Leon Atkins aka Lil’ Jimmy Reed, è nato nel 1938 a Hardwood, una cinquantina di kilometri da Baton Rouge, città di raffinerie di petrolio in Louisiana.  È uno  degli ultimi rappresentanti di swamp blues louisianesi degli anni Cinquanta ed ha collaborato attivamente col pianista Bob Hall per due album. Pubblicato da Nola Blue Records, etichetta di Sallie Bengtson, questo suo terzo lavoro questo arzillo ottantenne (presto ottantaseienne!) all’apice della sua arte e con una energia contagiosa. I dieci brani o quasi, di quest’album, rendono omaggio alla sua regione natale, con cinque composizioni originali (Atkins/Levin) e cinque cover, con l’aiuto del giovane e talentuoso pianista di Cincinnati, Ben Levin (23 anni!) il quale ha saputo creare una vera alchimia con Reed, suo padre, Aron Levin, suona la chitarra nel disco. Accanto a loro troviamo Walter Cash Jr al basso e due batteristi, Ricky Nye e Miss Shorty Starr (The Empress Of The Blues).

Assistiamo dunque con piacere al ritorno di uno swamp blues puro, che riecheggia il blues laconico  di un certo Jimmy Reed. L’ombra e le vibrazioni di Slim Harpo, Lazy Lester, Silas Hogan, Lightnin’ Slim o Lonesome Sundown sembrano davvero fare capolino qui, offrendo un “Excello sound” del tutto in sintonia con le tre riprese di Jimmy Reed, con le sonorità immediatamente coinvolgenti.  Influenzato da Jimmy Reed in gioventù, Atkins ha avuto modo di sostituirlo sul palco di un club, guadagnandosi così il suo nome di scena. “Down In Virginia” si rivela un ritorno alle radici per Leon Atkins, che conserva una voce calda e morbida da bluesman e una sorprendente agilità alla chitarra e all’armonica. Ecco un slow intenso, molto swamp, come l’autobiografica “They Call Me Lil’ Jimmy” che rivendica senza mezzi termini la sua identità musicale. Lil’ Jimmy Reed sa rendere allo stesso Reed l’omaggio che merita. Replica con l’eccellente “I’m The Man Down There”, dal groove invitante e lancia in orbita la malinconica “A String To Your Heart”. Altre cover sono “In The Wee Wee Hours” di Jimmy Liggins e il gioiello di Slim Harpo “Mailbox Blues”, in versione slow down, caratterizzata da un piano arioso e da una chitarra scintillante. Con una voce spezzata e piena di sensibilità, l’emozione emerge intatta da “Back To Baton Rouge”, canzone titolo dell’album. Il suo stile di chitarra ha sonorità lancinanti e in modalità minore trasferisce un’atmosfera pigra e indolente, tipica della Louisiana, ma Reed sa anche avventurarsi al di fuori della sua zona di comfort, come attesta “Engine Light”, un brano groovy che si colloca a metà strada tra Reed e le sonorità di Muddy Waters.

Frutto dell’immaginazione dei Levin padre e figlio, “Wish You Wouldn’t” ci porta nell’universo di Henry Gray, uno slow delicato che cita il suo stile di piano e una ritmica che ha contribuito alla sua leggendaria reputazione. Riuscite anche composizioni di Atkins come “Cincinnati’s The Best Place To Be”, fervido omaggio, pieno d’affetto, per la città d’origine della famiglia Levin, che l’ha accolto così bene.  Se siete fan dello swamp blues, del suono Excello che Jay Miller ha registrato a Crowley negli anni Cinquanta e Sessanta, con un tocco moderno apportato da Ben Levin e dai suoi complici, diventerete presto dipendenti (come il sottoscritto!) da questo blues essenziale  che ti si attacca addosso. Una delizia!

Philippe Prétet


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