Esistono chitarristi bravi, molto bravi, ottimi, eccellenti, straordinari. “Out of the sight” diceva Jimi Hendrix e John Jubu Smith fa parte di questa categoria, fuori dall’ordinario.
Forse il miglior chitarrista che la musica afro americana abbia partorito negli ultimi 25 anni, almeno tra quelli conosciuti. Blues, Jazz, Gospel (Soul Seekers), Soul, Jubu suona di tutto senza alterare il suo stile.
Jubu non viene fuori dal nulla, è stato per tanti anni il chitarrista di Frankie Beverly nei Maze. Beverly, scomparso nel Settembre del 2024, è stato il cantante Soul più carismatico dopo la morte di Curtis Mayfield e Luther Vandross.
Canta pure Jubu e molto bene nonostante quest’album sia solo strumentale: due chitarre e batteria, dove presenzia il batterista di Beverly, Calvin Napper. All’altra chitarra Charlie Hunter, uno dei creatori dell’hybrid guitar, ossia detto in due parole tre corde di basso e 3, 4, o 5 corde di chitarra su lo stesso manico!
Il suono di queste chitarre è veramente unico, i bassi una via di mezzo tra il basso tuba e la pedaliera dell’Hammond. È da supporre che ci voglia una tecnica bestiale per suonare uno strumento del genere.
I pezzi inclusi in quest’album evocano differenti stili, si sente il groove dei Maze come nell’iniziale Hamster Wheel, o come in “Organizations Sake” e “Extreme Pleasure”.
l Blues di “EG is here”, una versione strumentale di The Thrill is gone con un inspospettabile Gales, o il quasi Texas Blues di “McLeansville Blues” (che è un sobborgo di Greensboro in North Carolina).
Pezzi eterei come “At Long Last”, “Jubu’s Poem”, il quasi country di “Carroll Drive” che si incattivisce nel finale, e un Blues “Totally Convicted” dove la chitarra ricorda Joe Pass, al quale Charlie Hunter s’ispira spesso.
Un risultato finale ottimo, assolutamente consigliato ai chitarristi, ma anche un disco che fluisce senza fatica, senza momenti di noia, per ascoltatori che rifuggono la banalità sonora. Tenete bene a mente Jubu, uno dei migliori in giro.
Luca Lupoli
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