Pain” del 1970.

Nel Natale del 1982, intanto, Sam aveva partecipato all’album della Varrick “Christmas Soul Special” e poi nel 1985 era nata una controversia , perché Dave si era unito con un certo Sam Daniels, senza il consenso di Moore, oltretutto per un’avventura finita malamente, senza alcun riscontro positivo. Nel 1987, a maggio, Sam partecipa in solitario, alla luce dei rapporti non Idilliaci tra i due, al Madison Square Garden di N.Y., alla testa dei 40 anni dell’Atlantic, dove si esibisce con Phil Collins. Purtroppo, l’anno seguente, sempre con la causa in corso, Dave muore in un incidente stradale (la sua auto uscì fuori strada) presso Sycamore in Georgia, la notte del nove di aprile. Venne sepolto nell’Holy Sepulchre Cemetery a Totowa, nello stato del New Jersey.

Il ritorno di Sam

Sam Moore Porretta Soul 1990 - foto L. Morotti

Sam Moore Live al Porretta Soul 1990 (foto L. Morotti)

Nel frattempo Sam si era unito a un certo Dave Booth, ma anche questa volta senza risultati apprezzabili, e dopo un periodo buio per colpa della sua tossicodipendenza, più redditizie ed appaganti apparvero le collaborazioni con artisti del calibro di Elvis Costello, gli Eurythmics e Annie Lennox, e soprattutto quella con Lou Reed del 1986, con il quale rifece ancora una volta “Soul Man” per il film omonimo.  Ne nacque una fortunata tournèe che lo portò anche al Pistoia Blues Festival due anni dopo, dove svolse il suo eccellente set con l’accompagnamento della Blues Brothers Band. Nel gennaio del 1990 al Midem di Cannes, vengono riuniti alcuni artisti superstiti della Stax, e tra questi anche il nostro Sam, che propone oltre ai soliti suoi hit, anche un bel duetto con Carla Thomas in “When Something ls Wrong With My Baby”, sempre con il consueto entusiasmo ed allegria. Fu un eccellente happening, immortalato in due video dal titolo “Back To Stax- Live,Voll. 1 & 2” della Polygram.

ln estate, poi, è presente al Festival Soul di Porretta, cantando con Francesco Di Giacomo (del Banco del Mutuo Soccorso)  ad esso segue  una collaborazione discografica con un’eccellente versione della hendrixiana “Hey Joe” ed un brano scritto insieme dal titolo “Non Ci Siamo”, dagli intensi virtuosismi vocali. Entrambi faranno parte dell’album, “Non Mettere Le Dita Nel Naso”, dell’artista italiano.

Sam Moore al Pistoia lLues 1990_Foto L Morotti

Sam Moore al Pistoia Blues 1990 (Foto L Morotti)

Nel 1992 è la volta di Bruce Springsteen, con il quale duetta nell’album “Human Touch” e nello stesso anno il duo Sam & Dave viene iscritto nella Rock And Roll Hall Of Fame e due anni dopo, ai Sound Studios di Nashville è in compagnia di Conway Twitty per “Rainy Night In Georgia”. La  sua attività dal vivo è sempre intensa e nel 1998 partecipa alla seconda puntata dei Blues Brothers, dove rilegge, con una stupenda interpretazione, il gospel “John The Revelator”, nei panni del Reverendo Morris, introdotto per l’occasione dal valletto di James Brown, Danny Ray, anche lui in veste sacerdotale ed, infine duetta con lo stesso Brown (“il reverendo Cleophus James”), ed entrambi concludono il sermone con il poliziotto redento Cab, l’attore Joe Morton. Il tutto nella chiesa di Triple Rock di Chicago e con l’accompagnamento della Faith Chorale di Sharon Riley. Il film verrà premiato nel successivo Festival di Cannes.

Nel 2002, Sam riunisce, con il supporto dell’etichetta Swing Cafè , nel compact “Plenty Good Lovin”, le incisioni in solitario per I’Atlantic  del 1970, in parte mai pubblicate. La title track e “Tennessee Waltz” vennero alla luce sotto la supervisione di Shapiro e Crawford, come già visto, la prima, tipico up-tempo di quegli anni con l’ugola stupenda di Sam, ed abbellita dal sax di Mark Colby e con Betty Wright e Jackie Moore tra le coriste. Il “Walzer del Tennessee’ si contraddistingue, invece, per un incedere frizzante dal tempo bluesy. Gli altri otto brani risalgono al dicembre successivo, negli studi dell’Atlantic a New York, come abbiamo già visto, con il sax di King Curtis, ma anche con Aretha Franklin e Donny Hathaway al piano ed alle tastiere, la batteria illustre di Pretty Purdie, ed il controcanto delle Sweet lnspirations. Oltre a “Stop” e “Shop Around”, già pubblicati su 45 giri nel marzo del ’71, con “Keep On Sockin’lt To Me” dai fiati squillanti e dal ritmo funky, e con la solare ballata “Il I Lose Your Love”, ecco il classico di Allen Toussaint “Get Out My Life Woman”, “Hi Di Hi” dello stesso Moore e “Part Time Love” di Clay Hammond, dove in un crescendo catartico, volgono all’unisono i gorgheggi di Sam e gli squilli del sax di Curtis. Chiude con “I Can’t Stand lt”, dal ritmo ancora funkeggiante grazie alla batteria di Purdie, questa serie di 34 minuti, pochini certo, ma assolutamente d’autore.

In questo periodo, Sam appare anche nel film “Only The Strong Survive – A Celebration Of Soul” (2002) di Pennabaker I Hegedus, autori anche del famosissimo “Monterey Pop”. In questa ricerca degli ultimi sopravvissuti del soul, troviamo Rufus Thomas che canticchia “At The Dark End Of The Street”, dello scomparso James Carr negli studi WDIA di Memphis, poi, lsaac Hayes e Sam scherzano sugli aneddoti del passato, il secondo con la solita carica di simpatia ed allegria e più timido lsaac, ed infine Moore viene ripreso insieme a sua moglie, mentre attraversano New York in taxi ed è lui stesso ad indicare le vie dove faceva lo spacciatore, nel 1972 e nel 1973, per procurarsi i soldi per consumare cocaina ed eroina. «La stessa di Belushi», racconta Sam, e la moglie puntualizza che in quel periodo «la droga era il suo demonio». Si arriva alle prove nel New Jersey Performing Arts Center di Newark e si può quindi gustare la sofferta ed intensa interpretazione, in concerto, di “When Something ls Wrong With My Baby”. È la sera del 20 giugno 1999, e nella sua performance cita lsaac Hayes e le tante ore passate a lavorare nella sala di registrazione della Stax. “Soul ls A Feeling” dice all’intervistatore, e, quindi, ecco “Soul Man” con Sam eccitato che abbozza quei passi, laterali e velocissimi, resi famosi dai filmati in bianco e nero della Stax /Volt Revue nel Vecchio Continente.

Sam & Dave Hold On, I'm Comin' cover album

Arriva stravolto nel camerino, rimarcando la sua stanchezza e la… vecchiaia! Senza, però perdere l’abituale humor. Lo troviamo, infine, anche nei bonus video in una cortissima, ma efficace “Hold On! l’m A Coming”. Nel film si possono apprezzare anche Jerry Butler, i Chi-Lites, Ann Peebles, Wilson Pickett, Carla Thomas e Mary Wilson, ex-Supremes.

Sam Moore continua le sue periodiche tournèe e le apparizioni nei duetti: il ’99 è l’anno di Elton John, Sting ed altri. Nel 2003 passa al Festival Jazz di Nizza: in una mise rossa alla Rufus Thomas, pantaloncini corti e maglietta con le stelline, senza lesinare il suo sempre intatto e splendido falsetto, snocciola i suoi hit, con l’usuale carica di simpatia che lo contraddistingue, nonostante le 68 primavere!

È  di un anno fa, infine, l’ultimo lavoro in studio, da noi recensito nel n.97, dal titolo “OvernightSensational” per la Rhino, superfarcito di ospiti illustri, da Billy Preston, recentemente scomparso, a Bruce Springsteen, da Steve Winwood a Sting, e via proseguendo. Spiccano l’effervescente e scattante r&b di “Lookin For a Love”, sulle orme del duo Sam & Dave, dove ben si integra la voce del rocker Jon Ben Jovi, e “Ain’t No Love” in compagnia di Winwood e la sua anima black. Anche l’illustre Sting dà vita ad un’intensa ballata, “None 0f Us Are Free”, arricchita dalle scintillanti percussioni di Sheila E., nata e tutt’ora attiva nell’entourage del folletto di Minneapolis, Prince, mentre il funky permea “lf I Had No Loot” con l’abrasiva sei-corde dello  Z.Z. Top, Billy Gibbons. Il brano che primeggia è, comunque, “Riding Thumb”, dall’incedere graffiante e con fiati e coriste di spessore; a seguire, la presenza alle tastiere di Preston cerca di vivacizzare il classico “I Can’t Stand The Rain” di Ann Peebles e  “You Are So Beautiful”,  scritta dallo stesso Billy, ma più conosciuta nella versione del soulman di Sheffield, Joe Cocker,  qui con la chitarra di Eric Clapton. Il lavoro, è, però, complessivamente non all’altezza, visto le potenzialità (in studio non c’è neppure, né lo stress né la stanchezza del palcoscenico) vocali ancora vivide e potenti del grande soulman di Miami. E, quindi, in attesa di riapprezzarlo ancora, chiudiamo con le parole con le quali ha risposto alla domanda se avesse nostalgia del passato, fattagli dall’amico Antonio Lodetti, in un’intervista apparsa sulla rivista Jam, in occasione dell’uscita di questo ultimo CD: «Come si fa a non pensare a quei tempi favolosi. Libertà creativa, divertimento e poi la gioventù. Non mi manca il successo, ma l’atmosfera di eccitazione e di entusiasmo di allora. E poi mi manca Dave: senza la sua voce, la mia è quasi monca e quegli incredibili dialoghi antifonali sono irripetibili. Ho deciso di continuare anche per lui, voglio far rivivere la sua memoria e spero che da lassù mi protegga e che i miei nuovi fans vadano a riascoltare la sua grande voce».

(Da Il Blues n. 99 -Giugno 2007)

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