nick becattini

Ci sono diverse sensazioni che si intrecciano non appena terminata la lettura di “Catartico Blues”, il memoir di Nick Becattini, uscito a fine estate, poco prima della sua scomparsa, per la Società Editrice Fiorentina. La prima, e non poteva essere altrimenti, è quanto queste pagine siano impregnate di molta vita e molta musica, che poi forse sono quasi la stessa cosa, ancor di più in un caso come il suo. Come se per tanti rivoli, alcuni più sottili, altri più vorticosi, si sia snodata l’esperienza terrena di un uomo che, in fondo, non ha mai smesso di cercare. Di andar dietro a qualcosa che magari all’inizio non si riesce nemmeno a comprendere né ad afferrare, eppure si rivela un sentiero che porta verso la scoperta di sé. E la musica è un elemento chiave, il richiamo dei blues è qualcosa di irresistibile, per un ragazzo cresciuto nella provincia toscana negli anni Settanta. Ci colpisce, tra queste pagine, la sua ricerca incessante, si potrebbe ben dire sin dall’adolescenza, lo abbia portato a spaziare in molteplici direzioni, musicali, umane ma anche spirituali.

E in secondo luogo, si resta sovente a corto di parole per l’estrema sincerità, l’esporsi senza barriere, l’affrontare la scrittura con la stessa meticolosità che riversava nella produzione dei suoi dischi.  Anche se in questo caso, a differenza di essi, quando nella fase di mixaggio “la band per qualche ragione si volatilizza”, come scrive ad un certo punto nel testo, ha potuto contare sempre sulla complicità preziosa di Chiara Alibrandi e Maurizio Tempestini, amici di lunga data, nel mettere insieme il libro.

Per certi versi emblematico, per altri del tutto particolare, il suo viaggio lo porta dalla natia provincia toscana alla metropoli del blues per eccellenza, Chicago, senza dimenticare il fondamentale passaggio nella Model T Boogie capitanata da Giancarlo Crea. Ed è bene ricordare che la Windy City negli anni Novanta era popolata oltre che di grandi nomi ancora all’apice anche di “[…] musicisti grandiosi anche se non avevano la notorietà dei Maestri, Michael Coleman o Dion Payton per esempio […]. L’occasione giusta arriva e Nick Becattini si ritrova a suonare nel gruppo di Son Seals e a cavalcare l’onda per quasi tre anni, tra amicizie e amori, porte che si aprono e altre che restano chiuse, esperienze esaltanti e concerti da ricordare per il flusso di energia che sanno creare. Usa la riuscita espressione di “tramite emotivo” per rendere lo stato quasi di alterazione di coscienza che i blues sanno talvolta instaurare, una forza catalizzatrice in grado anche di riportarci a galla in momenti difficili. E ci fa riflettere anche sul ruolo del musicista, sulle tante componenti che ne caratterizzano la quotidianità, tanto in America quanto, dopo il suo ritorno, in Italia e in Europa.

La musica scandisce appunto ogni pagina, sin dai titoli dei capitoli, brevi, densi e scorrevoli, e dalle citazioni che li introducono e non sono certo scelti a caso ma hanno una corrispondenza profonda con ogni racconto seguente. Moltissimi gli aneddoti sapidi, dagli incontri e le collaborazioni coi musicisti alle talvolta picaresche disavventure in tour, dalle sessioni in studio alle questioni private. Una sfida costante e rinnovata, con sé stesso in primis, forse, su come si possa tenere insieme un gruppo, trovare e definire la propria personalità artistica, fare le cose alle proprie condizioni, tra creatività e spigolosità, rigore ed ironia, in un contesto culturale e sociale in continuo cambiamento. Il tutto con un tono schietto e appassionato, implementato da un lessico che conserva gustosi toscanismi, tanto che sembra di sentirlo raccontare questo o quell’episodio con la sua viva voce. In “Catartico Blues” è racchiusa una storia indiscutibilmente personale ma anche una testimonianza universale di come si possa  vivere con coraggio, dignità e consapevolezza una malattia spietata, esplorare “un pianeta misterioso che orbita intorno a noi”. E farlo riscoprendo uno stretto rapporto col cristianesimo e riuscendo a trasfigurare, ancora una volta, tutta questa esperienza nei suoi blues. Una lettura necessaria. Lo è ancor di più per chiunque da amico, allievo (la sua attività didattica è stata molto importante), collega musicista, ascoltatore o semplice appassionato di musica abbia avuto modo di incrociare, anche brevemente, la sua strada.

Matteo Bossi

Category
Tags

Comments are closed

Per la tua grafica

Il Blues Magazine
GOSPEL & SPIRITUALS 2024