Dopo 25 anni di carriera e quindici album, i Misty Blues continuano a stupire per la freschezza e la passione che li caratterizzano. Il loro ultimo lavoro mantiene l’eccellente equilibrio fra la tradizione blues e l’innovazione rock, come emerge dall’apertura della potente e coinvolgente “Seduction By Blues”: la voce profonda e carica di sentimento di Gina Coleman guida il brano, che esplode in un blues rock caratterizzato dall’aggressivo riff di chitarra, ma anche dagli efficaci interventi di organo e sassofono. Nella title-track il talento della band emerge chiaro, con la chitarra grezza di Seth Fleischmann che dialoga con la voce della cantante, combinandosi in un brano vibrante dalle venature funky. Viceversa “The Upper Hand” offre un momento di intimità e dolcezza, con una chitarra blues che vibra delicatamente accompagnando la voce di Gina. Il sentimento e l’atmosfera quasi languida contrastano magnificamente con l’energia di “Shake These Blues”, una traccia che riporta l’album su binari più ritmati: che continuano a essere percorsi in “Sofrito My Blues”, introdotta dall’armonica per una sorprendente combinazione di rock latino con il blues più canonico. Anche questa influenza latina aggiunge una nuova dimensione alle sonorità dei Misty Blues che, pur mantenendo il filo conduttore del blues, dimostrano la loro capacità di esplorare e incorporare diverse influenze musicali.

Gina Coleman sa essere contemporaneamente sensuale e aggressiva, come ascoltiamo nella trascinante “Enough Lovin’ For You”, molto ben caratterizzata dal sax di Aaron Dean, protagonista anche nell’assolo di “How Will I”: è un altro gioiellino dell’album, con le sonorità della pedal steel che si sviluppano dolcemente su un ritmo di un reggae, appena accennato. “That’s My Cross” si muove su un pigro groove funky, che guida verso “Nothing’s In Vain (Steve Beastie’s Song)” uno dei vertici dell’album, dove ogni strumento si esprime in modo toccante, con le voci che risuonano di un’intensa profondità emotiva, sostenute dal calore del pianoforte elettrico di Jock Nicholas. Ancora un accenno funky in “Chasing Gold, prima di chiudere con “Blues Never Ends”, eseguita dalla Diego Mongue Band, (Diego è il figlio della cantante): sembra davvero la conclusione perfetta per il dischetto, con quell’energia che cresce progressivamente con tutti gli strumenti coesi in una sorta di moderno spiritual; ennesima conferma della capacità dei Misty Blues di innovare e sorprendere. Quest’ultimo lavoro della formazione del Massachusetts è un brillante esempio di come i sei riescano a reinventare il blues senza tradirne le radici, trasformando ogni nota in qualcosa di unico e accattivante; la fusione di generi è poi tanto inaspettata quanto affascinante, dimostrando la versatilità e l’abilità della band.

 

Luca Zaninello

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